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TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 1/10/2020 n. 1527
Il principio di temporaneità delle concessioni interessa tutte le acque, anche quelle termali e minerali.

L'emersione dell'interesse ambientale, la cui tutela spetta legislativamente allo Stato in via esclusiva (art. 117, c. 2, lett. s) cost.), ha condotto il legislatore nazionale, con il d.lgs. 152/2006, a dettare regole comuni per lo sfruttamento le risorse idriche, al fine di "assicurare la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione" (art. 3 d.lgs. 152/2006). Tra queste regole v'è il principio di temporaneità delle concessioni, introdotto dall'art. 96, c 8, d.lgs. 152/2006, propedeutico ad assicurare l'utilizzo solidale delle risorse idriche, in termini di contemperamento tra le necessità di approvvigionamento e la naturale limitatezza delle risorse stesse. A tale obiettivo non possono essere sottratte le acque termali e minerali. Queste, per le peculiarità derivanti dall'appartenenza al patrimonio minerario e dal non essere destinate all'utilizzo mediante il servizio a rete, sono sì destinatarie di specifiche disposizioni anche di matrice regionale (art. 144 d.lgs. 152/2006). Tuttavia, per le finalità connesse alla tutela ambientale restano soggette, come tutte le risorse idriche, alle regole statuali a tal fine preordinate. Sulle acque termali e minerali, dunque, v'è un concorso di competenze, che riguardano, per quanto attiene alle Regioni, l'utilizzazione del bene e, per quanto attiene allo Stato, la tutela o conservazione del bene stesso. Poiché, come già osservato, la temporaneità delle concessioni di derivazione delle acque è improntato alla tutela ambientale, esso interessa tutte le acque, anche quelle termali e minerali, a prescindere dal regime giuridico di appartenenza (patrimonio minerario/demanio idrico).

Materia: acqua / disciplina

Pubblicato il 01/10/2020

N. 01527/2020 REG.PROV.COLL.

 

N. 00206/2020 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 206 del 2020, proposto da

Comune di Guardia Piemontese e Comune di Acquappesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Giuseppe Porzio e Monica Santoro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Monica Santoro in Paola, via Sibari n. 21;

 

contro

Regione Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Enrico Francesco Ventrice, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

 

per l’annullamento

del DECRETO DIRIGENZIALE n. 16199 del Registro dei decreti dei Dirigenti della Regione Calabria del 18.12.2019, assunto il 17.12.2019 dalla Regione Calabria-Giunta Regionale, Dipartimento Sviluppo Economico-Attività Produttive (SEAP) Osservatorio Regionale delle Attività Estrattive (ORAE), portato a conoscenza dei Comuni ricorrenti nella medesima data del 18.12.2019, avente ad oggetto: “Concessione mineraria di acque termali denominata “Terme Luigiane”, Comuni di Acquappesa e Guardia Piemontese (CS). Trasformazione concessione da perpetua in temporanea”, nonché di tutti gli altri atti e/o provvedimenti ad esso connessi, preparatori, antecedenti e/o conseguenziali;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Calabria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 settembre 2020 la dott.ssa Martina Arrivi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. I Comuni di Acquappesa e di Guardia Piemontese, titolari della concessione mineraria di acque termali denominata “Terme Luigiane” conferita in perpetuo in applicazione del r.d. 1443/1927, hanno impugnato il decreto dirigenziale della Regione Calabria n. 16199 del 18.12.2019, che dà atto “della trasformazione della concessione mineraria per acque termali denominata “Terme Luigiane” da perpetua in temporanea per la durata di anni trenta (30) a partire dal 29.04.2006, data di entrata in vigore del D.Lgs 152/2006”.

 

1.1. Con il primo motivo di ricorso (“Violazione del R.D. del 29 Luglio n. 1443/ 1927- Erronea applicazione del D.lgs. N. 152/2006 - Eccesso di potere per carenza dei presupposti di fatto e di diritto, per ingiusta, manifesta ed errata valutazione della reale situazione di fatto. Difetto d’istruttoria – Violazione dell’art. 3 della L. n. 241/90 – Deficit motivazionale - Eccesso di potere per illogicità manifesta ed irragionevolezza – irrazionalità – contraddittorietà”) i Comuni ricorrenti sostengono che la trasformazione della concessione mineraria per le acque termali da perpetua in temporanea sia avvenuta applicando la disciplina che riguarda le acque di pubblico interesse generale (in particolare, l’art. 96, comma 8, d.lgs. 152/2006 che ha modificato l’art. 21 r.d. 1775/1933 nonché l’art. 9 l.r. Calabria 40/2009), la quale non ricomprende anche le acque termali e minerali, soggette viceversa alla normativa del r.d. 1443/1927, che agli artt. 60 e 63 contempla la perpetuità delle concessioni. Gli esponenti censurano il provvedimento altresì per contraddittorietà e difetto motivazionale, poiché esso non esporrebbe il percorso logico-giuridico che ha condotto alla (falsa) applicazione della normativa sulle acque d’interesse generale e poiché reca riferimenti a disposizioni di legge fra loro inconciliabili.

 

1.2. Con il secondo motivo di ricorso (“Violazione di legge – eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità del provvedimento adottato con riferimento al termine di durata della concessione”) i Comuni contestano la durata residua della concessione, fissata in anni 17, deducendo che indebitamente la Regione abbia detratto, dalla complessiva durata trentennale fissata dall’art. 96, comma 8, d.lgs. 152/2006, il periodo (13 anni) già decorso dalla sua entrata in vigore.

 

2. Resiste la Regione Calabria, che in via preliminare eccepisce l’inammissibilità del ricorso per acquiescenza, atteso che il provvedimento è stato emesso su istanza dei medesimi Comuni alla trasformazione della concessione “Terme Luigiane” da perpetua a transitoria. Nel merito, la Regione argomenta in ordine all’infondatezza del ricorso.

 

3. In vista dell’udienza di discussione, i Comuni hanno depositato memoria di replica, deducendo l’infondatezza dell’eccezione preliminare, poiché l’acquiescenza non può derivare da atti precedenti l’emanazione del provvedimento e, comunque, le istanze di trasformazione erano state presentate su stessa raccomandazione della Regione onde non incorrere in decadenze dalla concessione. Nel merito, i ricorrenti hanno ribadito le ragioni a sostegno della domanda.

 

4. La vertenza è passata in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 29.9.2020.

 

DIRITTO

 

5. Il ricorso è infondato, ciò consentendo di prescindere dall’eccezione preliminare sollevata dalla resistente.

 

5.1. I motivi di ricorso poggiano sulla comune asserzione per cui le acque termali e minerali, appartenendo al patrimonio minerario (cfr. art. 2 r.d. 1773/1927 e art. 826 cod. civ.), non dovrebbero essere assoggettate alla normativa nazionale e regionale sulle acque di pubblico interesse generale, invece appartenenti al demanio idrico. Le prime dovrebbero sottostare unicamente alle disposizioni del r.d. 1443/1927, tuttora vigente, il quale consente – a determinate condizioni – l’attribuzione di concessioni perpetue per lo sfruttamento dei giacimenti (cfr. artt. 60 e 63 r.d. 1443/1927). Ne consegue che il limite di durata trentennale delle concessioni di derivazione delle acque, introdotto con l’art. 96, comma 8, d.lgs. 152/2006 (codice dell’ambiente) e il regime transitorio delle concessioni già in essere, dettato dall’art. 9, comma 9, l.r. Calabria 40/2009, non sarebbero applicabili alla concessione in oggetto.

 

5.2. In particolare, l’art. 96, comma 8, d.lgs. 152/2006 (“Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775”) così dispone: “Il primo comma dell’articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente: Tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma, non può eccedere i trenta anni ovvero i quaranta per uso irriguo e per la piscicoltura, ad eccezione di quelle di grande derivazione idroelettrica, per le quali resta ferma la disciplina di cui all’articolo 12, commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79”. Nella prospettazione dei ricorrenti, poiché il r.d.1775/1933 (“Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici”) disciplina le acque pubbliche che abbiano acquisito attitudine ad usi di pubblico generale interesse, mentre la specifica disciplina delle acque termali e minerali è contenuta nel r.d. 1443/1927, la novella introdotta dal d.lgs. 152/2006 non interesserebbe queste ultime.

La ragione della diversa disciplina deriverebbe anche dal differente regime di appartenenza, ossia il patrimonio minerario per le acque termali e minerali e il demanio idrico per le altre acque nazionali. A riprova di quanto sopra, i ricorrenti evidenziano che le acque termali naturali e di sorgente sono distintamente disciplinate anche nel codice dell’ambiente e, in particolar modo, nel successivo art. 97, che si limita a stabilire che le relative concessioni “sono rilasciate tenuto conto delle esigenze di approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle previsioni del Piano di tutela di cui all’articolo 121”.

 

5.3. A fronte della previsione di temporaneità delle concessioni di derivazione, la Regione Calabria ha poi introdotto un regime transitorio delle concessioni già in essere. A tal fine, con delibera di Giunta n. 102/2015, ha modificato l’art. 9, comma 9, l. 40/2009 stabilendo: “In osservanza del principio generale di cui all’art. 252 del regio decreto 30 Marzo 1942, n. 318 (Disposizioni per l’attuazione del Codice Civile), le concessioni perpetue date senza limiti di tempo, in essere alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 3 Aprile 2006, n. 152 (Codice dell’ambiente), a decorrere dalla medesima data sono trasformate in concessioni temporanee della durata di trenta anni salvo il concessionario non incorra in motivi di decadenza. L’esercizio della concessione nei termini di cui al periodo precedente è condizionato all’esito positivo della valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) o della valutazione di incidenza (V.I.), se dovute, ferma restando l’acquisizione di tutte le autorizzazioni, nulla osta o atti di assenso comunque denominati previsti dalle leggi vigenti”. Tuttavia, a detta degli esponenti, anche tale regime transitorio dovrebbe applicarsi solo alle concessioni relative alle acque di pubblico interesse generale, le uniche disciplinate dal r.d. 1775/1993 modificato dal codice dell’ambiente, e non anche alle concessioni di sfruttamento delle acque termali e minerali.

5.4. Le argomentazioni sono destituite di fondamento.

5.5. L’applicabilità dell’art. 96, comma 8, d.lgs. 152/2006 alle concessioni di acque termali e minerali è stata affermata in primo luogo dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 1/2010. Quest’ultima, nel dichiarare costituzionalmente illegittimo l’art. 44, comma 8, l.r. Campania (recante la disciplina della ricerca ed utilizzazione delle acque minerali e termali, delle risorse geotermiche e delle acque di sorgente) che aveva previsto la proroga cinquantennale delle concessioni perpetue, ha interpretato in maniera estensiva l’art. 96, comma 8, cod. ambiente, riconducendo anche le acque minerali e termali sotto il regime di tutela affermato dalla disposizione in parola.

 

5.6. Successivamente il Consiglio di Stato a più riprese ha confermato la generale applicabilità del codice dell’ambiente. In particolare, “le "acque minerali e termali", da un punto di vista normativo, hanno costituito per lungo tempo un’unica species del più ampio genus "patrimonio minerario", nonostante i due beni presentino caratteristiche diverse e regimi amministrativi in parte differenziati. Invero, le acque minerali e termali presentano caratteristiche chimiche e fisiche peculiari tali da giustificare la loro qualificazione come "acque speciali" rispetto a quelle "ordinarie", cioè a dire le acque pubbliche (riconducibili al demanio idrico), alcune delle quali, in ragione della loro funzione di "bene vitale", sono solitamente fruite attraverso un servizio a rete, con la garanzia dell’universalità dell’accesso. Le acque minerali e termali, infatti, sono considerate una "merce", come tale destinata al consumo (a seguito di imbottigliamento e sfruttamento commerciale, nel caso delle acque minerali) o all’utilizzo di massa (tramite la creazione di apposite strutture per la fruizione, come nel caso delle acque termali). In entrambi i casi tali attività sono comunque sottoposte a uno specifico regime autorizzatorio e concessorio. Il bene "acque minerali e termali" va considerato da due distinti punti di vista: quello dell’uso o fruizione e quello della sua tutela (cfr. Corte cost. n. 1/2010). Per lungo tempo l’ordinamento italiano si è occupato soltanto del primo aspetto, trascurando il secondo. L’influenza del diritto comunitario, connesso all’evoluzione del consumo e della fruizione delle acque minerali e termali nei termini di fenomeni di massa, ha comportato il convergere su questi beni di una serie di interessi pubblici tali da giustificare un regime giuridico speciale, articolato su diversi aspetti: 1) la tutela ambientale del bene; 2) la tutela della concorrenza nel mercato unico europeo; 3) la tutela igienico-sanitaria del consumatore. Il quadro che ne deriva è un sistema di fonti articolato, che disegna una competenza distribuita tra diversi livelli di governo, con un ruolo sempre maggiore di quello regionale. L’aspetto che qui interessa è il regime amministrativo della concessione, precipuamente per ciò che attiene alla titolarità dello sfruttamento e, segnatamente, alla sua durata. In relazione alla durata delle concessioni, l’articolo 96, comma 8 del D. Lgs. 152/2006 (cd. Codice dell’ambiente) sancisce il principio generale della temporaneità di tutte le concessioni, la cui durata, salvo casi specificamente individuati, è, al massimo, di trenta anni …” (Cons. Stato, Sez. V, 5.6.2019, nn. 3785, 3786, 3787, 3788, 3789, 3790; Cons. Stato, Sez. V, 23.8.2019, n. 5800).

 

5.7. Principalmente l’emersione dell’interesse ambientale, la cui tutela spetta legislativamente allo Stato in via esclusiva (art. 117, comma 2, lett. s) cost.), ha condotto il legislatore nazionale, con il d.lgs. 152/2006, a dettare regole comuni per lo sfruttamento le risorse idriche, al fine di “assicurare la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione” (art. 3 d.lgs. 152/2006). Tra queste regole v’è il principio di temporaneità delle concessioni, introdotto dall’art. 96, comma 8, d.lgs. 152/2006, propedeutico ad assicurare l’utilizzo solidale delle risorse idriche, in termini di contemperamento tra le necessità di approvvigionamento e la naturale limitatezza delle risorse stesse.

 

5.8. A tale obiettivo non possono essere sottratte le acque termali e minerali. Queste, per le peculiarità derivanti dall’appartenenza al patrimonio minerario e dal non essere destinate all’utilizzo mediante il servizio a rete, sono sì destinatarie di specifiche disposizioni anche di matrice regionale (cfr. art. 144 d.lgs. 152/2006). Tuttavia, per le finalità connesse alla tutela ambientale restano soggette, come tutte le risorse idriche, alle regole statuali a tal fine preordinate. Sulle acque termali e minerali, dunque, v’è un concorso di competenze, che riguardano, per quanto attiene alle Regioni, l’utilizzazione del bene e, per quanto attiene allo Stato, la tutela o conservazione del bene stesso (Corte Cost. 1/2010). Poiché, come già osservato, la temporaneità delle concessioni di derivazione delle acque è improntato alla tutela ambientale, esso interessa tutte le acque, anche quelle termali e minerali, a prescindere dal regime giuridico di appartenenza (patrimonio minerario/demanio idrico). D’altronde il restringimento, sostenuto da parte ricorrente, del campo di operatività dell’art. 96, comma 8, cod. ambiente renderebbe questa norma incostituzionale per contrarietà al disposto dell’art. 117, comma 2, lett. s) cost., stante la chiara posizione espressa dalla Corte Costituzionale in termini favorevoli alla sua applicazione alle concessioni di acque termali e minerali.

 

5.9. In tale quadro normativo ben si colloca, a sua volta, la modifica apportata dalla Regione Calabria all’art. 9 l. 40/2009, che introduce un regime transitorio delle concessioni perpetue già esistenti ed inevitabilmente incise dalla previsione dell’art. 96, comma 8, del codice dell’ambiente. Non v’è dubbio che tale novella si riferisca – correttamente, per quanto sopra esposto – alle concessioni minerarie, essendo tra l’altro stata inserita in una legge specificamente destinata a regolamentare le cave e le miniere nel territorio regionale.

 

5.10. Così inquadrato il sistema, il decreto dirigenziale n. 16199 del 18.12.2019, formalizzando l’intervenuta trasformazione della concessione “Terme Luigiane”, si pone a valle del sopra delineato percorso normativo e in perfetta conformità con esso. D’altra parte gli esiti delle modifiche legislative sulla concessione in oggetto non avrebbero potuto esser diversi da quelli concretamente approntati, dal momento che l’art. 96, comma 8, d.lgs. 152/2006 non ammette eccezioni alla temporaneità.

 

Né può ritenersi – come sostenuto da parte ricorrente – che con il decreto impugnato la Regione abbia arbitrariamente ridotto a 17 anni il termine di durata della concessione. Al contrario, il decreto ha fatto corretta applicazione del regime transitorio dettato per le concessioni a regime dall’art. 9, comma 9, l. 40/2009, che, mutuando il principio di cui all’art. 252 disp. att. cod. civ., ha disposto la trasformazione delle concessioni esistenti per la durata di 30 anni a far data dall’entrata in vigore dell’art. 96, comma 8, del codice dell’ambiente. Quindi, tenuto conto dei 13 anni già trascorsi tra data di emanazione del decreto e data di entrata in vigore della modifica legislativa, il periodo residuo di vigenza della concessione non poteva che essere di 17 anni.

 

6. Per quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto.

 

7. La peculiarità della vicenda e la parziale novità delle questioni giustificano la compensazione delle spese di lite.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

 

Spese compensate.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2020 con l’intervento dei magistrati:

 

Giovanni Iannini, Presidente

 

Martina Arrivi, Referendario, Estensore

 

Gabriele Serra, Referendario

 

                       

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

Martina Arrivi            Giovanni Iannini

                       

                       

                       

                       

                       

IL SEGRETARIO

 

 

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