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Corte dei conti, sez. riunite in sede giurisdizionale, 21/1/2020 n. 1
Non sussiste con riguardo alla Fondazione "Teatro alla Scala di Milano" un controllo pubblicistico ai sensi del SEC 2010 e, conseguentemente, l'ente privato non lucrativo in questione deve essere esclusodall'elenco ISTAT per il 2020.

Materia: finanza pubblica / spesa pubblica

Sentenza n. 1/2020/RIS

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE

in speciale composizione

composta dai signori magistrati:

Mario PISCHEDDA Presidente

Alfredo GRASSELLI Consigliere

Emanuela PESEL Consigliere

Luisa D’EVOLI Consigliere

Giuseppe COLAVECCHIO Consigliere

Pasquale FAVA Consigliere relatore

Chiara VETRO Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA-ORDINANZA

nel giudizio n. 660/SR/RIS sul ricorso proposto dalla Fondazione Teatro della Scala di Milano, con sede legale in Milano, via Filodrammatici n. 2, in persona del Sovrintendente pro tempore, Sig. Alexander Pereira, nato a Vienna l’11 ottobre 1947, rappresentata a e difesa dagli Avvocati Prof. Angelo Clarizia, Giuseppe Matteo Masoni e Francesco Brizzi ed elettivamente domiciliata in Roma alla Piazza Caprettari n. 70,

 

CONTRO

- l’Istituto Nazionale di Statistica (I.S.T.A.T.), in persona del legale rappresentante pro tempore, via Cesare Balbo n. 16, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede istituzionale in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato;

 

NONCHE’ NEI CONFRONTI

- della Procura Generale della Corte dei conti;

 

PER L'ANNULLAMENTO PREVIA SOSPENSIONE

dell’Elenco delle “Amministrazioni pubbliche”, inserite nel conto economico consolidato, individuate ai sensi dell’art. 1, comma 3, Legge 31 dicembre 2009, n. 196, predisposto dall’I.S.T.A.T. e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 229 del 30 settembre 2019, nella parte in cui ha incluso la Fondazione ricorrente tra le amministrazioni locali, nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale.

- visto il ricorso introduttivo, depositato il 29 ottobre 2019;

- visti i provvedimenti del Presidente della Corte dei conti n. 94 e 103/2019, che hanno determinato la composizione del Collegio, la fissazione d’udienza e la nomina del relatore;

- viste le memorie dell’ISTAT e della Procura generale depositate rispettivamente il 5 ed il 9 dicembre 2019;

- esaminati il ricorso e gli altri atti e documenti di causa;

- uditi, nella pubblica udienza del 19 dicembre 2019, il Giudice relatore, Cons. Pasquale Fava, nonché gli Avv.ti Prof. Angelo Clarizia e Francesco Brizzi (per parte ricorrente), l’Avv. dello Stato Pietro Garofoli (ISTAT) e, per la Procura generale, il Vice procuratore generale Fabrizio Cerioni.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La prospettazione della Federazione ricorrente

La “Fondazione Teatro alla Scala di Milano” (di seguito “la Fondazione”) ha impugnato l’elenco annuale per il 2020 delle Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato redatto ai sensi dell’art. 1, comma 3, legge 31 dicembre 2009, n. 196, sollecitandone l’annullamento, previa sospensiva, nella parte in cui l’ISTAT ha inserito la ricorrente tra le “amministrazioni locali – fondazioni lirico sinfoniche”.

Allegando il proprio statuto, ha premesso di essere stata trasformata in “fondazione di partecipazione” ai sensi degli artt. 2, commi 57 e ss., della legge 28 dicembre 1995, n. 549 e 2 d.lgs. 29 giugno 1996, n. 367, nonché di avere ottenuto, attesi i rilevanti ricavi prodotti, la “forma organizzativa speciale” (d.m. MIBACT 5 gennaio 2015 fondato sull’art. 11, comma 21-bis, d.l. 8 agosto 2013, n. 91, convertito in legge 7 ottobre 2013, n. 112).

L’illegittimità dell’inserimento della Fondazione ricorrente nel settore S13 e quindi nel c.d. “elenco ISTAT” per l’anno 2020, dipenderebbe dalla carenza degli elementi fissati dal SEC 2010 ai fini dell’attribuzione della qualificazione di “P.A. in senso finanziario- contabile”: 1) la produzione sarebbe destinata alla vendita e 2) non esisterebbe alcun controllo pubblicistico.

Circa il primo elemento (produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita) la Fondazione ha segnalato l’esito a sé favorevole del test “market-non market”. Dai bilanci emerge che l’ente riesce a coprire più del 50% dei costi di produzione con i propri ricavi da vendite (entrate diverse dai contributi pubblici). Con particolare riguardo all’assenza del controllo pubblicistico ha segnalato una serie di elementi. Essendo una fondazione di partecipazione, l’organizzazione interna è articolata in modo da attribuire incisivi poteri ai fondatori (ordinari, sostenitori e permanenti) diversi da quelli “di diritto” (questi ultimi sono lo Stato, la Regione Lombardia e il Comune di Milano). A ciascun fondatore (diverso da quelli di diritto) sono attributi diritti di voto in proporzione ai contributi versati. In più, i fondatori sostenitori e permanenti possono proporre candidature per eleggere componenti del consiglio di amministrazione (potendo nominare sino a nove consiglieri rispetto ai quattro dei fondatori di diritto). L’amministrazione e la gestione della Fondazione sarebbe autonoma dalle Pubbliche amministrazioni contribuenti e non esisterebbe né l’indice generale del controllo (capacità di determinare la politica generale o il programma di una unità istituzionale), né gli indici speciali (nomina dei funzionari, messa a disposizione di strumenti che consentano l’operatività, accordi contrattuali, gradi di finanziamento, grado di esposizione al rischio dell’amministrazione pubblica). Il Sovrintendente (nominato dal consiglio di amministrazione), in base allo statuto, ha il potere di gestire, dirigere e coordinare le attività di produzione artistica e quelle connesse e strumentali, oltre quello di predisporre programmi di attività annuali e triennali da sottoporre all’approvazione del consiglio di amministrazione; ha anche il potere di nominare e revocare il direttore artistico, il direttore musicale e/o altri collaboratori, di predisporre il bilancio preventivo e consuntivo, di tenere le relazioni sindacali e le scritture contabili.

In relazione alla tutela cautelare la Federazione ha richiamato, quanto al fumus boni iuris, il grado di autonomia finanziaria raggiunta (entrate proprie pari a circa il 70%) e, con riguardo al periculum in mora, i considerevoli costi economici (quantificati in € 300.000,00) derivanti dagli oneri amministrativi imposti dalla legislazione più recente (d.lgs. 31 maggio 2011, n. 91; d.m. MEF 27 marzo 2013).

2. Le difese dell’ISTAT

L’ISTAT ha insistito sulla legittimità dell’inserimento della Fondazione ricorrente nell’elenco annuale. L’Avvocatura dello Stato si è ampiamente intrattenuta, nelle proprie difese, sui numerosi indici dai quali sarebbe possibile ricavare l’esistenza del controllo pubblicistico sull’ente in questione tra cui: 1) il concorso finanziario rilevante di numerosi enti pubblici, 2) i rilevanti poteri in sede assembleare, 3) i poteri di vilanza del MIBACT e del MEF, 4) il potere delle Amministrazioni di nominare numerosi amministratori, 5) la presidenza assegnata al Sindaco di Milano, 6) numerosi membri del collegio dei revisori di nomina pubblica. Quanto alla natura di ente non market è stata allegata una nota dell’ISTAT che è pervenuta a risultati diversi da quelli prospettati dalla Fondazione ricorrente. L’eterogeneità degli esiti valutativi sui dati contabili è dovuta al fatto che, come ha rilevato l’ISTAT, nei calcoli dell’Amministrazione resistente non sono stati considerati i contributi privati, ritenendoli entrate diverse da quelle provenienti da “vendite”.

3. Le conclusioni della Procura generale

La Procura generale ha concluso per il rigetto del ricorso e dell’istanza cautelare sia perché la Fondazione ricorrente sarebbe un ente non market, che per l’esistenza di uno stringente controllo pubblicistico.

Depositando documentazione proveniente dall’ISTAT, la Procura ha richiamato il quadro normativo e statutario che governa l’attività della Fondazione, onde inferirne l’esistenza di numerosi indici di controllo da parte di più P.A. In più, con riguardo all’esclusione dalla quota “market” dei contributi di partecipazione derivanti dai fondatori privati (grazie alla quale l’esito del test di mercato è negativo, ovverosia è di poco al di sotto del 50%), ha condiviso le scelte dell’Istituto richiamando i par. 4.33 e 3.33b SEC 2010.

4. L’udienza pubblica.

Nel corso della pubblica udienza del 18 dicembre 2019 i difensori della Fondazione ricorrente, richiamando i propri atti, hanno rinunciato alla tutela cautelare ed insistito per l'accoglimento del ricorso.

L’Avvocato dello Stato Pietro Garofoli, per l’ISTAT, ha concluso per il rigetto del ricorso e dell’istanza cautelare.

La Procura generale ha parimenti rassegnato le proprie conclusioni nel senso dell’infondatezza del ricorso e della tutela cautelare.

La causa è stata, quindi, trattenuta per la decisione e decisa in camera di consiglio come da dispositivo riportato in calce e letto in udienza.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Sulla tutela cautelare

In via preliminare, deve darsi atto che l’esigenza di tutela cautelare in capo alla ricorrente è venuta meno per effetto del richiamato atto di rinuncia e dell’intervenuta decisione del merito della causa, con lettura del dispositivo al termine della camera di consiglio, nello stesso giorno dell’udienza pubblica di discussione, ex art. 128, comma 3, c.g.c.. Indipendentemente da ogni valutazione circa la ritualità di siffatta rinuncia alla tutela cautelare, formalizzata dai difensori della Fondazione ricorrente nel corso dell’udienza pubblica, il Collegio evidenzia che l’immediata decisione nel merito, secondo la giurisprudenza costante di queste Sezioni riunite, rende inutile, per carenza di interesse, l’esame della domanda di sospensione (così, inter plures, C conti, sez. riun., 23 aprile 2018, n. 20/2018/RIS).

2. Quadro normativo e statutario

Onde risolvere le questioni giuridiche poste dal ricorso della Fondazione Teatro alla Scala di Milano è necessario preliminarmente ricostruire il quadro normativo di riferimento, nonché fornire informazioni puntuali sulle previsioni dello statuto dell’ente.

L’art. 2, comma 57, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per disciplinare la trasformazione in fondazioni di diritto privato degli enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale.

Tra i criteri direttivi assumono rilevanza, ai fini del presente giudizio, quelli fissati dalle lettere da c) a f) del successivo comma 58: “c) individuazione dei soggetti pubblici che concorrono alla fondazione. Tra questi dovranno comunque essere presenti lo Stato, la regione e il comune nei quali gli enti hanno sede; d) determinazione delle modalità e degli strumenti con i quali lo Stato, la regione e il comune promuovono d'intesa l'intervento di altri enti o soggetti pubblici e privati nelle fondazioni; e) individuazione degli indirizzi ai quali dovranno informarsi le decisioni attribuite alla autonomia statutaria di ciascun ente, con particolare riferimento alla formazione degli organi, alla gestione e al controllo dell'attività istituzionale, nonché alla partecipazione di privati finanziatori nel rispetto dell'autonomia e delle finalità culturali dell'ente. Per il perseguimento dei fini sociali la fondazione potrà disporre, tra le sue fonti di finanziamento, anche delle seguenti: 1) contributi di gestione a carico del bilancio dello Stato, della regione e del comune; 2) altri contributi pubblici ed erogazioni liberali dei privati; 3) rendite del suo patrimonio e proventi delle sue attività; 4) altre somme erogate alla fondazione a qualsiasi titolo non destinate a patrimonio; 5) contributi versati dai fondatori e dai sostenitori delle fondazioni; 6) somme derivanti da eventuali alienazioni patrimoniali non destinate ad incremento del patrimonio per delibera del consiglio di amministrazione. Lo statuto della fondazione deliberato dai soci fondatori è approvato con decreto dell'Autorità di Governo competente in materia di attività culturali; f) adeguata vigilanza sulla gestione economico-finanziaria dell'ente”. Il successivo decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, ha disciplinato la predetta trasformazione attribuendo alle fondazioni risultanti la personalità giuridica di diritto privato e sancendo l’applicazione alle predette della normativa di diritto comune (Codice civile) unitamente alle previsioni speciali stabilite dal decreto n. 367.

Il decreto, pur attribuendo una autonomia statutaria e gestionale (l’art. 10 afferma che “lo statuto deve garantire l’autonomia degli organi della fondazione, i componenti dei quali non rappresentano coloro che li hanno nominati né ad essi rispondono”), ha, tuttavia, previsto rilevanti limitazioni e restrizioni, introducendo un potere di approvazione degli statuti (e delle delibere di trasformazione – art. 8), una generale vigilanza pubblicistica con poteri ispettivi, di controllo e di commissariamento. Si prevede la partecipazione e contribuzione necessaria dello Stato (attraverso l’autorità ministeriale vigilante competente in materia), nonché quella della Regione e del Comune nei quali ha sede la fondazione (art. 6). La partecipazione di tali fondatori di diritto è, peraltro, a differenza di quella dei fondatori privati, indipendente dalla misura dei contributi versati (art. 12, comma, 2). Si sancisce che la presidenza della fondazione sia attribuita al sindaco del comune nel quale essa ha sede (art. 11), mentre nel consiglio di amministrazione debbano essere rappresentate l’Autorità governativa competente per lo spettacolo e la Regione, P.A. cui deve essere attribuito almeno un rappresentante nel consiglio, indipendentemente dalla misura del loro apporto al patrimonio (art. 12, comma 3). Il collegio dei revisori, composto da tre membri, è nominato con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze di concerto con l’autorità di Governo competente in materia di spettacolo (il presidente è il rappresentante del MEF, il secondo membro è designato dall’Autorità di governo competente per il settore dello spettacolo e il terzo è scelto tra gli iscritti nel registro dei revisori dei conti del Ministero della giustizia). E’ contemplato l’assoggettamento al controllo della Corte dei conti alle condizioni e con le modalità di cui alla legge 21 marzo 1958, n. 259 (art. 15, comma 5), nonché alla vigilanza dell’Autorità governativa competente in materia di spettacolo (art. 19, commi 1 e 2). Sussiste, poi, il potere di scioglimento della fondazione, con conseguenziale commissariamento, per gravi violazioni legislative e statutarie o per gravi irregolarità di gestione (art. 21).

Lo Statuto della Federazione ricorrente ha distinto tra fondatori pubblici di diritto (lo Stato, la Regione Lombardia e il Comune di Milano) e fondatori privati distinti, a seconda della quota di patrimonio e degli obblighi assunti, in ordinari, sostenitori e permanenti (art. 3). Esso attribuisce nell’assemblea una posizione qualificata statutariamente garantita a taluni soggetti pubblici (“Autorità di governo competente in materia di spettacolo, Regione Lombardia, Comune di Milano, Città metropolitana di Milano e Camera di commercio di Milano Monza e Brianza” – art. 6.7.) in quanto prevede che “a ciascuno di essi spettino dieci voti [nell’assemblea], indipendentemente dalla misura del rispettivo apporto al patrimonio della Fondazione” (art. 6.7.). Analoghi privilegi spettano statutariamente in sede consiliare “dovendosi sempre avere una maggioranza di consiglieri di nomina pubblica intendendosi per tali il Presidente e i Consiglieri nominati dallo Stato e dagli enti pubblici di qualsiasi natura” (art. 7.1.); i membri del consiglio di amministrazione possono variare da 9 a 15, ma la presidenza è attribuita al Sindaco di Milano (art. 9.1.) e la maggioranza di essi deve essere sempre pubblica [il potere di nomina spetta al Ministero per i beni e le attività culturali (due), al Presidente della regione Lombardia (uno), al Sindaco della Città metropolitana di Milano (uno), al Presidente della Camera di commercio di Milano (uno)]. Gli altri consiglieri sono nominati dall’assemblea su proposta di candidatura proveniente dai fondatori privati (la permanenza nel consiglio di amministrazione di questi rappresentanti è subordinata all’erogazione degli apporti finanziari previsti dagli art. 7.1., lett. e) e 7.2.). Lo statuto, infine, prevede la necessità di trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze e a quello per i beni culturali relazioni trimestrali sulla gestione (art. 12.4.). Non è senza interesse segnalare che lo statuto contempla, in caso di scioglimento, il coinvolgimento del Ministero, della Regione Lombardia e del Comune di Milano nella nomina dei liquidatori, attribuendo anche al Comune le collezioni museali della Fondazione.

3. I precedenti di queste Sezioni riunite sulle Fondazioni lirico- sinfoniche.

Queste Sezioni riunite si sono già occupate dell’inserimento delle “Fondazioni lirico-sinfoniche” e dei “teatri nazionali e di rilevante interesse culturale” nell’ambito del novero delle “Amministrazioni locali” dell’elenco ISTAT.

I parametri normativi applicati, al fine di verificare se l’ente culturale lirico-sinfonico ricorrente fosse o meno annoverabile tra le “istituzioni senza scopo di lucro riconosciute come entità giuridiche indipendenti che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita e che sono controllate da amministrazione pubbliche” (par. 2.112, lett. c) SEC 2010), sono stati quelli di cui al Regolamento n. 549/2013/UE del 21 maggio 2013 (c.d. SEC 2010).

In tali controversie la giurisprudenza assolutamente consolidata di queste Sezioni riunite ha dato un’interpretazione riduttiva del concetto di “beni e servizi destinabili alla vendita”, escludendo che fosse tale qualunque contributo proveniente da Pubbliche amministrazioni, e, al contempo, ha registrato sempre, nei vari casi esaminati, l’esistenza di un controllo pubblicistico ai sensi del par. 1.36 e 2.39, pervenendo conseguentemente al rigetto dei ricorsi (C. conti, sez. riun., 19 marzo 2014, n. 4/2014/RIS – Teatro Metastasio di Prato; Id., 24 marzo 2014, n. 5/2014/RIS – Teatro Stabile del Veneto – Carlo Goldoni; Id., 2 aprile 2014, n. 7/2014/RIS – Fondazione Piccolo Teatro di Milano Teatro d’Europa; Id., 9 aprile 2014, n. 8/2014/RIS – Teatro Stabile di Genova; Id., 9 aprile 2014, n. 9/2014/RIS – Centro Teatrale Bresciano; Id., 18 aprile 2014, n. 12/2014/RIS – Fondazione Teatro Stabile di Torino; Id., 18 aprile 2014, n. 13/2014/RIS – Teatro Fondazione Emilia Romagna / Teatro Stabile Pubblico Regionale; Id., 6 maggio 2014, n. 16/2014/RIS – Fondazione Teatro Stabile dell’Umbria; Id., 29 maggio 2014, n. 21/20914/RIS – Teatro Stabile della Città di Napoli; Id., 4 agosto 2014, n. 31/2014/RIS – Ente Teatro Stabile di Sicilia – Città di Catania; Id., 19 dicembre 2014, n. 62/2014/RIS – Fondazione Accademia Nazionale di Santa Cecilia; Id., 19 dicembre 2014, n. 63/2014/RIS – Fondazione “I Pomeriggi Musicali”). Solo in un caso (C. conti, sez. riun., 28 aprile 2014, n. 15/2014/RIS – Teatro Stabile del Friuli-Venezia-Giulia) il ricorso, finalizzato ad ottenere l’annullamento dell’elenco ISTAT in parte qua, è stato accolto perché nel concreto era stato dimostrato in quel giudizio che i contributi pubblici fossero di entità non prevalente (tra il 32% ed il 36% delle entrate) e che la Fondazione avesse conseguito, su base pluriennale, ricavi propri superiori ad almeno la metà dei costi di esercizio (con un test market-non market positivo oscillante tra il 53,6% ed il 58,4%).

4. La pronuncia della Corte di giustizia dell’11 settembre 2019 (C- 612/17 e C-613/17)

Tali precedenti devono essere valutati alla luce dei principi di diritto eurounitario formulati dalla Corte europea nella sentenza dell’11 settembre 2019 (C-612/17 e C-613/17) in materia di nozione di “controllo pubblico”, rilevante ai fini dell’applicazione del SEC 2010. Queste Sezioni riunite hanno già chiarito, in sede di richiesta di pronuncia pregiudiziale eurounitaria, che in base alla metodologia del SEC 2010 “un’entità, qualificabile “istituzione senza scopo di lucro” (ai sensi dei par. 1.57 e 2.112 lett. c) del SEC 2010), potrà essere inserita nel settore pubblico (S13 della Tavola 2.1. del SEC 2010) solo all’esito di un giudizio che si articola in due fasi successive (grafico generale 2.1. del par 2.32; par. 2.112 lett. c e 20.13 del SEC 2010): 1) in primo luogo, dovrà pervenirsi ad un esito negativo del c.d. quantitative market-non market test (le vendite dei beni e servizi prodotti non devono coprire il 50% dei costi, trattandosi così di produttore di beni e servizi non destinabili alla vendita in quanto offerti sul mercato ad un prezzo economicamente non significativo; ciò in base al par. 20.16 del SEC 2010 che rinvia ai criteri generali fissati dai par. 3.14, 3.16, 3.17, 3.18, 3.19, 3.23, 3.33., 20.19, 20.20, 20.21, 20.29, 20.30, 20.31 del SEC 2010), e, in secondo luogo, 2) dovrà essere effettivamente presente un “controllo pubblico” sull’ente (controllo da appurarsi sulla base di una valutazione da effettuarsi attraverso un giudizio “in concreto” che consideri tutte le circostanze della fattispecie controversa – par. 1.36, 2, 39 e 20.15, paragrafo, quest’ultimo, che discorre di “giudizio soggettivo”)” (C. conti, sez. riun., 10 ottobre 2017, n. 31 e 32/SR/RIS).

4.1. Nel caso sottoposto all’esame del Giudice europeo le Federazioni sportive inserite nell’elenco ISTAT erano entità “non market” e, pertanto, le questioni prospettate alla Corte investivano soprattutto la fisionomia concettuale del “controllo pubblico” (nella specie esercitato da una sola Pubblica Amministrazione, ovverosia il CONI), il quale, secondo la predetta Corte, può esistere anche in relazione ad interventi di regolazione generale, applicabili indistintamente a tutte le unità che svolgono la stessa attività, qualora, per la loro natura e il loro carattere “segnatamente eccessivo”, si risolvano nel dettare, di fatto, la politica generale o il programma delle entità interessate (punto 54, che fissa il principio ermeneutico in risposta alla prima questione pregiudiziale sollevata da queste Sezioni riunite).

4.2. Anche nella risoluzione della seconda questione pregiudiziale il Giudice europeo ha sancito che i poteri pubblicistici, dai quali inferire l’esistenza del controllo sull’ente non lucrativo (da parte di una singola Amministrazione, nella specie il CONI), devono essere tali da consentire alla P.A. di “definire o fissare gli obiettivi dell’ente, le sue attività e i loro aspetti operativi, nonché gli indirizzi strategici e gli orientamenti che l’ente intende perseguire nell’esercizio di tali attività” (punto 73). L’identificazione “del controllo di unità istituzionali […] da parte di un’Amministrazione pubblica, quale il CONI, non può riferirsi all’aspetto se l’Amministrazione pubblica eserciti un’influenza determinante sulla gestione o sulla capacità decisionale dell’unità istituzionale, la quale è dotata, per definizione, di piena autonomia in materia, ma mira a stabilire se detta amministrazione [il CONI] sia in grado, nonostante l’esistenza di una siffatta autonomia, di dirigere e di esercitare forme di pressione sull’unità nell’ambito della definizione e realizzazione stesse dei suoi obiettivi, delle sue attività e dei suoi indirizzi strategici” (punto 77). Dalle considerazioni che precedono risulta, quindi, che “la nozione di “capacità di determinare la politica generale o il programma” di un’istituzione senza scopo di lucro [ai sensi del SEC 2010], deve essere interpretata come la capacità di un’Amministrazione pubblica di svolgere […] un’influenza reale e rilevante sulla definizione e sulla realizzazione stesse degli obiettivi dell’istituzione senza scopo di lucro, delle sue attività e dei loro aspetti operativi, nonché degli indirizzi strategici e degli orientamenti che l’istituzione senza scopo di lucro intende perseguire nell’esercizio di siffatte attività” (punto 78).

La Corte di giustizia ha attribuito a queste Sezioni riunite il compito di verificare se tali poteri consentano ad una Amministrazione pubblica di “esercitare un’influenza reale e sostanziale nella politica generale e sul programma, ai sensi della definizione accolta al punto 78” (influenza che deve essere anche “effettiva, stabile e permanente” – cfr. punto 84) oppure “se l’effetto di siffatti poteri si limiti, per riprendere la terminologia del giudice del rinvio, ad una semplice “vigilanza esterna e formale” che, al pari di un’influenza meramente marginale, non avrebbe un’incidenza determinante su tale politica generale o su tale programma” (punto 82).

Come emerge dal successivo punto 90 (ove si fissa il principio di diritto eurounitario) il controllo pubblico, ai fini del SEC 2010, deve essere reale ed effettivo, sostanziale e rilevante (il termine substantial indica che il sostantivo cui si riferisce l’aggettivo in questione debba presentare una consistenza dimensionale quantitativa e qualitativa apprezzabile e rilevante), stabile e permanente. In sostanza la Corte di giustizia ha sancito che la valutazione relativa all’esistenza del controllo pubblico non può limitarsi ad un esame meramente formale e cartolare degli indici (controllo sulla carta), ma deve spingersi sino a verificare se i poteri, di cui una singola P.A. sia titolare, siano realmente, effettivamente, stabilmente e permanente- mente esercitati in modo da consentire a tale Amministrazione di incidere, in modo sostanziale, “sulla definizione e sulla realizzazione stesse degli obiettivi dell’istituzione senza scopo di lucro, delle sue attività e dei loro aspetti operativi, nonché degli indirizzi strategici e degli orientamenti che l’istituzione senza scopo di lucro intende perseguire nell’esercizio di siffatte attività”.

4.3. In merito alla terza questione pregiudiziale, la Corte di giustizia ha rimesso a queste Sezioni riunite il compito di verificare se le quote associative che percepisce la Federazione sportiva (“monopolista sostanziale” nella peculiare disciplina sportiva) abbiano natura pubblicistica o privatistica, precisando che, laddove si concludesse per quella pubblica, queste Sezioni riunite hanno, comunque, il compito di verificare se “i controlli esercitati [dal CONI] su tali flussi di finanziamento siano sufficientemente restrittivi per influenzare in modo reale e sostanziale, la politica generale o il programma delle summenzionate federazioni, o se queste ultime rimangano in grado di determinare la suddetta politica o detto programma” (punto 108).

4.4. I predetti principi sono rilevanti nel caso di specie al fine di verificare l’esistenza del controllo pubblicistico, per come tratteggiato dalla Corte di giustizia ai fini dell’applicazione del SEC 2010.

5. Differenze salienti tra Federazioni sportive e Fondazioni lirico- sinfoniche ai fini dell’applicazione del SEC 2010.

C’è, tuttavia, da mettere in evidenza sin d’ora alcune peculiarità che differenziano il contenzioso relativo alle Federazioni sportive da quello delle Fondazioni lirico-sinfoniche.

Nelle Federazioni sportive esiste una sola P.A. che potenzialmente può assurgere ad ente controllante; nelle fondazioni lirico-sinfoniche vi sono, invece, più P.A. coinvolte (Stato, Regione, Comune, Città metropolitana, Camera di commercio).

La Federazioni sportive sono associazioni non riconosciute, titolari, per evocare un concetto speso reiteratamente dall’ISTAT, dalla Commissione europea, dall’Avvocatura dello Stato, di una posizione monopolistica in relazione alla disciplina sportiva di riferimento, mentre le Fondazioni lirico-sinfoniche sono “fondazioni di partecipazione”, che operano in concorrenza tra loro (anche dal punto di vista dell’accesso alla fondazione dei privati). Chi abbia intenzione di praticare uno sport, partecipando a gare nazionali ed internazionali, non può che associarsi alla specifica Federazione sportiva, posta al vertice della disciplina peculiare dello sport in questione, assoggettandosi alle regole vincolati fissate dalla Federazione stessa. Le quote di associazione, tuttavia, sono solitamente di un ammontare contenuto. La partecipazione ad una Fondazione lirico-sinfonica da parte di un privato, invece, è connotata da maggiore libertà in quanto cittadini ed imprese, ben potrebbero partecipare a più di una Fondazione lirico-sinfonica, non essendo presente quel “monopolio” sostanziale che connota l’organizzazione sportiva. In più, i contributi privati ai fini della partecipazione alle Fondazioni liriche sono di entità considerevole (con riguardo alla Fondazione ricorrente la quota minima è pari ad € 600.000,00). I privati partecipanti alla Fondazione lirico-sinfonica si obbligano a versare le somme di denaro dovute a titolo di contributo per un periodo pluriennale, mentre l’associazione alle Federazioni sportive solitamente deve essere rinnovata annualmente. In più, sovente gli statuti delle Fondazioni lirico-sinfoniche (come accade per quello della Scala di Milano) prevedono che lo status di fondatore privato si acquisisca solo con il versamento delle somme dovute per l’anno in corso e si perda automaticamente con la mancata corresponsione dei contributi relativi agli anni successivi a quello di adesione. I poteri di partecipazione agli organi assembleari e deliberativi attribuiti ai fondatori privati nelle Fondazioni lirico-sinfoniche (come accade per quella ricorrente) sono molto più forti, incisivi e penetranti di quelli riconosciuti agli associati alle Federazioni sportive.

6. Il caso della Fondazione ricorrente

Nel caso concreto sub iudice, dalla regolamentazione pubblicistica generale (quella della disciplina di livello ordinario richiamata), peraltro integrata anche dalle più puntuali previsioni statutarie (“autodisciplina privatistica” comunque approvata dall’Amministrazione vigilante), emergono numerosi indici da tenere in considerazione e da valutare ai fini del giudizio sull’esistenza o meno del controllo pubblicistico (ai fini del SEC 2010).

L’interprete, tuttavia, non deve esaminarli alla luce delle categorie giuridiche del diritto interno, bensì dei parametri normativi europei, per come interpretati dalla Corte di giustizia nella richiamata sentenza. Il compito di queste Sezioni riunite è, quindi, quello di valutare se una Pubblica amministrazione possa esercitare una influenza reale, effettiva (non meramente cartolare), stabile, permanente, rilevante e sostanziale, ovverosia forme di pressione sulla definizione e realizzazione degli obiettivi, degli indirizzi strategici, sulle attività concrete, sugli aspetti operativi dell’ente non lucrativo.

Nel caso di specie le singole P.A. coinvolte (Ministeri, Regione, Comune, Città metropolitana, Camera di commercio), da sole considerate, non sono in grado di esercitare tale tipologia di controllo.

Ciascuna P.A. è titolare di una “quota di poteri” che, singolarmente considerati, non sono sussumibili nel concetto di controllo, per come decodificato dalla Corte di giustizia.

Anche il SEC 2010 e il suo Manuale esplicativo (che è da sempre considerato rilevante a fini ermeneutici dalla giurisprudenza di queste Sezioni riunite) discorrono di Pubblica amministrazione controllante sempre al singolare (sia nella versione in lingua italiana, che in quella inglese). Dal punto di vista letterale, quindi, potrebbe concludersi che il controllo pubblico pluripartecipato e frazionato non sia rilevante a fini SEC.

Tuttavia è noto che la giurisprudenza della Corte di giustizia, in altri settori (appalti e concessioni) ha considerato ammissibile un “in house providing” fondato su un “controllo analogo frazionato” tra più P.A., richiedendo che ciascuna P.A. abbia rappresentanti in strutture organizzative specifiche (nella specie comitati) in grado di condizionare, per statuto, le decisioni degli organi della società partecipata (consiglio di amministrazione ed assemblea), esercitando su tale società un controllo analogo a quello di cui è titolare in relazione alle proprie strutture e ai propri servizi (C. giust., sent. 10 settembre 2009, C-573/07, punti 81-87). È, quindi, necessaria, ai fini del controllo analogo congiunto, l’esistenza di strumenti organizzativi che assicurino un coordinamento tra le decisioni delle singole P.A. partecipanti, in modo da orientare in modo unitario e omogeneo le volontà provenienti da più soggetti pubblici. Tali principi pretori eurounitari sono stati positivizzati dal diritto comunitario derivato e, in sede di trasposizione, dall’art. 5, comma 5, d.lgs. 50/2016 (“Le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori esercitano su una persona giuridica un controllo congiunto quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti; b) tali amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori sono in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica; c) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici o degli enti aggiudicatori controllanti”). Con particolare riguardo all’inserimento nell’elenco annuale ISTAT di enti privati non lucrativi sotto controllo pubblico (quindi ai fini dell’applicazione del SEC 2010), anche queste Sezioni riunite, hanno di recente aperto all’ammissibilità del controllo congiunto di più P.A., ponendo, quale condizione insopprimibile, l’esistenza di strumenti di coordinamento idonei a determinare la formazione di una volontà univoca ed omogenea della “parte pubblica”, complessivamente considerata, in sé capace di svolgere un’influenza reale, effettiva, stabile, permanente, significativa e rilevante sulla politica e programmazione dell’ente non lucrativo (C. conti, sez. riun., 14 marzo 2019, n. 7/2019/RIS, che ha escluso dall’elenco ISTAT il C.R.U.I., evidenziando, tra l’altro, che “nel caso in esame le istituzioni universitarie pubbliche, pur rappresentando la maggioranza degli associati, agiscono e decidono separatamente e, in mancanza di accordi ulteriori, non sono in grado di incidere in misura determinante e in modo unitario sulle scelte strategiche dell’associazione”; si è posto in tal modo il principio della irrilevanza della spettanza, in capo a più P.A., della maggioranza dei voti in assemblea o nel consiglio di amministrazione, in carenza di prova dell’esistenza di strumenti di raccordo e coordinamento delle volontà delle svariate P.A. coinvolte). Il Collegio intende dare continuità a tale orientamento.

Anche se l’interpretazione formale e letterale delle previsioni del SEC 2010 imporrebbe di considerare rilevante, a fini contabili, solo il controllo esercitato da una P.A. singola, il Collegio ritiene di aprire il concetto sino ad ammettere anche un controllo pubblico congiunto, ma sul presupposto irrinunciabile dell’esistenza dei predetti strumenti di coordinamento, di fonte legislativa, statutaria, contrattuale o provvedimentale, purché a carattere vincolate e sempre nel rispetto del sovraordinato principio di effettività. In questa materia, difatti, come segnalato dalla Corte di giustizia, domina il principio di effettività (che impone che tali strumenti, oltre ad essere esistenti, debbano essere effettivamente utilizzati per assicurare un controllo pubblico reale, stabile e permanente).

Ai fini del SEC 2010, non è, quindi, sufficiente una verifica meramente cartolare e formale dell’esistenza di tali strumenti, ma è necessario che il Giudice interno verifichi che i poteri siano realmente, stabilmente e permanentemente esercitati.

Pertanto, in caso di un “controllo pubblico frazionato o plurimo” (ovverosia proveniente da più Amministrazioni), il concetto di controllo posto dal SEC 2010 richiede l’esistenza di meccanismi di coordinamento tra le Amministrazioni partecipanti dai quali possa emergere che l’entità formalmente privata sia effettivamente controllata dalle P.A., non essendo sufficiente nemmeno che le svariate Amministrazioni siano titolari della maggioranza dei voti negli organi dell’ente titolari del potere decisionale.

Tali coordinate ermeneutiche, del resto, si conciliano anche con i principi recentemente posti, in materia di società sotto controllo pubblico, dal Legislatore e da queste Sezioni riunite. Si è ritenuto, sia pure applicando un regime giuridico diverso (il d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 – testo unico sulle società a partecipazione pubblica), che il concetto di “controllo pubblico congiunto”, ai fini del T.U.S.P., presupponga necessariamente l’unanimità di cui discorre l’art. 2, comma 1, lett. b), essendo irrilevante, ai fini del controllo pubblico, che le svariate Amministrazioni siano titolari della maggioranza dei voti tanto in assemblea che in consiglio di amministrazione – C conti, sez. riun., 22 maggio 2019, n. 16/2019/EL; C. conti, 29 luglio 2019, n. 25/2019/EL).

Il Collegio ritiene di ribadire tale indirizzo, conforme peraltro al disposto normativo (che espressamente richiede l’unanimità fondata sulla legge, lo statuto o un patto parasociale).

Pertanto, emergendo, dall’esame della documentazione versata in atti, l’assenza di strumenti di coordinamento tra le svariate Amministrazioni titolari di eterogenei poteri di controllo, vigilanza e partecipazione di diritto, queste Sezioni riunite escludono che nel concreto possa configurarsi un controllo pubblico in quanto una singola Amministrazione fondatrice di diritto non è titolare, da sola di un potere di controllo ai fini del SEC 2010, né tale giudizio può essere positivo sommando aritmeticamente le posizioni delle singole P.A., essendo, quanto meno necessario, ove si voglia interpretare estensivamente le previsioni del SEC, un controllo pubblico congiunto effettivo, non fondato su incerti elementi di fatto come i “comportamenti paralleli concludenti”, bensì su elementi certi e formali, basati di meccanismi organizzativi regolati e predeterminati, anche per ossequiare il principio di legalità e la riserva di legge relativa che operano in materia di organizzazione amministrativa.

In sostanza, ai fini del SEC 2010, il controllo pubblico congiunto non solo presuppone l’esistenza di strumenti di coordinamento, ma impone anche che tali meccanismi siano effettivamente utilizzati per attuare un controllo reale, sostanziale, stabile e permanente sull’ente privato non lucrativo (come richiesto dalla Corte di giustizia).

6.1. C’è altresì da aggiungere che in base alle previsioni statutarie, il cuore gestionale della Fondazione ricorrente è il Sovrintendente al quale lo statuto attribuisce piena autonomia (art. 10.4.) nella definizione dei programmi di attività di produzione artistica e delle attività connesse e strumentali. Tale attività, come evidenziato dall’ISTAT e dalla Procura generale, può essere certamente influenzata dal Consiglio di amministrazione in base alle previsioni statutarie.

Tuttavia non è stata fornita in giudizio alcuna prova dell’esistenza di atti di influenza ed interferenza sull’autonomia del Sovrintendente da parte del consiglio di amministrazione, a sua volta eterodeterminato dalle P.A. partecipanti in qualità di fondatori di diritto. In base al principio di effettività del controllo pubblico (posto dalla Corte di giustizia) è necessario che sia dimostrato che la P.A. controllante eserciti effettivamente, realmente, stabilmente, permanentemente e sostanzialmente sull’ente non lucrativo un’influenza dominante e notevole. Nel caso concreto, invece, la normativa nazionale (art. 10 d.lgs. 29 giugno 1996, n. 367) prevede che “lo statuto de[bba] garantire l’autonomia degli organi della fondazione, i componenti dei quali non rappresentano coloro che li hanno nominati né ad essi rispondono”. Quindi, non soltanto lo statuto non contempla strumenti tecnici di coordinamento idonei a far prevalere la volontà della “parte pubblica” (complessivamente considerata), ma, all’opposto, esclude ogni tipo di influenza delle P.A. sulla politica e programmazione gestionale della Fondazione, la quale è rimessa esclusivamente agli organi interni dell’ente privato lirico-sinfonico. Non c’è, quindi, alcuna prova che il consiglio di amministrazione o l’assemblea, il sovrintendente o i direttori artistici e musicali, siano eterodiretti dalle svariate P.A. che rivestono la qualifica di fondatori di diritto.

6.2. Altro profilo che depone in senso contrario all’esistenza del controllo pubblico è l’alto grado di autonomia finanziaria raggiunta dalla Fondazione ricorrente.

Il Collegio non intende pronunciarsi ex professo sulla questione della natura giuridica dei contributi privati provenienti dai fondatori di diritto ai fini del test market-non market.

Secondo parte ricorrente mancherebbe, come nella citata sentenza del 28 aprile 2014 (la n. 15/2014/RIS sul Teatro Stabile del Friuli-Venezia- Giulia), il primo dei due elementi costitutivi della qualità di “Amministrazione finanziaria” rilevante a fini SEC 2010, ovverosia non si tratterebbe di un ente non market. Il ricorrente, difatti, ha allegato i dati di bilancio dai quali risulta che la percentuale dei ricavi propri sul totale di costi supera il 50% (65,10% nel 2015; 66,21% nel 2016; 70,28% nel 2017; 66,90% nel 2018), mentre la percentuale di finanziamento pubblico sul totale dei ricavi non è prevalente, attestandosi poco sopra il 30% (35,19% nel 2015; 34,30% nel 2016; 32,55% nel 2017; 33,64 nel 2018). In definitiva, trattandosi di ente di tipo “market” e non di una “Pubblica Amministrazione in senso finanziario”, sarebbe illegittimo l’inserimento nell’elenco ISTAT (settore S13 del SEC 2010).

L’ISTAT, invece, è giunta a conclusioni opposte ritenendo che le entrate provenienti dai soggetti privati non sarebbero un’entrata qualificabile “ricavi da vendita” ai sensi richiesti dal SEC 2010. A ciò conseguirebbero dati completamente opposti dal punto di vista del market test (45,2% nel 2017; 44,00% nel 2016; 43,8% per il 2015; 41,7% per il 2014).

Il Collegio, pur non intendendo risolvere la questione ai fini del test di mercato, non può tuttavia omettere di affrontarla al fine della verifica dell’esistenza del requisito del controllo pubblico.

La nozione di contributo posta da SEC 2010 (par. 4.30) richiede espressamente che le somme derivino dall’Amministrazione nazionale o dall’Unione europea; sono pertanto estranei al concetto finanziario di contributo, rilevante a fini SEC, quelli di provenienza privata.

Circa la corretta decodificazione del termine “vendita”, a fini SEC, il Collegio ricorda che il concetto non debba essere inteso in senso stretto e rigoroso, ovverosia strettamente corrispondente alla nozione di vendita presente nel Codice civile italiano. Ai fini del SEC 2010, difatti, l’interprete non è vincolato alle concettualizzazioni e terminologie del diritto interno. Nel caso di specie i contributi privati sono quelli che derivano da una contrattazione liberamente perfezionata dal privato che intende partecipare alla specifica Fondazione, cui sceglie di aderire in luogo di altri enti lirico-sinfonici esistenti in Italia. Il privato, difatti, è pienamente libero di partecipare ad una Fondazione teatrale piuttosto che ad un’altra; come pure potrebbe partecipare a più di una Fondazione. Le risorse economiche che trasferisce alla Fondazione di partecipazione, poi, sono anche strettamente correlate alla misura della propria posizione all’interno degli organi sociali assembleari. Quindi le somme corrisposte dal privato a tali Fondazioni sono molto simili ad un corrispettivo derivante da una “vendita” (che abbia ad oggetto l’acquisizione di diritti di partecipazione all’ente e dello status di nuovo fondatore privato), come tale da considerarsi astrattamente rilevante ai fini del c.d. “test di mercato”.

Si consideri, ad esempio, che con riguardo alle istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle imprese che siano finanziate anche mediante quote o contributi versati dalle imprese associate, il par. 3.35 del SEC 2010, afferma che “le quote di associazione, non sono considerate come trasferimenti, bensì come corrispettivo di servizi resi, ossia, ricavi delle vendite”. Pertanto il SEC 2010, autorizza l’interprete in certi casi a qualificare le c.d. “quote associative” come “ricavi da vendita”. Il par. 3.33, lett. b), invocato dalla Procura generale, non è pertinente al caso di specie in quanto esso si riferisce ad ipotesi diverse dalle quali emerga un reddito proveniente dal “capitale investito o prestato”, che non può essere assimilato a quello derivante da una vendita di beni e servizi. Nelle fondazioni di partecipazione, invece, modello eccentrico rispetto a quello contemplato dal Codice civile, l’ente promuove l’ingresso dei privati dotati di alta capacità economico-finanziaria, incentivando la “vendita” dello status di fondatore privato e delle relative prerogative che costituiscono un “bene” ai sensi e per gli effetti del SEC 2010.

Anche l’art. 3 dello Statuto della Fondazione precisa che lo status di fondatore privato si acquisisce, non per effetto dell’istanza accettata dagli organi dell’ente che effettuano la cooptazione, bensì solo ed esclusivamente con il versamento di cospicue somme di denaro [il contributo dei privati, a seconda delle svariate tipologie, può essere pari ad € 100.000 (fondatore ordinario), € 600.000 (fondatore sostenitore) ed € 6.000.000 (fondatore permanente)]. Allo stesso modo lo status di fondatore privato si perde per effetto del mancato versamento delle quote dovute per gli anni successivi a quello di ingresso.

Proprio per la conformazione dello statuto della Fondazioni ricorrente – che è molto simile a quelli di altri enti lirico-sinfonici – può dirsi esistente un vero e proprio “mercato delle quote”, il cui accesso è limitato solo a persone fisiche e giuridiche con elevate disponibilità economiche, “quote” che potrebbero essere astrattamente equiparabili ad un vero e proprio ricavo da vendita in termini contabilistici (SEC 2010). Anche se il Collegio non intende risolvere ex professo la questione posta in relazione al market test, gli aspetti evidenziati hanno una portata dirimente circa l’esistenza di un alto livello di autonomia finanziaria. Deve ricordarsi che la Corte di giustizia, occupandosi delle quote associative versate alle Federazioni sportive (che, come in precedenza osservato, presentano tratti molto diversi dai contributi privatistici versati dai fondatori delle Fondazioni lirico-sinfoniche di partecipazione), ha precisato che, anche qualora le Sezioni riunite dovessero attribuire a tali quote natura giuridica di contributo pubblico, persino in questa ipotesi, ai fini del controllo pubblico, ed in particolare dell’indice dell’autonomia finanziaria, sarà comunque doveroso verificare se l’Ente non lucrativo mantenga o meno l’autonoma gestione dei flussi di finanziamento. In sostanza, secondo la Corte di giustizia, persino in presenza di un finanziamento pubblico integrale o quasi integrale, l’ente potrebbe essere “autonomo”, ai fini del SEC 2010, laddove non esista alcun controllo pubblicistico sulla gestione di tali flussi finanziari in quanto l’ente non lucrativo “rimane in grado di determinare la propria politica o il programma”; per converso, il controllo pubblico, in queste ipotesi sarà presente solo ove sia dimostrato in giudizio che esistano “controlli su tali flussi di finanziamento sufficientemente restrittivi per influenzare in modo reale e sostanziale la politica generale o il programma” (punto 108).

Venendo al caso di specie, non c’è alcun dubbio che le entrate provenienti dai fondatori privati abbiano natura squisitamente privatistica, non ponendosi, per le ragioni sovra esposte (esiste una pluralità di enti lirici e i fondatori privati si obbligano a versare i contributi su base pluriennale al fine di partecipare attivamente agli organi dell’ente privato), le questioni sollevate con riguardo alle quote associative dovute alle Federazioni sportive.

Lasciando in disparte il problema in ordine al se tali contributi privati siano da qualificarsi o meno “ricavo da vendita”, certamente trattasi di entrate proprie derivanti dal settore privato e non da quello pubblico. Tali contributi, unitamente alle altre entrate proprie qualificate, anche dall’ISTAT, ricavi da vendite, raggiungono un livello molto alto (circa il 70% su un arco pluriennale).

Su tutte le entrate (sia quelle di fonte pubblica, che quelle di fonte privata) esiste, poi un’ampia autodeterminazione degli organi della Fondazione ricorrente, circostanza che attesta, ossequiando, ancora una volta, il principio di effettività, l’assenza di eterodirezione pubblicistica. 6.4. Per quanto sopra non sussiste, quindi, con riguardo alla Fondazione “Teatro alla Scala di Milano” un controllo pubblicistico ai sensi del SEC 2010 e, conseguentemente, l’ente privato non lucrativo in questione deve essere escluso dall’elenco ISTAT per il 2020. Il ricorso deve, pertanto, essere accolto con annullamento del provvedimento impugnato in parte qua.

7. In considerazione della novità delle questioni poste dal ricorso, sussistono le ragioni previste dall’art. 31, comma 3, c.g.c. per l’integrale compensazione delle spese.

 

PER QUESTI MOTIVI

La Corte dei conti, Sezioni riunite, in sede giurisdizionale ed in speciale composizione, accoglie il ricorso e compensa le spese.

Si dà atto che il presente dispositivo è stato letto in udienza.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 dicembre 2019.

Il Consigliere estensore Il Presidente

Pasquale Fava Mario Pischedda

La presente decisione, il cui dispositivo è stato letto all’udienza del 19 dicembre 2019 è stata depositata in Segreteria in data 21 gennaio 2020.

Il Direttore della Segreteria

Maria Laura Iorio

 

 

 

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