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Consiglio di Stato, Sez. V, 12/2/2020 n. 1066
Il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della p.a. sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell'istruttoria, ma senza poter procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci

La clausola sociale deve essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica

Nelle gare pubbliche il giudizio di verifica dell'anomalia dell'offerta - finalizzato alla verifica dell'attendibilità e serietà della stessa ovvero dell'accertamento dell'effettiva possibilità dell'impresa di eseguire correttamente l'appalto alle condizioni proposte - ha natura globale e sintetica e deve risultare da un'analisi di carattere tecnico delle singole componenti di cui l'offerta si compone, al fine di valutare se l'anomalia delle diverse componenti si traduca in un'offerta complessivamente inaffidabile; detto giudizio costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato alla pubblica amministrazione e insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell'operato della Commissione di gara; il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell'istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un'inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione.

Per giurisprudenza costante, la clausola sociale deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ulteriormente la platea dei partecipanti, nonché idonea a ledere la libertà d'impresa, riconosciuta e garantita dall'art. 41 della Costituzione, che sta a fondamento dell'autogoverno dei fattori di produzione e dell'autonomia di gestione propria dell'archetipo del contratto di appalto. Tale clausola deve essere, dunque, interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente; conseguentemente, l'obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell'appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l'organizzazione di impresa prescelta dall'imprenditore subentrante; i lavoratori che non trovano spazio nell'organigramma dell'appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall'appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali; la clausola non comporta alcun obbligo per l'impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria.

Materia: appalti / disciplina
Pubblicato il 12/02/2020

N. 01066/2020REG.PROV.COLL.

N. 03538/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3538 del 2019, proposto da
Società Socioculturale cooperativa sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Manzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Confalonieri, 5;

contro

Museo Nazionale dell'Automobile “Avv. Giovanni Agnelli”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonella Borsero, Carlo Merani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Rear società cooperativa, non costituita in giudizio;
Societa' Cooperativa Culture (già Co.Pa.T società cooperativa), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Finocchiaro, Stefania Pedace, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Verona 83 s.c.r.l., C.I.S. Cooperativa Italiana Servizi società cooperativa, Vivaticket s.p.a. (già Best Union Company s.p.a.), non costituite in giudizio;

per la riforma

del dispositivo di sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (Sezione Prima) n. 351 del 2019, reso tra le parti, nonché, con atto di esplicazione dei motivi di appello, della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (Sezione Prima) n. 593 del 2019, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Museo Nazionale dell'Automobile “Avv. Giovanni Agnelli” e della Societa' Cooperativa Culture;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, Cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2020 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Manzi, Borsero e, su delega dell'avv. Finocchiaro, Avaiano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con bando del 23 giugno 2016 il Museo Nazionale dell’Automobile “Avv. Giovanni Agnelli” indiceva una gara a procedura aperta per l’affidamento dei servizi di sorveglianza sale museali e biglietteria per una durata di due anni con l’opzione di rinnovo per il terzo. Il bando prevedeva l’aggiudicazione del servizio con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa che, all’esito della procedura di gara, risultava essere quella presentata dal Rti Verona 83. Seguivano in graduatoria il Rti Cooperativa Culture e la Società Socioculturale cooperativa sociale. Con provvedimento del 10 maggio 2017, previa verifica dell’anomalia dell’offerta, la stazione appaltante aggiudicava l’appalto in via definitiva al Rti Verona 83. Contro il provvedimento di aggiudicazione presentavano ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte per il Piemonte, sulla base di motivi del tutto sovrapponibili, sia la terza che la seconda classificata. Il provvedimento di aggiudicazione veniva annullato con sentenza n. 327 del 20 marzo 2018, resa relativamente al ricorso proposto dalla seconda classificata.

Con provvedimento del 28 giugno 2018, il Museo Nazionale dell’Automobile “Avv. Giovanni Agnelli” disponeva «di aggiudicare in via definitiva ed efficace ai sensi dell’art. 32, comma 5, del d.lgs. 50/16 al RTI costituendo tra Società Cooperativa Culture e Rear Società Cooperativa il servizio di sorveglianza sale museali e biglietteria del Museo Nazionale dell’Automobile “Avv. Giovanni Agnelli” di Torino per la durata di 2 (due) anni, a decorrere dalla data di stipula del contratto, con opzione di un ulteriore anno, per l’importo complessivo di € 927.453,00, IVA esclusa, oltre oneri per la sicurezza pari ad € 22.800,00, IVA esclusa».

L’aggiudicazione veniva impugnata con motivi aggiunti dalla Società Servizi Socio Culturali cooperativa sociale, unitamente a tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti e agli atti della procedura riguardanti la sub-fase relativa al giudizio di valutazione dell’anomalia dell’offerta dell’aggiudicatario.

Con sentenza n. 593 del 2019 il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte dichiarava improcedibile il ricorso proposto per l’annullamento della precedente aggiudicazione alla Verona 83 s.c.r.l. e respingeva il ricorso per motivi aggiunti proposto contro la nuova aggiudicazione al Rti costituendo tra Società Cooperativa Culture e Rear società cooperativa.

La Società Servizi Socio Culturali cooperativa sociale ha proposto appello contro il dispositivo della suddetta sentenza e, dopo la pubblicazione della stessa, atto di esplicazione dei motivi di appello contro la stessa.

L’appello è affidato ai seguenti motivi di diritto:

I) violazione ed erronea applicazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016; violazione ed erronea applicazione dell’art. 3 del d.lgs. n. 104 del 2010; errore e difetto di motivazione in ordine al primo motivo di ricorso (violazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016; eccesso di potere per difetto di istruttoria, per assenza e/o erroneità dei presupposti, per travisamento dei fatti, per erroneità della motivazione);

II) violazione ed erronea applicazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016; violazione ed erronea applicazione dell’art. 5 del CCNL vigilanza privata e servizi fiduciari e dell’art. 4 del CCNL multiservizi; violazione ed erronea applicazione dell’art. 36 Cost.; errore e difetto di motivazione in ordine al secondo motivo di ricorso (violazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016; violazione dell’art. 5 del CCNL vigilanza privata e servizi fiduciari; violazione dell’art. 4 del CCNL multiservizi; violazione dell’art. 36 Cost.; eccesso di potere per difetto di istruttoria, assenza e/o erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, erroneità della motivazione, contraddittorietà);

III) violazione ed erronea applicazione degli artt. 23, 30 e 97 del d.lgs. n. 50 del 2016; violazione ed erronea applicazione dell’art. 36 Cost.; violazione ed erronea applicazione dell’art. 13.1 del capitolato speciale d’appalto; errore e difetto di motivazione in ordine al terzo motivo di ricorso (violazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016, dell’art. 30 del d.lgs. n. 50 del 2016, dell’art. 23 del d.lgs. n. 50 del 2016; violazione dell’art. 36 Cost.; violazione dell’art. 13.1 del capitolato speciale d’appalto; eccesso di potere per difetto di istruttoria, assenza e/o erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, erroneità della motivazione).

Si sono costituiti per resistere all’appello il Museo Nazionale dell’Automobile “Avv. Giovanni Agnelli” e la Società Cooperativa Culture.

Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 6 febbraio 2020 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione l’appello proposto da Società Servizi Socio Culturali cooperativa sociale contro il dispositivo di sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte n. 351 del 2019, nonché, con atto di esplicazione dei motivi di appello, contro la sentenza n. 593 del 2019, nella parte in cui ha respinto il ricorso per motivi aggiunti proposto contro la nuova aggiudicazione al Rti costituendo tra Società Cooperativa Culture e Rear società cooperativa della procedura aperta indetta dal Museo Nazionale dell’Automobile “Avv. Giovanni Agnelli” per l’affidamento dei servizi di sorveglianza sale museali e biglietteria per una durata di due anni con l’opzione di rinnovo per il terzo.

Con il primo motivo l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza per non avere accolto la prima censura del ricorso per motivi aggiunti, con la quale aveva censurato il provvedimento impugnato per avere l’Amministrazione consentito all’aggiudicataria, in sede di verifica dell’anomalia, l’ingiustificata ed immotivata riformulazione di tutte le voci di costo indicate nella propria lettera di chiarimenti al solo fine di rendere sostenibile un’offerta che, inizialmente, era risultata in perdita per oltre € 12.000, relativamente al primo biennio di gestione, e per oltre € 20.000 considerando l’intera durata dell’appalto. Il Rti Cooperativa Culture avrebbe, infatti, riscontrato una prima richiesta di giustificazioni che conteneva un costo complessivo per l’esecuzione (biennale) del servizio per € 631.423,98 l’11 maggio 2018; tuttavia, con nota del 5 giugno 2018, il Museo dell’Automobile rilevava che la base d’asta, fissata in € 1.095.000 per tre anni di servizio, come da documentazione di gara, era comprensiva degli oneri per la sicurezza, non soggetti a ribasso, e quantificati in complessivi € 22.800 e che, quindi, l’offerta presentata dall’aggiudicataria e correttamente quantificata (al netto degli oneri non soggetti a ribasso) in € 618.302 non risultava sufficiente a coprire i costi così come ricostruiti e comunicati dal Rti Cooperativa Culture. Con una nuova lettera di chiarimenti del 13 giugno 2018 il Rti Cooperativa Culture modificava i costi relativi ai “mezzi tecnici e costi gestione” e ai “costi amministrativi” e riduceva anche l’utile inizialmente previsto. Inoltre, sempre per l’appellante, mentre nella lettera di giustificazioni dell’11 maggio 2018 aveva indicato, per tutti gli addetti impiegati nelle attività di “biglietteria e coordinamento”, l’applicazione del CCNL Multiservizi con inquadramento al livello III, a seguito della necessità di rimodulare i costi per far quadrare la propria offerta, insieme all’ingiustificata rimodulazione delle altre voci di spesa, l’aggiudicataria prevedeva l’applicazione del CCNL vigilanza privata e servizi fiduciari, livello D, per i “servizi vari accoglienza e coordinamento”. La figura del coordinatore, quindi, senza alcuna spiegazione, sarebbe passata da un costo di € 15,12 all’ora a un costo di € 12,09 all’ora. Ciò, nel biennio considerato nella procedura di verifica dell’offerta, avrebbe consentito un immotivato risparmio all’aggiudicataria per € 18.828,42 (dato dalla differenza tra i due costi orari moltiplicata per il numero di ore di impiego del coordinatore dei servizi nel biennio e pari, in base a quanto dichiarato nell’offerta tecnica, a 6.214 ore).

Per l’appellante non si sarebbe trattato, quindi, diversamente da quanto rilevato nella sentenza appellata, di una marginale rettifica delle ore destinate al servizio di biglietteria in virtù di una specifica censura dell’Amministrazione, ma dell’ingiustificata rimodulazione di tutti i costi, degli utili e dell’inquadramento di parte del personale al solo fine di far risultare l’offerta presentata congrua e le spese equivalenti al corrispettivo proposto. E ciò, senza alcuna giustificazione (da parte dell’aggiudicataria) e senza alcuna richiesta di chiarimenti (da parte dell’Amministrazione) e al solo fine di ridimensionare drasticamente le voci di costo che, in prima battuta, avevano svelato l’insostenibilità dell’offerta presentata.

Con il secondo motivo l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza per non avere accolto la seconda censura del ricorso per motivi aggiunti, con cui aveva contestato che, pur avendo la Cooperativa Culture assunto (sia nell’offerta tecnica che in fase di chiarimenti) l’impegno di rispettare la cd. “clausola sociale” prevista nel CCNL multiservizi, tale onere non fosse stato in alcun modo considerato e valorizzato in fase di verifica dell’anomalia, avendo l’Amministrazione consentito l’applicazione di un CCNL diverso (e peggiorativo), con una contrazione dei costi, in capo all’aggiudicataria, di oltre € 240.000 in tre anni.

Sul punto, la sentenza appellata avrebbe concluso erroneamente rilevando che:

- né il capitolato, né l’art. 50 del d.lgs n. 50 del 2016 (nel testo originario, in vigore al momento dell’indizione della gara) prevedevano l’applicazione della clausola sociale;

- il rispetto della clausola sociale, quando dovuto, non comporta la necessità di assumere tutti i dipendenti dell’appaltatore uscente;

- la scelta del contratto collettivo da applicare rientra nelle prerogative di organizzazione dell’imprenditore.

Tali rilievi non sarebbero condivisibili per l’appellante. Nonostante, infatti, l’aggiudicataria, oltre che nell’offerta tecnica, si fosse assunta espressamente, anche in fase di chiarimenti, l’obbligo di rispettare la “clausola sociale” prevista nel CCNL applicabile, l’impegno dalla stessa assunto non avrebbe trovato alcun riscontro nella successiva ricostruzione del costo del lavoro proposta al Museo dell’Automobile, in cui la Cooperativa Culture ha dichiarato, per parte degli operatori attualmente impiegati nell’appalto, a parità di mansioni, l’unilaterale applicazione di un CCNL diverso (e peggiorativo) rispetto a quello attualmente utilizzato, con la conseguente riduzione della retribuzione mensile da € 1.350 per 14 mensilità (per un totale annuo di € 18.900) a € 985 per 13 mensilità (per un totale annuo di € 12.805). E sarebbe evidente come il costo del lavoro, così ricostruito, se da un lato consente all’aggiudicatario di giustificare la sostenibilità della propria offerta, dall’altro, risulta del tutto contraddittorio con l’impegno assunto dal Rti Cooperativa Culture di garantire la continuità dei servizi, in applicazione della cd. “clausola sociale”. In ordine all’individuazione del contratto collettivo applicabile, inoltre, andrebbe per l’appellante ribadito che i “lavoratori addetti ai servizi vari di accoglienza e coordinamento”, cui la Cooperativa Culture dichiara di voler applicare il CCNL servizi fiduciari, con un rilevantissimo risparmio di costi, sia per quanto previsto nella documentazione di gara, sia per quanto previsto nell’offerta tecnica dell’aggiudicataria, svolgerebbero attività che sfuggono a quelle contemplate nel citato CCNL. Per giurisprudenza costante dovrebbe, invece, essere rispettata la coerenza del contratto nazionale con l’oggetto dell’appalto posto in gara.

Con il terzo motivo l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza per non avere accolto la terza censura del ricorso per motivi aggiunti, con cui aveva censurato l’errata ricostruzione dei costi del servizio che, solo in virtù di continue e sistematiche sottostime degli impegni assunti dalla Cooperativa Culture, avrebbe permesso di concludere la verifica di anomalia confermando la sostenibilità dell’offerta. Invero, tale sostenibilità, nonché la possibilità di affermare un utile di € 2.000 all’anno, si reggerebbero sul fatto che il RTI non avrebbe considerato, ragionando su un biennio, il costo relativo agli scatti di anzianità che, in virtù dei CCNL applicati, maturerebbero solo a partire dal terzo anno; nella ricostruzione del costo del lavoro non si troverebbe, inoltre, alcuna traccia delle ore impegnate nelle “riunioni periodiche programmate” che, essendo ore aggiuntive rispetto agli orari di apertura del museo indicati nella documentazione di gara e nell’offerta tecnica presentata dall’aggiudicatario, comporterebbero un ulteriore impegno economico in capo all’aggiudicatario; nella voce “costi per mezzi tecnici e di gestione” si vorrebbero far rientrare una serie di voci mai giustificate; l’inquadramento dei lavoratori addetti ai servizi vari di accoglienza e coordinamento al livello “D” del CCNL per i dipendenti da istituti e imprese di vigilanza privata e servizi fiduciari, oltre a violare l’impegno assunto da Cooperativa Culture di applicare la cosiddetta clausola sociale, consentirebbe all’aggiudicataria di ipotizzare, per tali dipendenti, un costo orario pari a € 12,09, nettamente inferiore a quello previsto dal CCNL Multiservizi (oggi applicato a tutti gli operatori impiegati nel museo e dalla stessa Cooperativa Culture per il servizio di biglietteria) per l’inquadramento corrispondente; il trattamento retributivo previsto per il “Responsabile del servizio biglietteria” sarebbe uguale a quello degli altri addetti alla biglietteria, mentre tale funzione avrebbe richiesto il riconoscimento, quanto meno, di un’adeguata indennità; le ore di servizio degli “addetti polivalenti” sarebbero conteggiate tra quei “lavoratori addetti ai servizi vari di accoglienza” per i quali viene ipotizzata l’applicazione del CCNL vigilanza privata; l’aggiudicataria avrebbe, infine, ritenuto di poter applicare anche al coordinatore dei servizi il CCNL vigilanza privata, ed avrebbe omesso completamente di considerare i costi di formazione.

L’appello è infondato, ritenendo il Collegio condivisibili le statuizioni della sentenza impugnata.

Deve, innanzitutto, ribadirsi il costante e pacifico orientamento della giurisprudenza, per il quale «Nelle gare pubbliche il giudizio di verifica dell'anomalia dell'offerta - finalizzato alla verifica dell'attendibilità e serietà della stessa ovvero dell'accertamento dell'effettiva possibilità dell'impresa di eseguire correttamente l'appalto alle condizioni proposte - ha natura globale e sintetica e deve risultare da un'analisi di carattere tecnico delle singole componenti di cui l'offerta si compone, al fine di valutare se l'anomalia delle diverse componenti si traduca in un'offerta complessivamente inaffidabile; detto giudizio costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato alla Pubblica amministrazione e insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell'operato della Commissione di gara; il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della Pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell'istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un'inammissibile invasione della sfera propria della Pubblica amministrazione» (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 29 novembre 2012, n. 36; sez. V, 28 ottobre 2019, n.7391).

È dunque precluso al giudice effettuare l’esame delle singole voci dell'offerta economica, ovvero di singole inesattezze della stessa, risultando ragionevoli le giustificazioni offerte dall'aggiudicataria.

In particolare, non si evincono profili di manifesta erroneità od illogicità del giudizio di anomalia riguardo alle nuove giustificazioni presentate, atteso che le modifiche delle stesse sono state motivate da evidenti errori contenuti nelle precedenti. In sede di successivi chiarimenti, pertanto, l’aggiudicataria ha formulato correttamente le proprie giustificazioni (cfr. la tabella alle stesse allegata).

In particolare, l’aggiudicataria ha fornito due diversi documenti giustificativi, il primo l’11 maggio 2018 e il secondo, inviato a seguito della richiesta di chiarimenti e precisazioni da parte del Museo, che aveva rilevato delle incongruenze, il 13 giugno 2018.

Nel primo, l’aggiudicataria aveva previsto di inquadrare il personale in questo modo:

- personale destinato ai “servizi vari di accoglienza”: CCNL Servizi Fiduciari, livello D, per un totale di 40.878 ore;

- personale destinato ai “servizi di biglietteria e coordinamento”: CCNL Multiservizi, livello III, per un totale di 3.822 ore.

Era prevista una separata indennità per il coordinatore del personale.

Il totale delle ore di lavoro risultava pari a 45.288, per un costo complessivo di euro 563.348,25.

Nel secondo documento di giustificazioni, l’aggiudicataria ha prospettato un diverso inquadramento del personale:

- personale destinato a “servizi vari di accoglienza e coordinamento”: CCNL Servizi Fiduciari, livello D, per un totale di 37.056 ore;

- personale destinato ai “servizi di biglietteria”: CCNL Multiservizi, livello III, per un totale di 7.644 ore.

Il totale delle ore di lavoro risulta pari a 44.700, per un costo complessivo di euro 574.928,00.

Le attività di coordinamento sono state, dunque, imputate al personale destinato ai servizi vari e di accoglienza, invece che a quello incaricato della biglietteria, e il costo del lavoro è risultato di poco superiore rispetto al primo documento, anche in ragione del diverso inquadramento di parte del personale.

Risulta, inoltre, confermata l’esistenza di errori materiali di calcolo nelle prime giustificazioni, atteso che il monte ore servizi inquadrabili al livello III del CCNL Multiservizi era stato indicato in 3822, anziché in 7644 per il biennio dell’appalto.

In applicazione del condivisibile orientamento giurisprudenziale per il quale è consentita la modificazione delle giustificazioni volta a correggere sovrastime e sottostime di alcune voci di costo, purché l’offerta risulti nel suo complesso seria e attendibile (Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2019, n. 2875; sez. V, 30 ottobre 2017, n. 4978), risulta legittima la decisione della stazione appaltante di ritenere giustificata l’offerta della controinteressata, anche in considerazione della mancata esplicitazione nell’offerta tecnica degli specifici contratti collettivi applicati da parte dell’aggiudicataria, nonché della sollecitazione a fornire ulteriori giustificazioni da parte del museo, proprio in relazione a rilevate incongruenze sul costo del lavoro.

Nella fattispecie all’esame del Collegio non sono emersi neppure scostamenti ingiustificati e lesivi delle prerogative dei lavoratori, né applicazioni distorte dei contratti collettivi di lavoro, come risulta dall’approfondita istruttoria condotta dalla stazione appaltante, anche con l’ausilio di un consulente del lavoro di fiducia per gli aspetti più tecnici, alla quale si rimanda.

Riguardo, specificamente, alle censure concernenti l’assunta erroneità della sentenza per non avere accolto la doglianza relativa alla dedotta violazione dell’impegno a rispettare la cd. “clausola sociale” prevista nel CCNL multiservizi, deve osservarsi, innanzitutto, che nel caso di specie il capitolato di gara non prevedeva l’applicazione della clausola sociale, atteso che, ai sensi dell’art. 13 del medesimo: “L’appaltatore si obbliga ad attuare nei confronti dei lavoratori dipendenti occupati nei servizi condizioni normative e retributive non inferiori a quelle risultanti dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro applicabili alla data dell’offerta alla categoria e nella località in cui si svolgono i servizi, nonché le condizioni risultanti dalle successive modifiche ed integrazioni e in genere da ogni altro CCNL applicabile nella località, successivamente stipulato per la categoria. I suddetti obblighi vincolano l’appaltatore anche nel caso che non sia aderente alle associazioni stipulanti o receda da esse”.

In ogni caso, la clausola sociale non si applicava anche perché il bando è stato pubblicato prima dell’entrata in vigore del secondo correttivo al d.lgs. n. 50 del 2016 (d.lgs. n. 57 del 2017), che ne ha reso obbligatorio l’inserimento per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli ad alta intensità di manodopera.

Nelle giustificazioni dell’11 maggio 2018 l’aggiudicataria ha, inoltre, dichiarato che: “Al fine di garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato e per preservare il know-how e la professionalità gestionale acquisita garantendo la continuità dei servizi, in applicazione della c.d. clausola sociale la scrivente RTI si impegna a assorbire e impiegare prioritariamente nell’espletamento del servizio, qualora disponibili e compatibilmente con la nostra organizzazione operativa, le unità di personale in organico presso il precedente appaltatore”.

Per giurisprudenza costante, la clausola sociale deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ulteriormente la platea dei partecipanti, nonché idonea a ledere la libertà d'impresa, riconosciuta e garantita dall'art. 41 della Costituzione, che sta a fondamento dell'autogoverno dei fattori di produzione e dell'autonomia di gestione propria dell'archetipo del contratto di appalto.

Tale clausola deve essere, dunque, interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente; conseguentemente, l'obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell'appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l'organizzazione di impresa prescelta dall'imprenditore subentrante; i lavoratori che non trovano spazio nell'organigramma dell'appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall'appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali; la clausola non comporta alcun obbligo per l'impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria (in senso conforme, fra le tante, Cons. Stato, sez. V, 5 febbraio 2018, n.731).

Ai sensi di quanto disposto dall'art. 30, comma 4, seconda parte, del d.lgs. n. 50 del 2016: “al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia astrattamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente”.

Il criterio generale è quello per cui non può considerarsi anomala un'offerta allorché la stessa sia riconducibile al minore costo del lavoro applicato al proprio personale rispetto a quello applicato da altra impresa se nella lex specialis di gara si richiede l'indicazione non già di un contratto specifico ma semplicemente quale sia il contratto applicato, come nel caso di specie, in cui l'aggiudicataria doveva semplicemente impegnarsi ad applicare nei confronti del personale dipendente addetto condizioni contrattuali normative e retributive non inferiori a quelle previste dalle leggi e dai C.C.N.L., territoriali di settore e aziendali, della categoria.

E tale impegno è stato rispettato dall’aggiudicataria, che ha prospettato nelle ultime giustificazioni tale inquadramento del personale:

- personale destinato a “servizi vari di accoglienza e coordinamento”: CCNL Servizi Fiduciari, livello D, per un totale di 37.056 ore;

- personale destinato ai “servizi di biglietteria”: CCNL Multiservizi, livello III, per un totale di 7.644 ore.

Totale delle ore di lavoro pari a 44.700, per un costo complessivo di euro 574.928,00.

Nel caso di specie, oltretutto, sono stati assunti tutti i lavoratori, tranne quelli che non lo hanno voluto, con contratti coerenti con l’oggetto delle prestazioni richieste, come statuito dalla giurisprudenza.

Anche ai fini della valutazione dell’anomalia dell’offerta e della congruità del costo del lavoro, ai sensi dell’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016, la scelta del contratto collettivo da applicare rientra nelle prerogative di organizzazione dell'imprenditore e nella libertà negoziale delle parti, con il limite però che esso risulti coerente con l'oggetto dell'appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 1 marzo 2017, n. 932; sez. V, 12 maggio 2016, n. 1901; sez. III, 10 febbraio 2016, n. 589).

Con riferimento alla censura con la quale si deduce l’erroneità della sentenza per non avere accolto il motivo concernente l’assunta erroneità delle giustificazioni prodotte dal raggruppamento aggiudicatario in ordine ad altre specifiche voci economiche, il Collegio ribadisce ulteriormente che la congruità dell'offerta è espressione di una valutazione globale e sintetica che non riguarda le singole voci di prezzo in modo parcellizzato, atteso che si tratta di un giudizio il cui obiettivo è l'accertamento dell'affidabilità dell'offerta nel suo complesso. Il relativo procedimento non ha carattere sanzionatorio, ma mira ad accertare se in concreto l'offerta, nel suo complesso, sia attendibile ed affidabile (Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2019, n. 2879).

Nella fattispecie in questione non risulta illogico e incongruo il giudizio posto in essere dalla stazione appaltante di complessiva attendibilità ed affidabilità dell’offerta dell’aggiudicataria, confermandosi, anche su tale profilo, le corrette statuizioni del giudice di primo grado.

In conclusione, l’offerta risulta complessivamente giustificata, anche in considerazione dell’organizzazione dell’impresa sul territorio, che permette alla stessa di sfruttare le risorse che ha a disposizione pure per altri servizi. Tanto risulta, del resto, comprovato dalla corretta esecuzione del contratto sin dal mese di maggio del 2019.

Riguardo, infine, all’istanza istruttoria formulata dall’appellante e relativa all’ostensione dei contratti stipulati con i lavoratori, la stessa è inammissibile, attenendo i contratti alla fase esecutiva del rapporto contrattuale, mentre il ricorso concerne l’assunta illegittimità dell’aggiudicazione della gara.

Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va respinto.

Sussistono, tuttavia, in relazione alle peculiarità della presente controversia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2020 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Fabio Franconiero, Consigliere

Valerio Perotti, Consigliere

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Elena Quadri Giuseppe Severini
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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