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Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Molise, 13/3/2020 n. 15
Esclusa l'applicazione dell'istituto della datio in solutum ex art.1197 c.c. alle obbligazioni tributarie, con particolare riferimento al pagamento dei tributi locali.

L'ordinamento ha previsto solo limitate fattispecie (riscossione delle imposte sul reddito e di pagamento dell'imposta sulle successioni e donazioni) di datio in solutum allo Stato come modalità di estinzione dell'obbligazione tributaria diverse dall'adempimento.
Tale eccezionale disciplina si inquadra nella regola della indisponibilità dell'obbligazione tributaria, naturale corollario dello schema tipico del rapporto giuridico di imposta, avente natura di obbligazione legale.
Sono da ostacolo all'adozione di un'interpretazione estensiva di dette norme, oltre a difficoltà di natura pratica, la natura stessa dell'istituto (quale contratto solutorio), l'obbligo per la PA di esperire procedure di evidenza pubblica anche per l'acquisizione di beni, ma anche l'esame dello stato della normativa e della giurisprudenza di legittimità in materia di adempimento delle obbligazioni tributarie tramite compensazione.


Materia: imposte tasse e tributi / accertamento, liquidazione e riscossione

DELIBERAZIONE n.15/2020/PAR

 

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL MOLISE

 

nella Camera di Consiglio del 27 febbraio 2020

Lucilla Valente Presidente

Sergio Gasparrini Consigliere

Domenico Cerqua Referendario, relatore

***

VISTO l’art. 100, comma 2, della Costituzione;

VISTO il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;

VISTA la deliberazione delle Sezioni Riunite della Corte dei conti del 16 giugno 2000 n.14/2000, che ha approvato il Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, nel testo modificato, da ultimo, con deliberazione del Consiglio di Presidenza n.229 del 19 giugno 2008 (G.U. n.153 del 2 luglio 2008);

VISTA la legge 5 giugno 2003, n. 131 recante “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3” e, in particolare, l’art. 7, comma 8;

VISTO gli indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva approvati dalla Sezione delle Autonomie nell’adunanza del 27 aprile 2004;

VISTA la delibera della Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, del 4 giugno 2009 n.9, recante “Modifiche ed integrazioni degli indirizzi e dei criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva da parte delle Sezioni regionali di controllo”;

VISTA la delibera della Corte dei conti, Sezioni Riunite, del 26 marzo 2010 n.8, recante “pronuncia di orientamento generale sull’attività consultiva”;

VISTA la delibera della Corte dei conti, Sezioni Riunite, del 21 ottobre e 8 novembre 2010 n.54;

VISTO il decreto con il quale il Presidente della Sezione ha ripartito tra i Magistrati i compiti e le iniziative riferibili alle varie aree di attività rientranti nella competenza della Sezione regionale di controllo per il Molise per l’anno 2020;

VISTA la nota prot. n. 5081, del 14 novembre 2019, acquisita al protocollo di questa Sezione n. 3847, del 15 novembre 2019, con cui il Sindaco del Comune di Castropignano (CB) ha avanzato richiesta di parere;

VISTA l’ordinanza n.5/PRES/2020, del 17 febbraio 2020, di convocazione della Sezione per l’odierna seduta per deliberare sulla suddetta richiesta;

UDITO il relatore, Ref. Domenico Cerqua;

FATTO

1. Con nota prot. n. 5081, del 14 novembre 2019 (acquisita al protocollo di questa Sezione n. 3847, del 15 novembre 2019), il Sindaco del Comune di Castropignano (CB) sottopone all’esame della Sezione la richiesta di parere “circa l’eventuale possibilità di compensare i crediti tributari dell’Amministrazione mediante l’acquisizione, a titolo gratuito e previa apposita perizia di valutazione, di automezzi (camion, escavatore, bobcat) di proprietà del debitore e necessari al Comune per l’espletamento dell’ordinaria attività di manutenzione del territorio”.

DIRITTO

2. Occorre innanzitutto scrutinare la richiesta di parere in relazione alla sua ammissibilità dal punto di vista soggettivo.

Al riguardo, si osserva che l’istanza in esame proviene dal Sindaco del Comune di Castropignano: pertanto, nel caso di specie, la richiesta è soggettivamente ammissibile poiché promanante dall’organo legittimato a proporla ai sensi dell’articolo 50 del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

3.1. Con riferimento al profilo oggettivo, occorre verificare se il quesito rientri nell’ambito delle funzioni attribuite alle Sezioni regionali della Corte dei conti dall’articolo 7, comma ottavo, della Legge 6 giugno 2003, n. 131, secondo cui Regioni, Province e Comuni possono chiedere a dette Sezioni ulteriori forme di collaborazione ai fini della regolare gestione finanziaria, dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa, nonché pareri “in materia di contabilità pubblica”.

In relazione all’ambito di estensione della funzione consultiva intestata alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, da tempo le Sezioni Riunite e la Sezione delle Autonomie, nell’ambito della funzione nomofilattica ad esse attribuita, hanno pubblicato importanti pronunce di orientamento generale.

In particolare, come noto, la Sezione delle Autonomie, fin dall’atto di indirizzo approvato nell’adunanza del 27 aprile 2004, ha precisato che la funzione consultiva:

- può riferirsi esclusivamente alla materia contabile pubblica, quindi ai bilanci pubblici, a norme e principi che disciplinano la gestione finanziaria e del patrimonio o comunque a temi di carattere generale nella materia contabile;

- non può concernere fatti gestionali specifici, dovendo riferirsi ad ambiti e oggetti di portata generale;

- deve escludere l’esame di quesiti che formino oggetto di disamina da parte di altri Organi, al fine di scongiurare interferenze e condizionamenti, nonché evitare di orientare le amministrazioni nelle scelte di condotte processuali relative a contenziosi giudiziari in atto o in via di instaurazione.

Giova rammentare che tali indicazioni sono state ampiamente sviluppate e precisate in decisioni ormai risalenti. In particolare, con la deliberazione n. 5/AUT/2006 è stata evidenziata l’esigenza che la nozione di “contabilità pubblica” oggetto della funzione consultiva sia interpretata con limitato riferimento alla normativa e ai relativi atti applicativi che disciplinano, in generale, l’attività finanziaria che precede o segue i distinti interventi di settore: “Se è vero, infatti, che ad ogni provvedimento amministrativo può seguire una fase contabile, attinente all’amministrazione di entrate e spese ed alle connesse scritture di bilancio, è anche vero che la disciplina contabile si riferisce solo a tale fase “discendente” distinta da quella sostanziale, antecedente, del procedimento amministrativo, non disciplinata da normative di carattere contabilistico”.

Analogamente, le Sezioni Riunite con la deliberazione 17 novembre 2010, n. 54, hanno ricordato che l’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003 “conferisce alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti non già una funzione di consulenza di portata generale, bensì limitata alla materia di contabilità pubblica”, precisando inoltre che la nozione di contabilità pubblica non si estende sino a ricomprendere la totalità dell’azione amministrativa che presenti riflessi di natura finanziaria, ma deve intendersi limitata al “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli Enti pubblici”, sia pure “in una visione dinamica dell’accezione che sposta l’angolo visuale dal tradizionale contesto della gestione del bilancio a quello inerente ai relativi equilibri”.

3.2. Tanto premesso, nel caso di specie, affinché la richiesta possa essere considerata oggettivamente ammissibile, si rende previamente necessario accertare se, e a quali condizioni, questioni interpretative riguardanti istituti giuridici che interferiscano con la disciplina delle obbligazioni tributarie rientrino nelle “materie di contabilità pubblica”.

Nella giurisprudenza della Corte non si rinviene un univoco e condiviso orientamento, idoneo a costituire il criterio di riferimento per le valutazioni attinenti all’ammissibilità delle richieste di parere che coinvolgano l’attività di riscossione delle entrate tributarie. Tuttavia, ai fini dello scrutinio della fattispecie in esame, è opportuno ricordare che la Sezione delleAutonomie, nell’Atto di indirizzo del 27 aprile 2004, nel precisare il contenuto delle “materie di contabilità pubblica”, lo ha riferito “a ciò che attiene […] ai beni patrimoniali e ai tributi e alle entrate patrimoniali”, e che nella successiva delibera 17 febbraio 2006, n. 5, tale oggetto è stato espressamente collegato, tra l’altro, alla “attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, ricomprendendo, in particolare, […] l’acquisizione delle entrate”.

Anche gli orientamenti più restrittivi, talora seguiti dalle Sezioni regionali, tendono di regola ad escludere l’ammissibilità dei soli quesiti limitati all’interpretazione di norme di diritto tributario, tanto più ove non siano in grado di ripercuotersi in modo significativo sugli equilibri di bilanci dell’ente locale (cfr. Sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazione 17 novembre 2011, n. 402).

Tenuto conto dei rilievi che precedono, il quesito proposto dal Comune di Castropignano può ritenersi oggettivamente ammissibile, nella sola misura in cui propone una questione interpretativa generale e astratta attinente, in via immediata, alla possibilità di acquisire entrate patrimoniali (automezzi), cui l’ente ha interesse, nel caso peculiare in cui l’acquisto intervenga in funzione solutoria di un pregresso credito tributario (la cui natura può integrare un limite al pieno dispiegarsi del divisato effetto traslativo).

Tra l’altro, non appare irrilevante evidenziare che, all’eventuale estinzione di crediti tributari connessa all’acquisizione di entrate patrimoniali, potrebbero collegarsi anche effetti favorevoli per gli equilibri di bilancio dell’ente, derivanti dalla mancata formazione (o dalla cancellazione) di residui attivi e dai riflessi sulla quantificazione degli accantonamenti a titolo di fondo crediti di dubbia esigibilità.

Giova ricordare, infine, che l’ammissibilità della richiesta in argomento trova conferma nei prevalenti orientamenti seguiti negli ultimi anni dalle Sezioni regionali in relazione a istanze integralmente o parzialmente sovrapponibili (Sezione regionale di controllo per l’EmiliaRomagna, deliberazioni n. 27/2016/PAR del 23 marzo 2016 e n. 60/2017/PAR; Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 172/2016/PAR), nonché nel contenuto della recente deliberazione n. 2/SEZAUT/2020/QMIG, con cui la Sezione delle autonomie ribadisce - sebbene in diversa fattispecie - l’ammissibilità di quesiti che involgano problematiche aventi “riflessi sull’acquisizione delle entrate e sulla gestione del patrimonio suscettivi di ricadute sugli equilibri economici e finanziari dell’ente”.

4. La questione proposta dal Comune di Castropignano attiene alla possibilità, per l’Ente, di acquisire beni dal privato per effetto della loro dazione ai fini dell’estinzione di un’obbligazione avente ad oggetto il pagamento di un tributo.

La Sezione reputa condivisibile, in continuità con l’avviso già espresso in precedenti deliberazioni di altre Sezioni regionali, l’orientamento che esclude l’applicazione dell’istituto della datio in solutum (previsto dall’articolo 1197 del codice civile) alle obbligazioni tributarie, con particolare riferimento al pagamento dei tributi locali.

Tale conclusione è fondata su argomenti di natura sistematica e logica.

4.1. L’ordinamento, come noto, ha disciplinato specifiche ipotesi di adempimento mediante datio in solutum, nelle quali al contribuente è consentito assolvere il tributo (in particolare, le imposte sui redditi e sulle successioni e donazioni, ai sensi degli articoli 28 e 28-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e dell’articolo 39 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346) mediante la dazione di beni di interesse storico, artistico o archeologico, previa accettazione del creditore (circostanza che esclude la possibilità di prospettare un caso di obbligazione alternativa).

L’unica ipotesi, tradizionalmente richiamata, di applicazione dell’istituto a prestazioni imposte dall’ente locale è quella contenuta nell’articolo 16, comma 2, D.P.R. 380/2001, che prevede la possibilità di realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, a scomputo totale o parziale della quota del contributo di costruzione relativa alle stesse.

Peraltro, occorre in questa sede rilevare che il “contributo di costruzione”, essendo codificato dall’ordinamento in termini di compartecipazione del privato alla spesa pubblica, tenuto conto del bisogno di opere di urbanizzazione aggiuntive conseguenti al nuovo insediamento edificatorio - che, peraltro, spesso impongono all’ente interessato oneri economici maggiori di quelli strettamente necessari ad urbanizzare il nuovo edificato -, integra una “prestazione patrimoniale imposta, di carattere non tributario” (Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, sentenza 7 dicembre 2016, n. 24; Id., sentenza 30 agosto 2018, n. 12, in cui si aggiunge che, nonostante il contributo - ferma l’esclusione della natura tributaria - costituisca una prestazione patrimoniale imposta, il suo pagamento integra l’oggetto di un ordinario rapporto obbligatorio, disciplinato dalle norme di diritto privato).

Pertanto, occorre muovere dalla presa d’atto che l’ordinamento ha previsto, in materia di riscossione delle imposte sul reddito e di pagamento dell’imposta sulle successioni e donazioni, due limitate fattispecie di datio in solutum allo Stato come modalità di estinzione dell’obbligazione tributaria diverse dall’adempimento (peraltro circoscritte nell’individuazione dei beni suscettibili di cessione e accompagnate da una dettagliata disciplina riguardante le condizioni ed il valore della cessione, demandate a uno specifico decreto ministeriale), mentre non risulta allo stato alcuna analoga previsione riguardante il pagamento dei tributi locali.

L’indicata, eccezionale, disciplina di sporadiche ipotesi di applicazione dell’istituto si inquadra nella regola della indisponibilità dell’obbligazione tributaria, naturale corollario dello schema tipico del rapporto giuridico di imposta, avente natura (secondo la condivisa teoria dichiarativa) di obbligazione legale, che sorge per il solo verificarsi in concreto della fattispecie astrattamente prevista dalla norma tributaria e la cui attuazione è rigidamente predeterminata dalla disciplina normativa, in applicazione del principio enunciato dall’articolo 23 della Costituzione (in base al quale nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non per legge).

4.2. Si aggiunge che non appare agevole superare gli ostacoli all’applicazione, in via generale, dell’istituto civilistico previsto dall’articolo 1197 del codice civile in materia tributaria, se si condivide la tesi della sua natura di “contratto solutorio”, che integra un modo di estinzione dell’obbligazione satisfattiva dell’interesse del creditore, sebbene – ovviamente - diverso e sostitutivo di quello alla prestazione originaria. Infatti, a tali fini occorrerebbe prospettare che il diverso interesse del creditore possa sovrapporsi e sostituirsi all’interesse pubblico primario - tipizzato dal legislatore ex art. 23 Cost. - all’ottenimento di una prestazione monetaria.

4.3. Ulteriore argomento si trae dalla considerazione che, nel nostro ordinamento, ai fini della provvista, da parte dell’ente pubblico, non solo di lavori o servizi, ma altresì dei beni di cui si ritenga utile o necessaria la fornitura, è espressamente codificato il generale obbligo di rispettare la disciplina in materia di procedimenti ad evidenza pubblica, che ammette deroghe nei soli casi previsti dal legislatore.

4.4. Non pare, infine, superfluo evidenziare le difficoltà di ordine pratico che sorgerebbero ove si ammettesse la possibilità di sostituire la somma di denaro oggetto dell’obbligazione tributaria, la cui determinazione è munita del requisito della certezza, con prestazioni aventi ad oggetto beni il cui valore economico dovrebbe quantificarsi all’esito di atti di determinazione suscettibili di incertezze, errori o abusi, con evidenti, possibili riflessi negativi per le casse comunali.

4.5. Per completezza, deve osservarsi che la questione oggetto di disamina non riguarda la diversa tematica dell’ammissibilità della compensazione come modo di estinzione delle obbligazioni tributarie.

Al riguardo, come noto, sul piano teorico si è tradizionalmente ritenuto che la disciplina codicistica di cui agli articoli 1241 e ss. c.c. fosse inapplicabile al diritto tributario, in ragione della tipicità dei modi di estinzione delle obbligazioni di imposta, in assenza di un’espressa normativa in tal senso.

Nel tempo, in verità, il legislatore ha sempre più di frequente previsto l’applicazione di questo istituto nel diritto tributario, dapprima nell’ambito dello stesso tributo, poi nell’ambito di tributi diversi, fino a consentirne l’operatività con riferimento a prestazioni aventi natura non omogenea, ad esempio tributaria e contributiva (art. 17, D.Lgs. 241/1997).

Infine, l’articolo 8, comma 1, della L. 212/2000 ha disposto che “l’obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione”, con la previsione di regolamenti di attuazione finora non emanati. Sebbene parte della giurisprudenza sostenga l’immediata e generale operatività della regola, escludendo che essa possa essere condizionata da regolamenti attuativi, l’orientamento prevalente, e più recente, della Corte di cassazione (cui si è adeguata l’Amministrazione finanziaria, ad esempio con la ris. 140/E/2017) ritiene che la disposizione, in attesa dell’emanazione dei regolamenti attuativi, integri una previsione di natura meramente programmatica (Cass. 18788/2016, 12262/2007).

L’esame dello stato della normativa e della giurisprudenza di legittimità in materia di adempimento delle obbligazioni tributarie tramite compensazione offre, a ben vedere, ulteriore argomento alla ritenuta inapplicabilità in ambito tributario dell’istituto della prestazione in luogo di adempimento.

Infatti, in primo luogo, nell’ordinamento mancano norme di carattere generale parallele all’articolo 8 della L. 212/2000. Soprattutto, l’evidenziato orientamento restrittivo in ordine all’applicazione di un modo di estinzione dell’obbligazione che, come noto, trova fondamento, tra l’altro, nella tutela dell’interesse di ciascuna delle parti del rapporto alla liberazione dal proprio debito e a godere il vantaggio del contestuale ottenimento di quanto  dovuto dalla controparte (non a caso, in dottrina si è giunti a discorrere di una funzione anche di garanzia), preclude sul piano sistematico la possibilità ammettere il ricorso generale alla datio in solutum, la cui disciplina è ispirata alla ratio di tutela di interessi complessivamente meno rilevanti.

P.Q.M.

nelle considerazioni che precedono è espresso il parere della Sezione sulla richiesta presentata dal Sindaco e al Consiglio del Comune di Castropignano (CB) con nota n.5081 del 14 novembre 2019.

SI DISPONE

che la presente deliberazione sia trasmessa, a cura della Segreteria della Sezione, al Sindaco e al Consiglio Comunale di Castropignano.

Così deliberato in Campobasso, nella Camera di Consiglio del 27 febbraio 2020.

L’estensore                                                                                        Il Presidente

(Domenico Cerqua)                                                                           (Lucilla Valente)

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 13 marzo 2020

IL DIRETTORE AMMINISTRATIVO

f.to (dott. Davide Sabato)

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