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TAR Lombardia, Brescia sez. II, 13/1/2020 n. 10
Non è sindacabile la finalità soggettiva che spinge il richiedente a presentare istanza di accesso civico generalizzato

La finalità soggettiva che spinge il richiedente a presentare istanza di accesso civico generalizzato non è sindacabile: anche richieste di accesso civico presentate per finalità "egoistiche" possono favorire un controllo diffuso sull'amministrazione, se queste consentono di conoscere le scelte amministrative effettuate. Il controllo diffuso di cui parla la legge, infatti, non è da riferirsi alla singola domanda di accesso ma è il risultato complessivo cui "aspira" la riforma sulla trasparenza la quale, ampliando la possibilità di conoscere l'attività amministrativa, favorisce forme diffuse di controllo sul perseguimento dei compiti istituzionali e una maggiore partecipazione dei cittadini ai processi democratici e al dibattito pubblico. In definitiva, l'accesso generalizzato deve essere riguardato come estrinsecazione di una libertà e di un bisogno di cittadinanza attiva, i cui relativi limiti, espressamente previsti dal legislatore, debbono essere considerati di stretta interpretazione.

Materia: pubblica amministrazione / documenti amministrativi
Pubblicato il 13/01/2020

N. 00010/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00661/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 661 del 2019, proposto da
Cipea & Cariiee - Co.Ed.A. - Unifica – Consorzio fra imprese di produzione e edilizia, impiantistica ed affini – Società cooperativa in Liquidazione coatta amministrativa, in persona del commissario liquidatore, rappresentata e difesa dall'avvocato Micaela Grandi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Lonato del Garda, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, ex art. 23 CPA, dal Segretario Generale dott.ssa Valeria Ferro, domiciliato ex art. 25 CPA presso la Segreteria del TAR di Brescia, in via Carlo Zima n. 3

per l'annullamento

-del silenzio serbato dal Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza del Comune di Lonato del Garda sull'istanza di riesame inviata ex art. 5, c. 7, D. Lgs. 33/2013 in data 19/6/2019 in conseguenza del silenzio serbato dal Comune di Lonato del Garda sull'istanza di accesso civico semplice e accesso civico generalizzato, formulata ex art. 5, cc. 1 e 2, D. Lgs. 33/2013 e inviata in data 30/4/2019;

-del predetto silenzio serbato dal Comune di Lonato del Garda sull'istanza di accesso civico semplice e accesso civico generalizzato inviata in data 30/4/2019;

nonché per l'accertamento del diritto della ricorrente di prendere visione ed estrarre copia dei documenti richiesti con le predette istanze con conseguente ordine al Comune di Lonato del Garda di esibizione alla ricorrente dei dati e dei documenti richiesti ai sensi dell'art. 116 c.p.a.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Lonato del Garda;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2019 il dott. Alessio Falferi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso ex art. 116 CPA, Cipea & Cariiee - Co.Ed.A. - Unifica – Consorzio fra imprese di produzione e edilizia, impiantistica ed affini (di seguito solo Cipea) ha esposto, nelle premesse in fatto e per quanto qui rileva, quanto segue:

-che a seguito di regolare procedura aperta, il Comune di Lonato del Garda affidava a Cipea i lavori di “Ristrutturazione edificio in viale Roma – nuova costruzione di n. 8 alloggi a canone sociale e n. 8 alloggi a canone moderato in via Lazzaretto” per l’importo contrattualmente pattuito di euro 2.284.822,40 oltre a oneri per la sicurezza;

-che in corso di esecuzione delle opere – i cui termini erano modificati a causa di ritardi nella consegna dei lavori relativi alle varie fasi individuate in sede di affidamento – sorgevano contrasti con l’Amministrazione in ordine al collaudo dei lavori, alla redazione del verbale di constatazione dello stato dei lavori medesimi ed alla rideterminazione dei termini di ultimazione delle opere;

-che in considerazione del ritardo nell’esecuzione dei lavori, veniva applicata la penale nell’importo massimo consentito per totali euro 235.482,24;

-che accogliendo la richiesta di disapplicazione parziale della penale, il Committente riconosceva che “l’interesse dell’Amministrazione comunale con il completamento della ristrutturazione dei sei alloggi dell’edificio di Via Roma è stato parzialmente raggiunto con la comunicazione della fine dei lavori avvenuta in data 25.09.14” e riduceva la penale inizialmente applicata di euro 51.964,91;

-che successivamente la ricorrente era posta in liquidazione coatta amministrativa, con nomina del Commissario Liquidatore;

-che per il completamento delle opere che l’impresa esecutrice non era riuscita a terminare, come elencate nel “verbale di accertamento dei lavori”, il Comune affidava l’incarico per la progettazione, direzione lavori e sicurezza ad uno studio tecnico e affidava, successivamente, l’esecuzione dei lavori ad altre imprese;

- che in data 23.03.17 emesso il certificato di collaudo tecnico - amministrativo, nel quale il Collaudatore, discostandosi da quanto affermato dal Committente solo pochi mesi prima, applicava nuovamente la penale nell’importo massimo consentito dal Contratto pari ad euro 235.482,24;

-che Cipea esplicitava le proprie riserve al certificato di collaudo domandando, tra l’altro, la completa disapplicazione della penale, richiesta che però non era accolta dall’Amministrazione Comunale.

Tanto precisato, la ricorrente ha ulteriormente evidenziato:

-che la penale applicata sarebbe errata sia perché non sarebbe corretto il conteggio del termine per l’esecuzione delle opere effettuato dal Comune, sia in quanto sarebbe sproporzionata la quantificazione della stessa;

-che nei dati parzialmente pubblicati on line sul sito del Comune (sezione “Amministrazione trasparente”), sezione “Beni immobili e gestione patrimonio”, sotto-sezione “Patrimonio immobiliare”, elenco del patrimonio immobiliare dell’anno 2017, figurerebbe solo l’immobile di Via Roma 65, ma non l’immobile di Via del Lazzaretto e non sarebbe pubblicato alcun elenco per l’anno 2018 né per l’anno 2019;

- che nella sotto-sezione “Canoni di locazione o affitto”, negli elenchi delle locazioni dell’anno 2017, risulterebbe, in relazione all’immobile di Via Roma, il percepimento di un solo canone per 4 alloggi e solo per l’anno 2017, mentre alcun canone risulterebbe percepito con riferimento all’immobile di Via del Lazzaretto;

-che, dunque, risulterebbe che il Comune di Lonato del Garda, nonostante la fine dei lavori dell’immobile di Via Roma n. 65 alla data del 25.9.2014 e l’emissione del certificato di collaudo in data 23.3.2017, avrebbe assegnato, nell’anno 2017, solo 4 alloggi su 6 presenti nella palazzina, nulla risultando per gli anni successivi, mentre, con riferimento all’immobile di Via del Lazzaretto, non emergerebbe il percepimento di alcun canone per i 16 alloggi presenti;

-che tali considerazioni rileverebbero sia sotto il profilo pubblicistico, in relazione al non corretto uso delle finanze pubbliche, sia sotto quello privatistico, con riferimento all’art. 1384 c.c., atteso che il Comune, pur avendone la disponibilità, non avrebbe assegnato gli alloggi (mettendoli a reddito) in modo tempestivo, per cui sarebbe irrilevante l’eventuale (e contestato) ritardo nell’esecuzione del contratto di ristrutturazione, con conseguente possibilità di domandare in sede giudiziale la riduzione della penale in forza della richiamata disposizione civilistica;

-che, per le esposte ragioni, in data 30.4.2019 sono state presentate all’Amministrazione Comunale due istanze di accesso agli atti, ai sensi dell’art. 5, commi 1 e 2 , del D.Lgs n. 33/2013, aventi ad oggetto: 1) i dati identificativi degli immobili posseduti e di quelli detenuti negli anni 2018 e 2019 con particolare riferimento alle palazzine di Via Lazzaretto e Via Roma n. 65, nonché l’indicazione dei canoni di locazione o affitto percepiti o che, ove ancora non percepiti, si percepiranno, negli anni 2018 e 2019, con particolare riferimento alle suddette palazzine; 2) tutti gli atti, i provvedimenti, i certificati e/o i documenti amministrativi relativi alla procedura di messa a bando e di assegnazione degli alloggi delle Palazzine di Via Lazzaretto e dell’Edificio di Via Roma n. 65 dall’anno 2016 all’anno 2019;

-che il Comune intimato non ha provveduto in alcun modo entro il termine di 30 giorni e che, pertanto, in data 19.6.2019 è stata presentata, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del D.Lgs. n. 33/2013, istanza di riesame al Responsabile della prevenzione, della corruzione e della trasparenza, il quale, però è rimasto anch’esso silente.

Alla luce di tali premesse in punto di fatto, Cipea ha formulato, in sintesi, le seguenti censure: 1) con riferimento all’accesso civico semplice, la ricorrente, premesso che l’art. 30 del D.Lgs n. 33/2013 pone l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di pubblicare le informazioni identificative degli immobili posseduti o detenuti, nonché i canoni di locazione o affitto versati o percepiti e tale pubblicazione deve essere tempestiva (art. 8), ha evidenziato che l’art. 5, comma 1, del medesimo decreto dispone che il suddetto obbligo di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione, per cui la legittimazione attiva è riconosciuta in capo a qualunque soggetto, senza obbligo di motivazione dell’istanza (art. 5, comma 3) essendo preordinata a garantire il rispetto di obblighi di pubblicazione normativamente previsti; per tale ragione, il silenzio del Comune intimato sarebbe illegittimo; 2) con riferimento all’accesso civico generalizzato (art. 5, comma 2, del D. Lgs n. 33/2013), ha precisato che il suo esercizio non è sottoposto ad alcuna limitazione con riferimento alla legittimazione soggettiva, non richiede alcuna motivazione e costituisce diritto fondamentale in conformità all’art. 10 della CEDU, consentendo l’accesso a tutti i cittadini alla generalità degli atti e delle informazioni detenute dalla pubblica amministrazione, con il solo limite rappresentato dagli interessi pubblici espressamente indicati all’articolo 5 bis del D.Lgs n. 33/2013, ipotesi non ricorrenti nel caso in esame.

In data 23.10.2019, si è costituito in giudizio il Comune di Lonato del Garda ex art. 23 CPA, depositando comunicazione e-mail del 26.4.2019 inviata alla ricorrente nella quale si comunica la trasmissione degli “allegati richiesti, comprese alcune fra le determinazioni di assegnazioni degli alloggi, opportunamente depurate dei riferimenti ai soggetti interessati” (determinazioni, peraltro, non allegate al documento depositato agli atti del giudizio), nonché elenchi del patrimonio immobiliare comunale e delle locazioni attive/passive degli anni 2017 e 2018.

Alla camera di Consiglio del 21 novembre 2019, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

In via generale e preliminare, va ricordato che l’accesso civico generalizzato è stato introdotto nel nostro Ordinamento, giusta delega di cui alla legge n. 124/2015, dall’ art. 6 del D.Lgs n. 97/2016 che ha novellato l’art. 5 del D.Lgs n. 33/2013 (c.d. decreto trasparenza).

Nonostante alcuni punti di contatto di tipo “testuale”, l’accesso civico generalizzato si pone su un piano diverso rispetto all’accesso documentale (di cui alla legge n. 241 del 1990), che rimane caratterizzato da un rapporto qualificato del richiedente con i documenti che si intendono conoscere, derivante proprio dalla titolarità in capo al soggetto richiedente di una posizione giuridica qualificata tutelata dall’ordinamento.

Il nuovo accesso civico, che attiene alla cura dei beni comuni a fini d’interesse generale, si affianca, senza sovrapposizioni, alle forme di pubblicazione on line di cui al decreto trasparenza del 2013 e all’accesso agli atti amministrativi del 1990, consentendo, del tutto coerentemente con la ratio che lo ha ispirato, l’accesso alla generalità degli atti e delle informazioni, senza onere di motivazione, a tutti i cittadini singoli e associati, in modo da far assurgere la trasparenza a condizione indispensabile per favorire il coinvolgimento dei cittadini nella cura della “cosa pubblica”, oltreché mezzo per contrastare ogni ipotesi di corruzione e per garantire l’imparzialità e il buon andamento dell'Amministrazione (in tal senso, Consiglio di Stato, sez. III, 6 marzo 2019, n. 1546).

Con il D.Lgs n. 33/2013, infatti, viene assicurata ai cittadini la possibilità di conoscere l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni anche attraverso l’obbligo a queste imposto di pubblicare sui siti istituzionali, nella sezione denominata "Amministrazione trasparente", i documenti, i dati e le informazioni concernenti le scelte amministrative operate (artt. 12 e ss.), ad esclusione dei documenti per i quali è esclusa la pubblicazione, in base a norme specifiche ovvero per ragioni di segretezza, secondo quanto indicato nello stesso decreto.

Dunque, l’accesso civico generalizzato è azionabile da chiunque, senza la previa dimostrazione della sussistenza di un interesse attuale e concreto per la tutela di situazioni rilevanti, senza dover motivare la richiesta e con la sola finalità di consentire una pubblicità diffusa e integrale dei dati, dei documenti e delle informazioni che sono considerati, in base alle norme, come pubblici e quindi conoscibili.

L’art. 5, comma 2, del D.Lgs n. 33/2013 consente ai cittadini di accedere a dati e documenti (detenuti dalle Amministrazioni) “ulteriori” rispetto a quelli oggetto di pubblicazione, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati individuati dal successivo art. 5 bis, conoscenza che deve portare a favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico.

Per facilitare il raggiungimento di tale obiettivo, la disciplina prevista per l’accesso civico generalizzato dispone che questo non sia sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente; l’istanza non deve essere motivata; deve esclusivamente limitarsi a indicare i dati, le informazioni o i documenti che si intendono conoscere.

I limiti all’accesso civico generalizzato sono individuati dall’art. 5 bis del D.Lgs n. 33/2013: il comma 1 prevede che esso debba essere rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti “interessi pubblici”: - la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico; - la sicurezza nazionale; - la difesa e le questioni militari; - le relazioni internazionali; - la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato; - la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; - il regolare svolgimento di attività ispettive; il successivo comma 2 del medesimo articolo prevede che l’accesso generalizzato debba essere negato se ciò risulti necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti “interessi privati”: -la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia; -la libertà e la segretezza della corrispondenza; -gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.

Infine, va precisato che la finalità soggettiva che spinge il richiedente a presentare istanza di accesso civico non è sindacabile: anche richieste di accesso civico presentate per finalità “egoistiche” possono favorire un controllo diffuso sull’amministrazione, se queste consentono di conoscere le scelte amministrative effettuate. Il controllo diffuso di cui parla la legge, infatti, non è da riferirsi alla singola domanda di accesso ma è il risultato complessivo cui “aspira” la riforma sulla trasparenza la quale, ampliando la possibilità di conoscere l’attività amministrativa, favorisce forme diffuse di controllo sul perseguimento dei compiti istituzionali e una maggiore partecipazione dei cittadini ai processi democratici e al dibattito pubblico. In definitiva, l’accesso generalizzato deve essere riguardato come estrinsecazione di una libertà e di un bisogno di cittadinanza attiva, i cui relativi limiti, espressamente previsti dal legislatore, debbono essere considerati di stretta interpretazione.

Ebbene, alla luce dei principi sinteticamente esposti (per una approfondita ed accurata disamina delle problematiche connesse all’accesso civico generalizzato v. TAR Campania, Napoli, sez. VI, 9 maggio 2019, n. 2486), il ricorso deve essere dichiarato in parte improcedibile ed in parte è, invece, fondato e va accolto.

Premesso che, nel caso in esame, non si prospettano problemi in ordine ai limiti all’accesso generalizzato di cui al ricordato art. 5 bis del D.Lgs n. 33/2013, si rileva che a fronte della due richieste di accesso presentate dalla ricorrente, l’Amministrazione Comunale ha depositato, in questa sede, quanto segue: 1) una comunicazione e-mail, inviata alla ricorrente in data 26.4.2019, con cui erano state trasmesse “alcune” (ma non tutte) determinazioni di assegnazioni degli alloggi; 2) tabulati con indicazione del patrimonio immobiliare comunale e delle locazioni attive/passive riferiti agli anni 2017 e 2018.

Dunque, in relazione a tali elementi, che costituivano parte delle richieste di accesso presentate dalla ricorrente, il ricorso va dichiarato improcedibile, atteso che le richieste in esse contenute sono stata (parzialmente) soddisfatte dall’Amministrazione Comunale.

In relazione alla rimanente parte dei documenti richiesti con le istanze di accesso, cioè le restanti –rispetto a quelle trasmesse con la ricordata comunicazione e-mail del 26.4.2019 – determinazioni di assegnazione degli alloggi e i relativi provvedimenti e/o documenti inerenti la procedura di messa a bando degli alloggi medesimi, nonché l’elenco degli immobili posseduti e/o detenuti e i canoni di locazione o affitto percepiti relativi all’anno 2019 con particolare riferimento alle palazzine di Via Lazzaretto e Via Roma n. 65, il ricorso è fondato e va accolto, atteso che, da un lato, sussistono tutti i presupposti –in precedenza ricordati –per consentire l’accesso civico generalizzato e, dall’altro, l’Amministrazione, a fronte delle istanze presentate, non ha provveduto a soddisfare (integralmente) quanto con esse richiesto da Cipea.

L’Amministrazione Comunale resistente dovrà, pertanto, provvedere a mettere a disposizione della ricorrente la documentazione richiesta e sopra meglio specificata (ovviamente, per quanto riguarda i canoni di locazione percepiti, nei limiti dei dati al momento disponibili) entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione della presente decisione.

Le spese di causa, in considerazione della particolarità in fatto della vicenda, possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara improcedibile e in parte lo accoglie, ordinando all’Amministrazione Comunale resistente di adempiere a quanto indicato in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2019 con l'intervento dei magistrati:

Bernardo Massari, Presidente

Mara Bertagnolli, Consigliere

Alessio Falferi, Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Alessio Falferi Bernardo Massari
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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