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Corte di giustizia europea, Sez. II, 1/10/2020 n. C-649/18
Su alcune questioni relative al servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica.

La direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno ("direttiva sul commercio elettronico"), deve essere interpretata nel senso:
- che essa non osta all'applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che vieta alle farmacie di acquisire clienti tramite determinate procedure e mezzi, in particolare quelli consistenti nella massiccia distribuzione di posta e di volantini pubblicitari al di fuori della loro farmacia, a condizione che essa non comporti l'impossibilità, per il prestatore interessato, di effettuare una qualsiasi pubblicità al di fuori della sua farmacia, a prescindere dal supporto o dall'entità della stessa, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare;
- che essa non osta all'applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica applichi, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che vieta alle farmacie di effettuare offerte promozionali consistenti in uno sconto sul prezzo totale dell'ordine di medicinali una volta superato un determinato importo, a condizione, tuttavia, che un siffatto divieto sia sufficientemente circoscritto, ed in particolare rivolto ai soli medicinali e non a meri prodotti parafarmaceutici, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare;
- che essa non osta all'applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che obbliga le farmacie che vendono questo tipo di medicinali ad inserire un questionario sanitario nella procedura di ordine di medicinali on line;
- che essa osta all'applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che vieta alle farmacie che vendono questo tipo di medicinali di ricorrere all'indicizzazione a pagamento su motori di ricerca e su siti di comparazione dei prezzi, a meno che sia debitamente dimostrato dinanzi al giudice del rinvio che una siffatta normativa è idonea a garantire la realizzazione di un obiettivo di tutela della salute e che essa non eccede quanto necessario al conseguimento di detto obiettivo.


Materia: servizio farmaceutico / disciplina

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

 

1° ottobre 2020 (*)

 

«Rinvio pregiudiziale – Medicinali per uso umano non soggetti a prescrizione medica obbligatoria – Vendita on line – Pubblicità del sito Internet di una farmacia – Limitazioni – Divieto di sconto in caso di ordine che superi un determinato quantitativo e di ricorso all’indicizzazione a pagamento – Obbligo di far compilare al paziente un questionario sanitario prima della convalida del suo primo ordine sul sito Internet – Tutela della salute – Direttiva 2000/31/CE – Commercio elettronico – Articolo 2, lettera a) – Servizio della società dell’informazione – Articolo 2, lettera h) – Ambito regolamentato – Articolo 3 – Principio del paese d’origine – Deroghe – Giustificazione – Tutela della salute – Tutela della dignità della professione di farmacista – Prevenzione dell’abuso di medicinali»

 

Nella causa C-649/18,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia), con ordinanza del 28 settembre 2018, pervenuta in cancelleria il 15 ottobre 2018, nel procedimento

 

A

 

contro

 

Daniel B,

 

UD,

 

AFP,

 

B,

 

L,

 

LA CORTE (Terza Sezione),

 

composta da A. Prechal, presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Terza Sezione, L.S. Rossi, J. Malenovský (relatore) e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: R. ?ere?, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 ottobre 2019,

considerate le osservazioni presentate:

        per la A, da K. Nordlander, advokat, e A. Robert, avocate;

        per Daniel B, L, B, AFP e UD, da M. Guizard e S. Beaugendre, avocats;

        per il governo francese, da A.-L. Desjonquères, R. Coesme e E. Leclerc, in qualità di agenti;

        per il governo ellenico, da V. Karra, A. Dimitrakopoulou e E. Tsaousi, in qualità di agenti;

        per il governo spagnolo, da L. Aguilera Ruiz, in qualità di agente;

        per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e M.L. Noort, in qualità di agenti;

        per la Commissione europea, da F. Thiran, A. Sipos e S.L. Kaleda, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27 febbraio 2020,

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 34 TFUE, dell’articolo 85 quater della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2001, L 311, pag. 67), come modificata dalla direttiva n. 2011/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011 (GU 2011, L 174, pag. 74) (in prosieguo: la «direttiva 2001/83»), nonché dell’articolo 3 della direttiva n. 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno (in prosieguo: la «direttiva sul commercio elettronico») (GU 2000, L 178, pag. 1).

 

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la A, società di diritto dei Paesi Bassi che gestisce una farmacia con sede nei Paesi Bassi nonché un sito Internet destinato specificamente ai clienti francesi, a Daniel B, a UD, a AFP, a B e a L (in prosieguo: «Daniel B e altri»), operatori di farmacie e associazioni che rappresentano gli interessi professionali dei farmacisti stabiliti in Francia, in merito alla promozione da parte di A del suddetto sito Internet presso la clientela francese mediante una campagna pubblicitaria multiforme e su vasta scala.

 

 Contesto normativo

 

 Diritto dell’Unione

 

 Direttiva 98/34

 

3        L’articolo 1, primo comma, punto 2, della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU 1998, L 204, pag. 37), come modificata dalla direttiva 98/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 luglio 1998 (GU 1998, L 217, pag. 18) (in prosieguo: la «direttiva 98/34»), prevede quanto segue:

 

«Ai sensi della presente direttiva si intende per:

 

(...)

 

2)      “servizio”: qualsiasi servizio della società dell’informazione, vale a dire qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi.».

 

 Direttiva 2000/31

 

4        I considerando 18 e 21 della direttiva 2000/31 così recitano:

 

«(18)      I servizi della società dell’informazione abbracciano una vasta gamma di attività economiche svolte in linea (on line). Tali attività possono consistere, in particolare, nella vendita in linea di merci. (...)

 

(...)

 

(21)      Il campo d’applicazione dell’ambito regolamentato lascia impregiudicata un’eventuale armonizzazione futura all’interno della Comunità dei servizi della società dell’informazione e la futura legislazione adottata a livello nazionale in conformità della normativa comunitaria. L’ambito regolamentato comprende unicamente requisiti riguardanti le attività in linea, quali l’informazione in linea, la pubblicità in linea, la vendita in linea, i contratti in linea (...)».

 

5        L’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della medesima direttiva dispone quanto segue:

 

«1.      La presente direttiva mira a contribuire al buon funzionamento del mercato interno garantendo la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione tra Stati membri.

 

2.      La presente direttiva ravvicina, nella misura necessaria alla realizzazione dell’obiettivo di cui al paragrafo 1, talune norme nazionali sui servizi della società dell’informazione che interessano il mercato interno, lo stabilimento dei prestatori, le comunicazioni commerciali, i contratti per via elettronica, la responsabilità degli intermediari, i codici di condotta, la composizione extragiudiziaria delle controversie, i ricorsi giurisdizionali e la cooperazione tra Stati membri».

 

6        L’articolo 2, lettera a), di tale direttiva definisce i «servizi della società dell’informazione» come i servizi ai sensi dell’articolo 1, primo comma, punto 2, della direttiva 98/34.

 

7        L’articolo 2, lettera h), della direttiva 2000/31 così enuncia:

 

«Ai fini della presente direttiva valgono le seguenti definizioni:

 

h)      “ambito regolamentato”: le prescrizioni degli ordinamenti degli Stati membri e applicabili ai prestatori di servizi della società dell’informazione o ai servizi della società dell’informazione, indipendentemente dal fatto che siano di carattere generale o loro specificamente destinati.

 

i)      l’ambito regolamentato riguarda le prescrizioni che il prestatore deve soddisfare per quanto concerne:

 

        l’accesso all’attività di servizi della società dell’informazione, quali ad esempio le prescrizioni riguardanti le qualifiche e i regimi di autorizzazione o notifica;

 

        l’esercizio dell’attività di servizi della società dell’informazione, quali ad esempio le prescrizioni riguardanti il comportamento del prestatore, la qualità o i contenuti del servizio, comprese le prescrizioni applicabili alla pubblicità e ai contratti, oppure la responsabilità del prestatore;

 

ii)      l’ambito regolamentato non comprende le norme su:

 

        le merci in quanto tali,

 

        la consegna delle merci,

 

        i servizi non prestati per via elettronica».

 

8        Ai sensi dell’articolo 3 di tale direttiva, rubricato «Mercato interno»:

 

«1.      Ogni Stato membro provvede affinché i servizi della società dell’informazione, forniti da un prestatore stabilito nel suo territorio, rispettino le disposizioni nazionali vigenti in detto Stato membro nell’ambito regolamentato.

 

2.      Gli Stati membri non possono, per motivi che rientrano nell’ambito regolamentato, limitare la libera circolazione dei servizi [della] società dell’informazione provenienti da un altro Stato membro.

 

3.      I paragrafi 1 e 2 non si applicano ai settori di cui all’allegato.

 

4.      Gli Stati membri possono adottare provvedimenti in deroga al paragrafo 2, per quanto concerne un determinato servizio della società dell’informazione, in presenza delle seguenti condizioni:

 

a)      i provvedimenti sono:

 

i)      necessari per una delle seguenti ragioni:

 

        ordine pubblico, in particolare per l’opera di prevenzione, investigazione, individuazione e perseguimento in materie penali, quali la tutela dei minori e la lotta contro l’incitamento all’odio razziale, sessuale, religioso o etnico, nonché violazioni della dignità umana della persona;

 

        tutela della sanità pubblica;

 

        pubblica sicurezza, compresa la salvaguardia della sicurezza, e della difesa nazionale;

 

        tutela dei consumatori, ivi compresi gli investitori;

 

ii)      relativi a un determinato servizio della società dell’informazione lesivo degli obiettivi di cui al punto i) o che costituisca un rischio serio e grave di pregiudizio a tali obiettivi;

 

iii)      proporzionati a tali obiettivi;

 

b)      prima di adottare i provvedimenti in questione e fatti salvi i procedimenti giudiziari, anche istruttori, e gli atti compiuti nell’ambito di un’indagine penale, lo Stato membro ha:

 

        chiesto allo Stato membro di cui al paragrafo 1 di prendere provvedimenti e questo non li ha presi o essi non erano adeguati;

 

        notificato alla Commissione [europea] e allo Stato membro di cui al paragrafo 1 la sua intenzione di prendere tali provvedimenti.

 

(...)».

 

9        L’articolo 8, paragrafo 1, della suddetta direttiva prevede che «[g]li Stati membri provvedono affinché l’impiego di comunicazioni commerciali che costituiscono un servizio della società dell’informazione o ne sono parte, fornite da chi esercita una professione regolamentata, [sia autorizzato] nel rispetto delle regole professionali relative, in particolare, all’indipendenza, alla dignità, all’onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi».

 

 Direttiva 2001/83

 

10      Collocato nel titolo VII-bis, rubricato «Vendita a distanza al pubblico», della direttiva 2001/83, il suo articolo 85 quater enuncia quanto segue:

 

«1.      Fatte salve le disposizioni legislative nazionali che vietano la vendita a distanza al pubblico di medicinali soggetti a prescrizione medica mediante i servizi della società dell’informazione, gli Stati membri provvedono affinché i medicinali siano messi in vendita a distanza al pubblico mediante i servizi della società dell’informazione, quali definiti nella direttiva [98/34], alle seguenti condizioni:

 

a)      la persona fisica o giuridica che mette in vendita i medicinali è autorizzata o legittimata a fornire medicinali al pubblico, anche a distanza, in conformità della legislazione nazionale dello Stato membro in cui è stabilita;

 

b)      la persona di cui alla lettera a) ha comunicato allo Stato membro in cui è stabilita almeno le seguenti informazioni:

 

(...)

 

c)      i medicinali sono conformi alla legislazione nazionale dello Stato membro di destinazione a norma dell’articolo 6, paragrafo 1;

 

d)      fatti salvi gli obblighi di informazione previsti dalla direttiva [2000/31], il sito web per la vendita di medicinali contiene almeno:

 

(...)

 

2.      Gli Stati membri possono imporre condizioni, giustificate da motivi di tutela della salute pubblica, per la fornitura al dettaglio sul loro territorio di medicinali venduti a distanza al pubblico mediante i servizi della società dell’informazione.

 

(...)

 

6.      Fatte salve la direttiva [2000/31] e le disposizioni del presente titolo, gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le persone diverse da quelle di cui al paragrafo 1 che mettono in vendita medicinali al pubblico a distanza mediante i servizi della società dell’informazione e operano sul loro territorio siano soggette a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive».

 

11      Il titolo VIII, rubricato «Pubblicità», e il titolo VIII bis, rubricato «Informazione e pubblicità», della direttiva 2001/83 contengono, rispettivamente, gli articoli da 86 a 88 e gli articoli da 88 bis a 100 di tale direttiva.

 

12      Ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 1, della direttiva 2001/83:

 

«Gli Stati membri vietano la pubblicità presso il pubblico dei medicinali:

 

a)      che possono essere forniti soltanto dietro presentazione di ricetta medica, ai sensi del titolo VI».

 

 Direttiva (UE) 2015/1535

 

13      La direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU 2015, L 241, pag. 1), ha abrogato e sostituito, a partire dal 7 ottobre 2015, la direttiva 98/34.

 

14      L’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2015/1535 dispone quanto segue:

 

«Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

 

(...)

 

b)      “servizio”: qualsiasi servizio della società dell’informazione, vale a dire qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi».

 

15      In forza dell’articolo 10, secondo comma, della direttiva 2015/1535, i riferimenti alla direttiva 98/34 s’intendono fatti alla direttiva 2015/1535.

 

 Diritto francese

 

 Codice della sanità pubblica

 

16      Ai sensi dell’articolo R. 4235-22 del codice della sanità pubblica, «[è] vietato ai farmacisti acquisire clienti tramite procedure e mezzi contrari alla dignità della professione».

 

17      L’articolo R. 4235-64 dello stesso codice prevede che «[i]l farmacista non deve, con nessuna procedura o mezzo, incitare i suoi pazienti ad un abuso di farmaci».

 

 Decreto relativo alle buone pratiche di distribuzione dei medicinali

 

18      Il punto 7.1, rubricato «Consulenza farmaceutica», contenuto nella sezione 7, rubricata «Norme complementari applicabili al commercio elettronico di medicinali», dell’allegato del decreto del 28 novembre 2016, relativo alle buone pratiche di distribuzione dei medicinali nelle farmacie, nelle farmacie legate alle casse di assicurazione malattia e nelle farmacie di società di mutuo soccorso minerario, di cui all’articolo L. 5121-5 del codice della sanità pubblica (JORF del 1º dicembre 2016, testo n. 25; in prosieguo: il «decreto relativo alle buone pratiche di distribuzione dei medicinali»), dispone quanto segue:

 

«Il sito Internet di commercio elettronico di medicinali è concepito in modo tale che nessun medicinale possa essere distribuito senza che sia reso possibile uno scambio interattivo tra il paziente e il farmacista della farmacia interessata prima della convalida dell’ordine. Una risposta automatica a una domanda posta dal paziente non è, quindi, sufficiente a garantire un’informazione e una consulenza adeguati al caso specifico del paziente.

 

Alcuni dati personali riguardanti il paziente sono necessari al farmacista affinché quest’ultimo garantisca che l’ordine sia adeguato allo stato di salute del paziente e possa riscontrare eventuali controindicazioni. Pertanto, preliminarmente alla convalida del primo ordine, il farmacista pubblica on line un questionario in cui devono essere indicati l’età, il peso, l’altezza, il sesso, i trattamenti in corso, l’anamnesi allergica, le controindicazioni e, se del caso, lo stato di gravidanza o di allattamento del paziente. Il paziente deve attestare la veridicità di queste informazioni.

 

Il questionario è compilato al momento del primo ordine, durante il processo di convalida dello stesso. Se il questionario non è stato compilato, non è possibile consegnare alcun medicinale. Il farmacista approva poi il questionario, dichiarando di aver letto le informazioni fornite dal paziente, prima di convalidare l’ordine.

 

In occasione di ogni ordine è proposto un aggiornamento del questionario.

 

(...)».

 

 Decreto relativo alle regole tecniche

 

19      La sezione 1, rubricata «Funzionalità dei siti Internet di commercio elettronico di medicinali», dell’allegato del decreto del 28 novembre 2016, relativo alle regole tecniche applicabili ai siti Internet di commercio elettronico di medicinali di cui all’articolo L. 5125-39 del codice della sanità pubblica (JORF del 1° dicembre 2016, testo n. 26; in prosieguo: il «decreto relativo alle regole tecniche»), stabilisce che «[è] vietato procurarsi indicizzazioni a pagamento sui motori di ricerca o sui siti di comparazione dei prezzi».

 

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

 

20      La A, società di diritto dei Paesi Bassi, è ivi registrata per svolgere attività di gestione di una farmacia. Tale società, inoltre, commercializza on line medicinali nonché prodotti parafarmaceutici attraverso diversi siti Internet, uno dei quali è appositamente dedicato ai consumatori francesi. I medicinali commercializzati attraverso tale sito dispongono, in Francia, di un’autorizzazione all’immissione sul mercato e non sono soggetti a prescrizione medica obbligatoria.

 

21      La A ha condotto una campagna pubblicitaria per l’attività di vendita on line di medicinali diretta verso i consumatori francesi. Tale campagna includeva l’inserimento di volantini pubblicitari in pacchi spediti da altri operatori della vendita a distanza (metodo noto come «asilage») nonché l’invio di posta pubblicitaria. La A ha altresì proceduto alla pubblicazione sul sito Internet sopra citato di offerte promozionali consistenti in uno sconto sul prezzo totale dell’ordine di medicinali una volta superato un determinato importo, nonché all’acquisto di un’indicizzazione a pagamento sui motori di ricerca.

 

22      Daniel B e altri hanno citato in giudizio la A dinanzi al tribunal de commerce de Paris (Tribunale commerciale di Parigi, Francia) al fine, in particolare, di ottenere il risarcimento del danno asseritamente subito a causa della concorrenza sleale che la A avrebbe esercitato traendo un indebito vantaggio dal mancato rispetto della normativa francese in materia di pubblicità e di vendita di medicinali on line.

 

23      La A ha osservato, dal canto suo, che tali norme non le erano applicabili, essendo regolarmente stabilita nei Paesi Bassi per l’attività di gestione di una farmacia e vendendo i suoi prodotti ai consumatori francesi mediante il commercio elettronico.

 

24      Con sentenza dell’11 luglio 2017, il tribunal de commerce de Paris (Tribunale commerciale di Parigi) ha dichiarato che il diritto dei Paesi Bassi disciplinava la creazione del sito Internet rivolto ai clienti francesi. Tuttavia, secondo tale giudice, gli articoli R. 4235-22 e R. 4235-64 del codice della sanità pubblica sono applicabili alle imprese stabilite in altri Stati membri che vendono via Internet medicinali a pazienti francesi. Ebbene, distribuendo più di tre milioni di volantini pubblicitari al di fuori della sua farmacia, la A avrebbe acquisito clienti francesi con mezzi contrari alla dignità della professione di farmacista in violazione delle suddette disposizioni. Il tribunal de commerce de Paris (Tribunale commerciale di Parigi) ha concluso che l’inosservanza di tali disposizioni, che ha fatto conseguire alla A un vantaggio economico rispetto agli altri operatori del mercato, costituiva un atto di concorrenza sleale.

 

25      Tale sentenza è stata impugnata dinanzi alla cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia) dalla A, la quale ha sostenuto che gli articoli R. 4235-22 e R. 4235-64 del codice della sanità pubblica non erano applicabili nei suoi confronti. Queste disposizioni costituirebbero ostacoli al principio di applicazione delle norme del paese d’origine sancito all’articolo 3 della direttiva 2000/31, all’articolo 85 quater della direttiva 2001/83, nonché alla libera circolazione delle merci sancita all’articolo 34 TFUE, che non sarebbero giustificati dalla tutela della salute pubblica.

 

26      Dinanzi alla cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi), Daniel B e altri hanno chiesto la conferma della sentenza del tribunal de commerce de Paris (Tribunale commerciale di Parigi) nella parte in cui detto organo giurisdizionale ha applicato il diritto francese relativo alla pubblicità per la vendita di medicinali e ha qualificato come «atto di concorrenza sleale» la massiccia pubblicità fatta dalla A, per la sua contrarietà alla dignità della professione di farmacista e per il suo contenuto che incita all’abuso di medicinali. Daniel B e altri chiedono la riforma della sentenza per le parti restanti, facendo valere che il codice della sanità pubblica e il decreto relativo alle buone pratiche di distribuzione dei medicinali disciplinano anche l’uso dell’indicizzazione a pagamento da parte della A. Questi ultimi sostengono che le restrizioni alla pubblicità per la vendita di medicinali on line derivanti dal codice della sanità pubblica sono giustificate dall’obiettivo di tutelare la dignità e l’onore della professione di farmacista. Tali restrizioni sarebbero proporzionate al perseguimento di questo obiettivo, a sua volta connesso alla tutela della salute pubblica.

 

27      In tali circostanze, la cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

 

«(...) [S]e la disciplina europea, e segnatamente:

 

        l’articolo 34 [TFUE]

 

        le disposizioni dell’articolo 85 quater della direttiva [2001/83], [e]

 

        la clausola di mercato interno di cui all’articolo 3 della direttiva [2000/31,]

 

consenta a uno Stato membro dell’Unione [europea] di imporre sul proprio territorio ai farmacisti cittadini di un altro Stato membro dell’Unione il rispetto di specifiche norme che contemplino:

 

        il divieto di acquisire clienti tramite procedure e mezzi considerati contrari alla dignità della professione ai sensi dell’attuale articolo R. 4235-22 del codice della sanità pubblica;

 

        il divieto di incitare i pazienti ad un abuso di medicinali ai sensi dell’attuale articolo R. 4235-64 del codice della sanità pubblica;

 

        l’obbligo di osservare le buone pratiche di distribuzione dei medicinali definite dall’autorità pubblica dello Stato membro, richiedendo altresì l’inserimento di un questionario sanitario nella procedura di ordine di medicinali on line e vietando il ricorso all’indicizzazione a pagamento, ai sensi del [decreto relativo alle buone pratiche di distribuzione dei medicinali e del decreto relativo alle regole tecniche]».

 

 Sulla questione pregiudiziale

 

 Osservazioni preliminari

 

28      Come risulta dal tenore letterale della questione sollevata, quest’ultima riguarda, in sostanza, la conformità al diritto dell’Unione di una normativa nazionale, applicata dallo Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro.

 

29      Al fine di rispondere a tale questione, occorre, nel caso di specie, tener conto principalmente delle disposizioni della direttiva 2000/31.

 

30      Infatti, anzitutto, conformemente ai paragrafi 1 e 2 dell’articolo 1 di tale direttiva, letti congiuntamente, quest’ultima mira a contribuire al buon funzionamento del mercato interno garantendo la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione tra Stati membri, ravvicinando, nella misura necessaria, talune disposizioni nazionali applicabili a detti servizi.

 

31      Inoltre, l’articolo 2, lettera a), di tale direttiva, in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2015/1535, definisce i «servizi della società dell’informazione» come «qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi», restando inteso, come risulta dal considerando 18 della direttiva 2000/31, che tali servizi abbracciano una vasta gamma di attività economiche svolte on line, quali, segnatamente, la vendita on line di merci.

 

32      Infine, per quanto riguarda, più in particolare, i servizi di vendita on line di medicinali, dall’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 2000/31 deriva che una siffatta vendita non figura tra le attività escluse dall’applicazione di tale direttiva (v., per analogia, sentenza del 2 dicembre 2010, Ker-Optika, C-108/09, EU:C:2010:725, punto 27). Dal canto suo, l’articolo 85 quater della direttiva 2001/83, relativo alle vendite a distanza al pubblico di medicinali mediante servizi della società dell’informazione, rinvia segnatamente alle disposizioni della direttiva 2000/31 e non vieta la vendita a distanza di medicinali non soggetti a prescrizione medica, che sono gli unici ad essere oggetto del procedimento principale.

 

33      Ne consegue che un servizio di vendita on line di medicinali, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, può costituire un servizio della società dell’informazione ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 2000/31 e, pertanto, rientrare nell’ambito di applicazione di tale direttiva per quanto riguarda i requisiti applicabili a tale servizio, che rientrano nell’«ambito regolamentato» di cui all’articolo 2, lettera h), della medesima direttiva.

 

34      Inoltre, in forza dell’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2000/31, gli Stati membri possono adottare, per quanto concerne un determinato servizio della società dell’informazione rientrante nell’ambito regolamentato, provvedimenti in deroga al principio della libera circolazione dei servizi della società dell’informazione, in presenza delle due condizioni cumulative di cui alle lettere a) e b) di tale disposizione (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2019, Airbnb Ireland, C-390/18, EU:C:2019:1112, punti 83 e 84). Pertanto, l’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 4, di tale direttiva nel senso che gli Stati membri possono giustificare in forza del diritto primario un requisito che non soddisfi le condizioni previste da detta disposizione, priverebbe la direttiva di ogni effetto utile pregiudicando, in definitiva, l’armonizzazione della materia in questione da essa operata (v., per analogia, sentenza del 16 giugno 2015, Rina Services e a., C-593/13, EU:C:2015:399, punto 37). In tali circostanze, non è necessario valutare la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale alla luce del diritto primario, in particolare dell’articolo 34 TFUE.

 

 Sulla ricevibilità

 

35      Da un lato, il governo francese eccepisce l’irricevibilità della questione pregiudiziale nella parte in cui verte sull’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2000/31. Tale governo sostiene infatti che le disposizioni di una direttiva non possono essere opposte da una parte privata nei confronti di un’altra parte privata nell’ambito di una controversia di natura orizzontale, con l’intento di ostacolare l’applicazione di una normativa nazionale contraria a dette disposizioni. Pertanto, questo aspetto della domanda pregiudiziale avrebbe carattere meramente ipotetico.

 

36      A tal riguardo, si deve ricordare che spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle peculiarità di ciascuna causa, in particolare, la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione o sulla validità di una norma di diritto dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a statuire (v., in tal senso, sentenze del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C-62/14, EU:C:2015:400, punto 24, e del 7 febbraio 2018, American Express, C-304/16, EU:C:2018:66, punto 31).

 

37      Le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che la richiesta interpretazione di una norma dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le vengono sottoposte (sentenze del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C-62/14, EU:C:2015:400, punto 25, e del 7 febbraio 2018, American Express, C-304/16, EU:C:2018:66, punto 32).

 

38      Certamente, è opportuno rilevare, trattandosi di una controversia tra privati, che la Corte si è costantemente pronunciata nel senso che una direttiva non può, di per sé, creare obblighi a carico di un privato e non può, quindi, essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti. Tuttavia, la Corte ha parimenti dichiarato a più riprese che l’obbligo per gli Stati membri, derivante da una direttiva, di conseguire il risultato previsto da quest’ultima così come il loro dovere di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento di tale obbligo s’impongono a tutte le autorità degli Stati membri, comprese, nell’ambito delle loro competenze, quelle giurisdizionali (sentenza del 19 aprile 2016, DI, C-441/14, EU:C:2016:278, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

 

39      Nell’applicare il diritto interno, i giudici nazionali chiamati a interpretarlo sono quindi tenuti, in particolare, a prendere in considerazione l’insieme delle norme di tale diritto e ad applicare i criteri ermeneutici riconosciuti dallo stesso al fine di interpretarlo per quanto più possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva di cui trattasi, onde conseguire il risultato fissato da quest’ultima e conformarsi pertanto all’articolo 288, terzo comma, TFUE (sentenza del 19 aprile 2016, DI, C-441/14, EU:C:2016:278, punto 31 e giurisprudenza citata).

 

40      Ciò premesso, non risulta in modo manifesto che la questione sollevata, nella parte in cui verte sulla direttiva 2000/31, sollevi un problema di natura ipotetica.

 

41      Dall’altro lato, la A fa valere che la Repubblica francese non ha rispettato l’obbligo derivante dall’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), secondo trattino, della direttiva 2000/31 di notificare i provvedimenti restrittivi oggetto del procedimento principale.

 

42      A tale riguardo, occorre rilevare che, qualora una normativa nazionale che preveda diversi divieti o obblighi imposti a un prestatore di servizi della società dell’informazione restringa in tal modo la libertà dei servizi, lo Stato membro interessato deve, in applicazione di tale disposizione, aver previamente notificato, alla Commissione e allo Stato membro sul cui territorio il fornitore del servizio in oggetto è stabilito, la sua intenzione di adottare i provvedimenti restrittivi in questione (sentenza del 19 dicembre 2019, Airbnb Ireland, C-390/18, EU:C:2019:1112, punto 85).

 

43      La Corte ha peraltro già dichiarato che un siffatto obbligo di notifica costituisce un obbligo procedurale di carattere sostanziale che giustifica l’inopponibilità ai privati dei provvedimenti non notificati che limitino la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione (sentenza del 19 dicembre 2019, Airbnb Ireland, C-390/18, EU:C:2019:1112, punto 94).

 

44      Ciò nondimeno, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 37 della presente sentenza, le questioni vertenti sul diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. Ebbene, detta presunzione di rilevanza non può essere messa in discussione dalla semplice circostanza che una delle parti nel procedimento principale contesti un determinato fatto di cui spetta al giudice del rinvio e non alla Corte verificare l’esattezza (v., in tal senso, sentenza del 5 dicembre 2006, Cipolla e a., C-94/04 e C-202/04, EU:C:2006:758, punto 26, e del 14 aprile 2016, Polkomtel, C-397/14, EU:C:2016:256, punto 38).

 

45      Per le suesposte ragioni, la questione pregiudiziale è ricevibile.

 

 Nel merito

 

46      Alla luce delle precisazioni esposte ai punti da 28 a 34 della presente sentenza e nella prospettiva di fornire al giudice del rinvio una risposta utile ai fini della soluzione della controversia di cui è investito, occorre intendere la sua questione come diretta a stabilire, in sostanza, se la direttiva 2000/31 debba essere interpretata nel senso che essa osta all’applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che:

 

        vieta alle farmacie che vendono detti medicinali di acquisire clienti tramite determinate procedure e mezzi considerati contrari alla dignità della professione, in particolare quelli consistenti nella massiccia distribuzione di posta e di volantini pubblicitari al di fuori della loro farmacia;

 

        vieta alle suddette farmacie di effettuare offerte promozionali consistenti in uno sconto sul prezzo totale dell’ordine di medicinali una volta superato un determinato importo;

 

        obbliga le predette farmacie ad inserire un questionario sanitario nella procedura di ordine di medicinali on line;

 

        vieta alle medesime farmacie di ricorrere all’indicizzazione a pagamento su motori di ricerca e su siti di comparazione dei prezzi.

 

 Sulla prima parte della questione

 

47      Con la prima parte della sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2000/31 debba essere interpretata nel senso che essa osta all’applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che vieta alle farmacie di acquisire clienti tramite determinate procedure e mezzi, in particolare quelli consistenti nella massiccia distribuzione di posta e di volantini pubblicitari al di fuori della loro farmacia.

 

48      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che il prestatore di cui trattasi nel procedimento principale effettua una campagna pubblicitaria multiforme e su vasta scala per i suoi servizi di vendita on line, sia mediante supporti fisici, quali, segnatamente, posta o volantini, sia attraverso il suo sito Internet.

 

49      Al fine di risolvere la prima parte della questione sollevata, occorre anzitutto rilevare che non occorre tener conto dei titoli VIII e VIII bis della direttiva 2001/83 relativi alla pubblicità dei medicinali.

 

50      Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 52 delle sue conclusioni, gli articoli da 86 a 100 della direttiva 2001/83, che costituiscono detti titoli, mirano a disciplinare il contenuto del messaggio pubblicitario e le modalità di pubblicità di determinati medicinali, ma non disciplinano la pubblicità dei servizi di vendita on line di medicinali.

 

51      Occorre dunque verificare, in primo luogo, se l’attività di pubblicità, quale descritta al punto 48 della presente sentenza, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/31, e ciò a seconda che tale attività venga effettuata mediante supporti fisici o elettronici.

 

52      A tal riguardo, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2000/31 prevede che ogni Stato membro provvede affinché i servizi della società dell’informazione forniti da un prestatore stabilito nel suo territorio rispettino le disposizioni nazionali vigenti in detto Stato membro relative all’«ambito regolamentato» di cui all’articolo 2, lettera h), di tale direttiva.

 

53      Secondo quest’ultima disposizione, l’«ambito regolamentato» include soltanto le prescrizioni applicabili ai servizi che sono prestati per via elettronica e, in particolare, come risulta dal considerando 21 della medesima direttiva, i requisiti riguardanti la pubblicità on line.

 

54      Orbene, la pubblicità di cui trattasi nel procedimento principale è effettuata in parte mediante supporti fisici.

 

55      Ciò posto, si deve rilevare che una siffatta pubblicità mira, nel suo insieme, ed indipendentemente dal procedimento con cui viene concretamente effettuata, ad attirare potenziali consumatori verso il sito Internet di una farmacia e a promuovere la vendita dei suoi prodotti on line.

 

56      Una simile pubblicità effettuata dal prestatore appare quindi come un elemento accessorio ed indissociabile dal suo servizio di vendita di medicinali on line dal quale essa trae tutto il suo significato economico.

 

57      In tali circostanze, sarebbe artificioso considerare la parte della pubblicità effettuata on line come rientrante nell’«ambito regolamentato» ed escludere da tale ambito la parte della pubblicità realizzata mediante supporti fisici.

 

58      Del resto, tale interpretazione è corroborata dall’articolo 2, lettera h), i), della direttiva 2000/31, ai sensi del quale l’«ambito regolamentato» riguarda prescrizioni connesse all’esercizio dell’attività di un servizio della società dell’informazione, quali le prescrizioni riguardanti, in particolare, il comportamento del prestatore, la qualità o i contenuti del servizio, «comprese le prescrizioni applicabili alla pubblicità».

 

59      Da quanto precede risulta che, indipendentemente dal supporto fisico o elettronico mediante cui viene effettuata, un’attività pubblicitaria come quella di cui trattasi nel procedimento principale costituisce un elemento accessorio ed indissociabile dal servizio di vendita on line e, a tal titolo, rientra integralmente nell’«ambito regolamentato», ai sensi della direttiva 2000/31.

 

60      In tali circostanze, si deve in secondo luogo ricordare che lo Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica non può, per quanto riguarda detta attività, in linea di principio, in forza dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2000/31, limitare la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione provenienti da un altro Stato membro.

 

61      Nel caso di specie, un divieto come quello di cui trattasi nel procedimento principale, imposto da uno Stato membro, è idoneo a limitare la possibilità per una farmacia, stabilita in un altro Stato membro, di farsi conoscere presso potenziali clienti in tale primo Stato membro e di promuovere il servizio di vendita dei suoi prodotti on line da essa offerto a questi ultimi.

 

62      Di conseguenza, si deve ritenere che un divieto così configurato comporti una restrizione alla libera prestazione dei servizi della società dell’informazione.

 

63      Ciò posto, in terzo luogo, in forza dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2000/31, gli Stati membri possono, per quanto concerne un determinato servizio della società dell’informazione, adottare provvedimenti in deroga al paragrafo 2, a condizione che essi siano: innanzitutto, necessari al fine di garantire l’ordine pubblico, la tutela della salute, la pubblica sicurezza o la tutela dei consumatori; inoltre, relativi a un servizio della società dell’informazione in concreto lesivo di tali obiettivi o che costituisca un rischio serio e grave di pregiudizio a tali obiettivi, e, infine, proporzionati ai predetti obiettivi.

 

64      Per quanto concerne le condizioni di necessità e di proporzionalità, previste all’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2000/31, occorre tener conto, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 122 delle sue conclusioni, della giurisprudenza relativa agli articoli 34 e 56 TFUE, al fine di valutare la conformità al diritto dell’Unione della normativa nazionale di cui trattasi, in quanto tali condizioni si sovrappongono in larga parte a quelle che devono essere soddisfatte per il rispetto di qualsiasi ostacolo alle libertà fondamentali garantite da tali articoli del TFUE

 

65      A tal riguardo, il governo francese fa valere che il divieto, per le farmacie che vendono medicinali on line senza prescrizione medica, di acquisire clienti con procedimenti e mezzi come quelli di cui trattasi nel procedimento principale, utilizzati massicciamente e in modo intensivo, è giustificato alla luce della tutela della dignità della professione di farmacista.

 

66      Orbene, tenuto conto dell’importanza del rapporto di fiducia che deve prevalere tra un professionista sanitario ed il suo paziente, la tutela della dignità di una professione regolamentata, che si riflette anche nell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2000/31, può costituire un motivo imperativo di interesse generale, rientrante nella tutela della salute, idoneo a giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi (v., in tal senso, sentenza del 4 maggio 2017, Vanderborght, C-339/15, EU:C:2017:335, punti 67 e 68).

 

67      A tal proposito, la Corte ha già dichiarato, in particolare, che l’utilizzo intensivo di pubblicità o la scelta di messaggi promozionali aggressivi possono nuocere alla tutela della salute e ledere la dignità di una professione sanitaria (v., per analogia, sentenza del 4 maggio 2017, Vanderborght, C-339/15, EU:C:2017:335, punto 69).

 

68      Poiché, dunque, il divieto di cui trattasi nel procedimento principale persegue un obiettivo di tutela della salute, previsto all’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2000/31, nonché, del resto, all’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83, occorre di seguito valutare se tale divieto sia idoneo a garantire la realizzazione di tale obiettivo.

 

69      Sotto tale profilo, una normativa che vieti al prestatore, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, di effettuare una campagna di pubblicità massiccia ed intensiva, anche al di fuori della farmacia e mediante supporti fisici ed elettronici, appare idonea a conseguire l’obiettivo di tutela della dignità della professione di farmacista e, in ultima analisi, l’obiettivo di tutela della salute.

 

70      Infatti, come sostiene giustamente il governo spagnolo, una prassi di questo tipo presenta un rischio di assimilazione dei medicinali a beni di consumo ordinario, come quelli interessati dall’asilage che viene utilizzato. Inoltre, la distribuzione su larga scala di volantini pubblicitari trasmette un’immagine commerciale e mercantile della professione di farmacista che può alterare la percezione della professione da parte del pubblico.

 

71      Per quanto riguarda il carattere necessario di un divieto come quello di cui trattasi nel procedimento principale, occorre ricordare che la salute e la vita delle persone occupano una posizione preminente tra i beni e gli interessi protetti dal Trattato TFUE e che spetta agli Stati membri stabilire il livello al quale essi intendono garantire la tutela della salute ed il modo in cui tale livello deve essere raggiunto. Poiché detto livello può variare da uno Stato membro all’altro, si deve riconoscere agli Stati membri un margine di discrezionalità (sentenza del 18 settembre 2019, VIPA, C-222/18, EU:C:2019:751, punto 71).

 

72      Ciò premesso, la Corte ha già dichiarato che, nonostante tale margine di discrezionalità, la restrizione risultante dall’applicazione di una normativa nazionale che vieti in modo generale e assoluto ogni forma di pubblicità utilizzata da operatori sanitari per promuovere le proprie prestazioni di cura eccede quanto necessario per tutelare la salute pubblica e la dignità di una professione regolamentata (v., in tal senso, sentenza del 4 maggio 2017, Vanderborght, C-339/15, EU:C:2017:335, punti 72 e 75).

 

73      In considerazione di tale giurisprudenza, spetta al giudice del rinvio verificare se il divieto di cui trattasi nel procedimento principale comporti l’impossibilità, per il prestatore di cui trattasi nel procedimento principale, di effettuare una qualsiasi pubblicità al di fuori della sua farmacia, a prescindere dal supporto o dall’entità di tale pubblicità. Se così fosse, tale divieto eccederebbe quanto necessario al fine di garantire la realizzazione degli obiettivi perseguiti.

 

74      Dall’insieme delle considerazioni che precedono discende che, alla prima parte della questione sollevata, occorre rispondere dichiarando che la direttiva 2000/31 deve essere interpretata nel senso che essa non osta all’applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che vieta alle farmacie di acquisire clienti tramite determinate procedure e mezzi, in particolare quelli consistenti nella massiccia distribuzione di posta e di volantini pubblicitari al di fuori della loro farmacia, a condizione, tuttavia, che essa non comporti l’impossibilità, per il prestatore di cui trattasi nel procedimento principale, di effettuare una qualsiasi pubblicità al di fuori della sua farmacia, a prescindere dal supporto o dall’entità della stessa, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

 

 Sulla seconda parte della questione sollevata

 

75      Con la seconda parte della sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2000/31 debba essere interpretata nel senso che essa osta all’applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che vieta alle farmacie di effettuare offerte promozionali consistenti in uno sconto sul prezzo totale dell’ordine di medicinali una volta superato un determinato importo.

 

76      Nel caso di specie, un divieto come quello di cui trattasi nel procedimento principale, imposto da uno Stato membro, è idoneo a limitare la possibilità per una farmacia, stabilita in un altro Stato membro, di attirare persone interessate residenti nel primo Stato membro e di rendere più invitante il servizio di vendita on line ivi offerto da quest’ultima.

 

77      Di conseguenza si deve ritenere che un divieto del genere comporti una restrizione alla libera prestazione dei servizi della società dell’informazione, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2000/31.

 

78      È pertanto necessario, conformemente all’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), di tale direttiva, esaminare se detto divieto persegua un obiettivo previsto da tale disposizione e se esso sia idoneo a garantire quest’ultimo senza eccedere quanto necessario per il suo conseguimento.

 

79      Anzitutto, il governo francese afferma che il divieto di cui trattasi nel procedimento principale mira a prevenire il consumo eccessivo o inappropriato di medicinali.

 

80      Su tale aspetto, dalla giurisprudenza risulta che un simile obiettivo contribuisce alla realizzazione di un livello elevato di tutela della salute (v., in tal senso, sentenza del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a., C-171/07 e C-172/07, EU:C:2009:316, punti da 32 a 34).

 

81      Inoltre, posto che offerte promozionali come quelle di cui trattasi nel procedimento principale sono atte ad incentivare gli interessati all’acquisto e, all’occorrenza, al consumo eccessivo di medicinali, occorre ritenere che il divieto di tali offerte sia idoneo a garantire l’obiettivo di tutela della salute.

 

82      Infine, per quanto riguarda il carattere necessario di tale divieto, la A ritiene che quest’ultimo equivalga, di fatto, a considerare qualsiasi sconto di prezzo tale da incentivare l’abuso di medicinali, in quanto non fissa alcuna soglia a partire dalla quale un’offerta promozionale debba essere giudicata idonea a comportare un consumo eccessivo. Peraltro, il suddetto divieto riguarderebbe anche i prodotti parafarmaceutici.

 

83      Sul punto, e nei limiti in cui la Corte non dispone di informazioni sufficienti riguardo all’eventuale esistenza di condizioni più precise che disciplinino l’applicazione del divieto delle offerte promozionali e, in particolare, riguardo alla questione se tale divieto riguardi la promozione dei soli medicinali oppure anche dei prodotti parafarmaceutici, spetterà al giudice del rinvio verificare come il divieto di cui trattasi sia concretamente applicato e se una siffatta applicazione ecceda, eventualmente, quanto necessario per tutelare la salute.

 

84      Dalle considerazioni che precedono deriva che alla seconda parte della questione sollevata occorre rispondere dichiarando che la direttiva 2000/31 deve essere interpretata nel senso che essa non osta all’applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che vieta alle farmacie di effettuare offerte promozionali consistenti in uno sconto sul prezzo totale dell’ordine di medicinali una volta superato un determinato importo, a condizione, tuttavia, che un siffatto divieto sia sufficientemente circoscritto, ed in particolare rivolto ai soli medicinali e non a meri prodotti parafarmaceutici, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

 

 Sulla terza parte della questione sollevata

 

85      Con la terza parte della sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2000/31 debba essere interpretata nel senso che essa osta all’applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che obbliga le farmacie che vendono questo tipo di medicinali ad inserire un questionario sanitario nella procedura di ordine di medicinali on line.

 

86      Nel caso di specie, la normativa nazionale di cui trattasi subordina la convalida del primo ordine di medicinali effettuato da un paziente sul sito Internet di una farmacia alla previa compilazione di un questionario sanitario on line.

 

87      A tal riguardo, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 2, lettera h), i), della direttiva 2000/31, l’«ambito regolamentato» comprende le prescrizioni concernenti l’esercizio dell’attività di un servizio della società dell’informazione, quali in particolare le prescrizioni riguardanti i contenuti del servizio, incluse quelle applicabili ai contratti.

 

88      Dato che il provvedimento di cui trattasi nel procedimento principale disciplina le condizioni alle quali il contratto di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica può essere concluso nonché il modo in cui l’attività di vendita e di consulenza del farmacista deve essere esercitata on line, esso deve ritenersi incluso nell’«ambito regolamentato» ai sensi della direttiva 2000/31.

 

89      Pertanto, trova applicazione l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2000/31, in forza del quale lo Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non può, in linea di principio, limitare la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione provenienti da un altro Stato membro.

 

90      Ebbene, un provvedimento come quello di cui trattasi nel procedimento principale è manifestamente idoneo a produrre un effetto dissuasivo su pazienti che intendano acquistare medicinali on line e, di conseguenza, costituisce una restrizione di questo tipo.

 

91      È pertanto necessario esaminare, alla luce dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), di tale direttiva, se un provvedimento di questo tipo persegua un obiettivo previsto da tale disposizione e se esso sia idoneo a garantire quest’ultimo senza eccedere quanto necessario per il suo conseguimento.

 

92      Anzitutto, al fine di giustificare tale provvedimento, il governo francese invoca l’obiettivo di assicurare una consulenza personalizzata al paziente, così da proteggerlo contro un uso inappropriato di medicinali.

 

93      A tal riguardo, occorre rilevare che la Corte ha già riconosciuto che un simile obiettivo, attinente alla tutela della salute, è legittimo (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband, C-322/01, EU:C:2003:664, punto 106).

 

94      Indubbiamente, il consumo di medicinali non soggetti a prescrizione medica non presenta, in linea di principio, rischi analoghi a quelli dei medicinali soggetti a prescrizione medica (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2020, ratiopharm, C-786/18, EU:C:2020:459, punto 36). Tuttavia, non si può escludere che taluni rischi si ricolleghino anche all’uso di medicinali non soggetti a prescrizione medica.

 

95      Il provvedimento di cui trattasi nel procedimento principale persegue quindi un obiettivo di tutela della salute, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2000/31.

 

96      Il governo francese fa valere che un questionario medico, come quello di cui trattasi nella causa principale, è necessario nella misura in cui il farmacista interessato non riceve il paziente in seno alla sua farmacia e non può dunque discutere direttamente con lui. Non potrebbe, quindi, fornirgli una consulenza di propria iniziativa. In tali circostanze, si dovrebbe ritenere che detto questionario gli consenta di conoscere meglio il paziente interessato e, individuando eventuali controindicazioni, di garantirgli la distribuzione di medicinali più appropriata.

 

97      Considerazioni di questo tipo permettono in effetti di affermare che il provvedimento oggetto del procedimento principale è idoneo a tutelare la salute del paziente.

 

98      Per quanto riguarda, infine, il carattere necessario di un simile provvedimento, la A fa valere che il decreto relativo alle buone pratiche di distribuzione dei medicinali garantirebbe già ai pazienti la possibilità di beneficiare di una consulenza personalizzata, imponendo alle farmacie on line di rendere possibile per questi ultimi uno scambio interattivo a distanza con un farmacista. La A osserva, peraltro, che i quantitativi di medicinali ordinati da un interessato tramite il suo sito Internet sono controllati caso per caso, sulla base di diversi parametri, tra i quali lo storico degli ordini effettuati dall’interessato. Tali verifiche sarebbero sufficienti per prevenire il rischio di un uso inappropriato di medicinali. Di conseguenza, il provvedimento oggetto del procedimento principale eccederebbe quanto necessario.

 

99      Tuttavia, la Corte ha già ritenuto che la moltiplicazione degli elementi interattivi esistenti in Internet che devono essere utilizzati dal cliente prima di poter procedere ad un acquisto di medicinali costituisce una misura accettabile, meno lesiva della libertà di circolazione delle merci rispetto a un divieto di vendita on line di medicinali, che permette di raggiungere altrettanto efficacemente l’obiettivo di ridurre il rischio di un uso inappropriato dei medicinali acquistati on line (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband, C-322/01, EU:C:2003:664, punti da 112 a 114).

 

100    Alla luce di tale giurisprudenza nonché del margine di discrezionalità riconosciuto agli Stati membri e ricordato al punto 71 della presente sentenza, una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale non sembra eccedere quanto necessario per garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito.

 

101    Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 148 delle sue conclusioni, la facoltà per il paziente di consultare un farmacista prima di effettuare un ordine, anche se accompagnata da un controllo delle quantità acquistate dall’interessato, non costituisce un mezzo efficace come un controllo effettuato attraverso la previa raccolta di informazioni fornite dal paziente.

 

102    Ne consegue che alla terza parte della questione sollevata occorre rispondere dichiarando che la direttiva 2000/31 deve essere interpretata nel senso che essa non osta all’applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che obbliga le farmacie che vendono questo tipo di medicinali ad inserire un questionario sanitario nella procedura di ordine di medicinali on line.

 

 Sulla quarta parte della questione sollevata

 

103    Con la quarta parte della sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2000/31 debba essere interpretata nel senso che essa osta all’applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che vieta alle farmacie che vendono questo tipo di medicinali di ricorrere all’indicizzazione a pagamento su motori di ricerca e su siti di comparazione dei prezzi.

 

104    Una normativa siffatta è idonea a limitare il ventaglio delle possibilità per una farmacia di farsi conoscere presso i potenziali clienti residenti in un altro Stato membro e di promuovere il servizio di vendita on line che essa offre a questi ultimi.

 

105    In tali circostanze, si deve ritenere che detta normativa comporti una restrizione alla libera prestazione dei servizi della società dell’informazione che deroga al divieto generale derivante dall’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2000/31.

 

106    È pertanto necessario esaminare, alla luce dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), di tale direttiva, se il divieto oggetto del procedimento principale persegua un obiettivo previsto da tale disposizione e se esso sia idoneo a garantire tale obiettivo senza eccedere quanto necessario per il suo conseguimento.

 

107    Come ha indicato all’udienza dinanzi alla Corte, il governo francese sembra giustificare il divieto di indicizzazione a pagamento su motori di ricerca e su siti di comparazione dei prezzi con il rischio di un’incidenza di quest’ultimo sulla ripartizione equilibrata delle farmacie su tutto il territorio nazionale, dato che una siffatta indicizzazione è idonea a concentrare la commercializzazione dei medicinali nelle mani delle farmacie di grandi dimensioni.

 

108    A tal riguardo, la Corte ha già riconosciuto che l’obiettivo di garantire alla popolazione un approvvigionamento di medicinali stabile e di qualità sul territorio nazionale è idoneo a giustificare una restrizione agli scambi tra gli Stati membri, in quanto esso contribuisce alla tutela della salute e della vita delle persone (v., in tal senso, sentenza del 18 settembre 2019, VIPA, C-222/18, EU:C:2019:751, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

 

109    Poiché il divieto di cui trattasi nel procedimento principale persegue dunque l’obiettivo di tutela della salute di cui all’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2000/31, occorre valutare se esso sia idoneo a garantire la realizzazione di tale obiettivo e se esso non ecceda quanto necessario a tal fine.

 

110    La Corte ha già giudicato che, qualora sussistano incertezze in merito all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, lo Stato membro interessato deve poter adottare misure di protezione senza dover attendere che l’esistenza di tali rischi sia pienamente dimostrata. Inoltre, lo Stato membro interessato può adottare le misure che riducono, per quanto possibile, un rischio per la salute, ivi compreso il rischio per l’approvvigionamento di medicinali sicuro e di qualità alla popolazione (sentenza del 18 settembre 2019, VIPA, C-222/18, EU:C:2019:751, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

 

111    Ciò premesso, spetta in particolare agli Stati membri, in relazione a ciascun caso specifico, apportare le prove dell’idoneità e della necessità del provvedimento che deroga ad una libertà fondamentale da essi adottato (v., in tal senso, sentenza del 18 settembre 2019, VIPA, C-222/18, EU:C:2019:751, punti 69 e 70 nonché giurisprudenza ivi citata).

 

112    Ebbene, si deve rilevare che il governo francese non ha suffragato la sua affermazione generale, menzionata al punto 107 della presente sentenza, attraverso alcun elemento di prova particolare. Una simile affermazione non può, pertanto, soddisfare il requisito della prova specificato al punto precedente.

 

113    Di conseguenza, spetterà al giudice del rinvio esaminare in modo obiettivo se gli elementi di prova che dovessero essere forniti dallo Stato membro interessato consentano di ritenere ragionevolmente che gli strumenti prescelti siano idonei a realizzare gli obiettivi perseguiti, nonché se sia possibile conseguire questi ultimi attraverso misure meno restrittive (v., per analogia, sentenza del 18 settembre 2019, VIPA, C-222/18, EU:C:2019:751, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

 

114    Ne consegue che alla quarta parte della questione sollevata occorre rispondere dichiarando che la direttiva 2000/31 deve essere interpretata nel senso che essa osta all’applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che vieta alle farmacie che vendono questo tipo di medicinali di ricorrere all’indicizzazione a pagamento su motori di ricerca e su siti di comparazione dei prezzi, a meno che sia debitamente dimostrato dinanzi al giudice del rinvio che una siffatta normativa è idonea a garantire la realizzazione di un obiettivo di tutela della salute e che essa non eccede quanto necessario al conseguimento di detto obiettivo.

 

115    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, alla questione sollevata occorre rispondere dichiarando che il regolamento n. 2000/31 dev’essere interpretato nel senso:

 

        che essa non osta all’applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che vieta alle farmacie di acquisire clienti tramite determinate procedure e mezzi, in particolare quelli consistenti nella massiccia distribuzione di posta e di volantini pubblicitari al di fuori della loro farmacia, a condizione che essa non comporti l’impossibilità, per il prestatore interessato, di effettuare una qualsiasi pubblicità al di fuori della sua farmacia, a prescindere dal supporto o dall’entità della stessa, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare;

 

        che essa non osta all’applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che vieta alle farmacie di effettuare offerte promozionali consistenti in uno sconto sul prezzo totale dell’ordine di medicinali una volta superato un determinato importo, a condizione, tuttavia, che un siffatto divieto sia sufficientemente circoscritto, ed in particolare rivolto ai soli medicinali e non a meri prodotti parafarmaceutici, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare;

 

        che essa non osta all’applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che obbliga le farmacie che vendono questo tipo di medicinali ad inserire un questionario sanitario nella procedura di ordine di medicinali on line;

 

        che essa osta all’applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che vieta alle farmacie che vendono questo tipo di medicinali di ricorrere all’indicizzazione a pagamento su motori di ricerca e su siti di comparazione dei prezzi, a meno che sia debitamente dimostrato dinanzi al giudice del rinvio che una siffatta normativa è idonea a garantire la realizzazione di un obiettivo di tutela della salute e che essa non eccede quanto necessario al conseguimento di detto obiettivo.

 

 Sulle spese

 

116    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

La direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico»), deve essere interpretata nel senso:

 

        che essa non osta all’applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che vieta alle farmacie di acquisire clienti tramite determinate procedure e mezzi, in particolare quelli consistenti nella massiccia distribuzione di posta e di volantini pubblicitari al di fuori della loro farmacia, a condizione che essa non comporti l’impossibilità, per il prestatore interessato, di effettuare una qualsiasi pubblicità al di fuori della sua farmacia, a prescindere dal supporto o dall’entità della stessa, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare;

 

        che essa non osta all’applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica applichi, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che vieta alle farmacie di effettuare offerte promozionali consistenti in uno sconto sul prezzo totale dell’ordine di medicinali una volta superato un determinato importo, a condizione, tuttavia, che un siffatto divieto sia sufficientemente circoscritto, ed in particolare rivolto ai soli medicinali e non a meri prodotti parafarmaceutici, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare;

 

        che essa non osta all’applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che obbliga le farmacie che vendono questo tipo di medicinali ad inserire un questionario sanitario nella procedura di ordine di medicinali on line;

 

        che essa osta all’applicazione, da parte dello Stato membro di destinazione di un servizio di vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione medica, al prestatore di tale servizio stabilito in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che vieta alle farmacie che vendono questo tipo di medicinali di ricorrere all’indicizzazione a pagamento su motori di ricerca e su siti di comparazione dei prezzi, a meno che sia debitamente dimostrato dinanzi al giudice del rinvio che una siffatta normativa è idonea a garantire la realizzazione di un obiettivo di tutela della salute e che essa non eccede quanto necessario al conseguimento di detto obiettivo.

 

Firme

 

*      Lingua processuale: il francese.

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