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TAR Lazio, sez. II, 2/7/2020 n. 7606
E' legittima la nota con la quale il Mef ha rigettato l'istanza di una società affidataria a titolo esclusivo del sii volta ad ottenere l'autorizzazione alla riscossione coattiva mediante ruolo della tariffa ex art. 17, c. 3 bis, d.lgs. n. 46/1999

Materia: acqua / servizio idrico integrato

Pubblicato il 02/07/2020

 

N. 07606/2020 REG.PROV.COLL.

 

N. 13286/2019 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 13286 del 2019, proposto da

Ausino s.p.a. Servizi Idrici Integrati, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Lorenzo Aureli, con domicilio digitale in atti;

 

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

 

nei confronti

Comune di Salerno e Comune di Cava De’ Tirreni, in persona dei rispettivi sindaci pro tempore, entrambi non costituiti in giudizio;

 

per l'annullamento

- della nota prot. 18393/2019 del 7 agosto 2019 con la quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze - Dipartimento delle Finanze - Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale ha rigettato l’istanza della società ricorrente volta ad ottenere l’autorizzazione alla riscossione coattiva mediante ruolo della tariffa del Servizio Idrico Integrato ai sensi dell’art. 17, comma 3 bis, del d.lgs. n. 46/1999 non essendo accompagnata dalla delibera di affidamento al soggetto preposto alla riscossione nazionale da parte di tutte le amministrazioni locali che partecipano la medesima società;

- di ogni altro atto a questi presupposto, preparatorio, conseguente e comunque connesso ad oggi non conosciuto dalla ricorrente e, in particolare, per quanto occorrer possa della nota prot. 3764/2019 del 12 marzo 2019 avente ad oggetto “richiesta di autorizzazione alla riscossione a mezzo ruolo della tariffa idrica, ai sensi dell’art. 17, comma 3 bis del D.Lgs. n. 46/1999. Richiesta ulteriore documentazione”.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 giugno 2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con il presente gravame, l’Ausino s.p.a. Servizi Idrici Integrati - interamente partecipata da Comuni e affidataria a titolo esclusivo del servizio idrico integrato di cui agli artt. 141 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 nel territorio denominato “Costa d’Amalfi” (comprendente ventisei comuni della Regione Campania, corrispondenti a circa trentacinquemila utenze), giusta convenzione con l’Autorità di Ambito “Sele” del 15 novembre 2011 - impugna le note in epigrafe, con le quali il Ministero dell’Economia e delle Finanze, nel riscontrare l’istanza avanzata da tale società di autorizzazione alla riscossione coattiva della tariffa del servizio idrico integrato mediante iscrizione al ruolo ai sensi dell’art. 17, comma 3 bis, del d.lgs. n. 46/1999, ha ritenuto necessaria “l’adozione della delibera di affidamento al soggetto preposto alla riscossione nazionale (l’Agenzia delle Entrate-Riscossione) da parte di tutte le amministrazioni locali che partecipano codesta Società per azioni”, in virtù di quanto stabilito dall’art. 2, comma 2, del d.l. n. 193/2016, come modificato dal d.l. n. 50/2017, convertito dalla l. n. 96/2017, secondo il quale “A decorrere dal 1° luglio 2017, le amministrazioni locali di cui all'articolo 1, comma 3, possono deliberare di affidare al soggetto preposto alla riscossione nazionale le attività di riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate tributarie o patrimoniali proprie e, fermo restando quanto previsto dall'articolo 17, commi 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate”.

 

Parte ricorrente chiede, dunque, l’annullamento di tali atti assumendone l’illegittimità, innanzi tutto, in ragione dell’inapplicabilità alla tariffa del servizio idrico integrato del richiamato art. 2, comma 2, del d.l. n. 193/2016, posto dall’amministrazione a fondamento della propria richiesta, trattandosi di una norma (in tesi) riferibile esclusivamente alle sole entrate patrimoniali o tributarie che siano di spettanza degli enti locali, trattandosi nel caso di specie di un’entrata la cui riscossione è affidata ex lege ai gestori ai sensi dell’art. 156, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006, avente vieppiù natura, non già di tributo, bensì di corrispettivo contrattuale della prestazione commerciale resa in favore dell’utente, formulando al riguardo, nell’ipotesi in cui si ritenesse condivisibile l’interpretazione fatta propria dall’amministrazione, anche una questione di illegittimità di tale art. 2, comma 2, per contrasto con i principi di cui agli artt. 3, 41, 97 e 119 della Costituzione.

 

Evidenzia, altresì, la ricorrente la perdurante applicabilità della disciplina di cui all’art. 17 del d.lgs. n. 46/1999, recante una normativa di carattere speciale in materia di riscossione coattiva da parte delle società per azioni a partecipazione pubblica delle entrate derivanti dalla tariffa del servizio idrico integrato, espressamente fatta salva dalla disposizione richiamata dal Dicastero a sostegno della propria determinazione.

 

Deduce, poi, parte ricorrente l’illegittimità degli atti gravati sotto il profilo dell’eccesso di potere per disparità di trattamento, in relazione all’aver il Ministero autorizzato altra società (la Gardesana Servizi s.p.a.) alla riscossione della tariffa per cui è causa, senza far cenno alla necessità di acquisire le delibere, invece, richieste alla ricorrente.

 

Sostiene, infine, la società che l’amministrazione nulla avrebbe chiarito in merito alla tipologia ed alla natura degli atti che i Comuni dovrebbero adottare al fine di consentire alla ricorrente di procedere alla riscossione coattiva a mezzo ruolo dei crediti relativi alla tariffa del servizio idrico integrato.

 

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze si costituiva in giudizio, preliminarmente eccependo l’inammissibilità del ricorso in relazione al “carattere non provvedimentale” degli atti impugnati nonché la sua infondatezza nel merito, in ragione dell’appropriato richiamo dell’art. 2, comma 2, del d.l. 193/2016, riferibile anche alle tariffe di cui si discorre e delle “evidenti ragioni di opportunità, (che) hanno indotto l’Amministrazione a richiedere la delibera (ivi prevista) già in fase di istruttoria ai fini dell’adozione del decreto di cui al citato articolo 17, comma 3-bis, nel caso di istanze prodotte da società partecipate da amministrazioni locali”, conformemente alle conclusioni espresse all’esito di un apposito tavolo tecnico all’uopo attivato, presieduto dall’Ufficio Legislativo del Dicastero con la partecipazione anche del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato e dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione (di seguito, anche semplicemente denominata “Agenzia”) (in tal senso la nota prot. 760 del 23 gennaio 2018 dell’Ufficio Legislativo finanze, versata in atti).

 

La ricorrente con successiva memoria insisteva per l’accoglimento delle doglianze formulate, preliminarmente controdeducendo in merito all’eccepita inammissibilità del gravame proposto.

 

All’udienza pubblica del 3 giugno 2020, la causa veniva, dunque, trattenuta in decisione.

 

Deve essere, innanzi tutto, disattesa l’eccezione di inammissibilità per asserita mancata lesività dell’atto, formalmente sollevata dalla resistente, osservando il Collegio come l’atto impugnato - al di là del proprio contenuto interlocutorio - abbia indubbiamente, comunque, comportato un arresto procedimentale di per sé lesivo per l’interesse pretensivo di parte ricorrente e, per tale motivo, sia da ritenersi senz’altro impugnabile (in tal senso, ex multis, Consiglio di Stato, Sezione III, n. 7476/2019, Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 2858/2017, T.A.R. Lazio, Roma, Sezione III, n. 5680/2018 e T.A.R. Lazio, Roma, Sezione II, n. 12876/2015).

 

Ciò posto, il ricorso deve, comunque, essere respinto.

 

Sono infondati i motivi di ricorso con cui si discute dell’applicazione alla fattispecie dell’art. 2, comma 2, del d.l. n. 193/2016, discendendo direttamente da tale articolo la necessità della delibera di affidamento richiesta dal Dicastero nel provvedimento impugnato, in ragione della riferibilità di tale disposizione anche alla riscossione della tariffa del servizio idrico nazionale per cui è causa - al di là dalla sua indiscussa natura non già di tributo ma di corrispettivo della relativa prestazione (in tal senso, ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, Sezione I, n. 2364/2013) - prescindendo la norma dalla titolarità del relativo credito e riferendosi anche alle “entrate patrimoniali”, non aventi, dunque, carattere tributario o pubblicistico bensì derivanti, come nel caso di specie, da relazioni giuridiche ed economiche di tipo contrattuale, “delle società da costoro (le amministrazioni locali di cui all'articolo 1, comma 3) partecipate”.

 

Depone in tal senso, oltre alla lettura della norma, anche l’inciso “fermo restando quanto previsto dall'articolo 17, commi 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46”, valendo esso, non già (come vorrebbe la ricorrente) a sottrarre l’autorizzazione ministeriale ivi prevista alla necessità dell’affidamento della riscossione all’istituita Agenzia, bensì a chiarire come - pur a fronte della delibera che le amministrazioni locali sono tenute ad adottare per esprimere la volontà di avvalersi delle attività di riscossione assicurate dall’Agenzia medesima, anche in relazione alle società che gestiscono il servizio idrico integrato - continui ad essere a tal fine indispensabile pure il rilascio dell’autorizzazione ministeriale alla riscossione coattiva, così come già disciplinata al citato art. 17.

 

Lo stesso è a dirsi per le argomentazioni con cui parte ricorrente contesta nel merito la scelta del Ministero di richiedere già in sede di istruttoria, ai fini del rilascio dell’autorizzazione di propria competenza, la delibera di affidamento degli enti locali coinvolti, in ragione della non manifesta irragionevolezza di tale valutazione, per l’effetto derivandone un’indubbia semplificazione procedimentale, anche nell’intento di evitare un inutile dispendio dell’attività amministrativa, ove la delibera di affidamento della riscossione non venisse mai adottata.

 

D’altra parte l’espressione da parte degli enti locali della volontà di volersi avvalere dell’Agenzia costituisce, a ben vedere, una condizione (ulteriore rispetto alla rilevanza pubblica dei crediti già stabilita all’art. 17 e che spetta al Ministero valutare) affinché la società da tali enti partecipata possa effettivamente avvalersi della riscossione coattiva mediante ruolo, espressamente riservata, per volontà del legislatore, alla sola Agenzia, “subentra(ta), a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia di cui al comma 1 … assume(ndo) la qualifica di agente della riscossione con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II, e al titolo II, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602” (art. 1 del d.l. n. 193/2016, conv. in l. n. 225/2016).

 

Infatti, a differenza di quanto previsto per le entrate statali, che hanno come unico concessionario l’Agenzia, gli enti locali - in virtù della piena autonomia di cui godono, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 446/1997, nella gestione delle proprie entrate tributarie e patrimoniali - possono deliberare l’affidamento delle relative attività di riscossione spontanea e coattiva a tale Agenzia ovvero decidere di procedere (quali titolari dello ius impositionis) alla riscossione diretta o, ancora, nell’ipotesi di riscossione volontaria, di affidarla, nel rispetto della normativa dell'Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, ai soggetti iscritti nell’albo di cui all'articolo 53, comma 1, del d.lgs. n. 446/1997 oppure a società in house a totale capitale pubblico, mediante convenzione, oppure a società a capitale misto pubblico privato, iscritte all’albo di cui all’art. 53, mediante procedura ad evidenza pubblica ai sensi dell’art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 112/1999 (in tal senso, T.A.R. Campania, Napoli, n.1693/2020).

 

Risulta, dunque, smentita la circostanza dedotta dalla ricorrente, secondo cui la contestata richiesta istruttoria comporterebbe un notevole aggravio del procedimento, essendosi per l’effetto tutt’al più anticipato il rilascio della delibera onde meglio valutare l’effettivo interesse dell’istante ad ottenere l’autorizzazione.

 

Tali considerazioni rilevano anche in relazione al preteso vaglio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, del d.l. n. 193/2016, come sollecitato in ricorso (secondo motivo), ugualmente privo di ogni fondamento, risultando invero la scelta operata dal Legislatore conforme ai principi costituzionali di cui parte ricorrente asserisce la violazione, quali quelli di buona amministrazione nonché di ragionevolezza e logicità, in ragione della necessità che gli enti locali interessati siano posti in condizione di valutare, mediante la semplice adozione di una siffatta deliberazione, se avvalersi o meno della facoltà, loro riservata, di ricorrere a tal fine all’Agenzia.

 

Non viene, invero, nemmeno in rilievo alcun profilo di asserita violazione della libertà di iniziativa economica - infatti solo apoditticamente enunciata dal difensore di parte ricorrente - non attenendo il beneficio richiesto (di riscossione coattiva mediante il ruolo delle entrate dello Stato) ad alcuna delle relative facoltà in cui tale libertà di articola, con la conseguenza che il lamentato aggravio procedimentale non varrebbe ad integrarne alcuna incisione.

 

Né parte ricorrente ha puntualmente svolto al riguardo esaustive argomentazioni volte ad evidenziare che il contenuto precettivo della norma censurata, nell’imporre l’acquisizione del parere degli enti locali interessati, produca - per effetto di tale adempimento e in ragione della conseguente momentanea sospensione del procedimento volto ad ottenere l’autorizzazione ad accedere al beneficio - il venir meno di ogni residuo margine di utile connesso alla prestazione del servizio idrico integrato, con conseguente compromissione della libertà di iniziativa economica privata, tenuto anche conto che una lesione non sia comunque configurabile allorché l’apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda, come nel caso di specie, ad un’utilità sociale.

 

Il Collegio nemmeno condivide le argomentazioni svolte dalla ricorrente volte a evidenziare un asserito difetto di motivazione per non aver l’amministrazione meglio esplicitato il contenuto della delibera richiesta, emergendo già dal dettato della norma come si tratti di una semplice delibera consigliare dell’ente locale di affidamento della riscossione coattiva al nuovo soggetto preposto alla riscossione nazionale delle attività connesse all’esazione dei tributi (in tal senso, gli esempi di delibere già adottate da alcuni Comuni, versate in atti dall’amministrazione resistente).

 

Risulta, infine, destituito di ogni fondamento il motivo di pretesa disparità di trattamento formulato con riferimento alla Gardesana Servizi s.p.a., autorizzata ad avvalersi del beneficio per cui è causa con decreto del 5 giugno 2017, senza alcun riferimento alla necessità di acquisire le delibere degli organi di governo degli enti locali che la partecipano, avendo il Legislatore fissato l’entrata in vigore dell’art. 2, comma 2, del d.l. n. 193/2016 “a decorrere dal 1° luglio 2017”, sicché, in ossequio al principio del tempus regit actum, l’amministrazione - come evincibile già solo dalla data di adozione del decreto di autorizzazione - non avrebbe potuto pretendere dall’istante le delibere di affidamento invece richieste alla ricorrente.

In conclusione, alla luce delle considerazioni fin qui svolte, il ricorso deve essere respinto.

Sussistono, comunque, giusti motivi, attesa la novità delle questioni proposte, per compensare tra le parti le spese di lite.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 giugno 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 84, comma 6, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, con l'intervento dei magistrati:

Francesco Riccio, Presidente

Marina Perrelli, Consigliere

Eleonora Monica, Primo Referendario, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

Eleonora Monica                    Francesco Riccio

                       

IL SEGRETARIO

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