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Consiglio di Stato, Sez. III, 10/1/2020 n. 229
Si applica la preclusione ex art. 12, c. 4, l.n. 475/68 nel caso di partecip. al concorso per l'assegnazione di sedi farmac., laddove la cessione sia stata effettuata da una soc. di persone ed il farmacista-socio intenda concorrere per l'assegnazione

La preclusione sancita dall'art. 12, c. 4, l. n. 475/1968, secondo cui "il farmacista che abbia ceduto la propria farmacia….non può concorrere all'assegnazione di un'altra farmacia se non sono trascorsi almeno dieci anni dall'atto del trasferimento", si applica alla partecipazione al concorso pubblico per l'assegnazione di sedi farmaceutiche, laddove la cessione sia stata effettuata da una società di persone titolare di autorizzazione all'esercizio della farmacia ed il farmacista-socio intenda concorrere per l'assegnazione di una sede farmaceutica prima che, dall'evento dismissivo, sia trascorso il previsto decennio.

Materia: servizio farmaceutico / disciplina
Pubblicato il 10/01/2020

N. 00229/2020REG.PROV.COLL.

N. 01867/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1867 del 2019, proposto da
Andrea Marchetto e Maria Cristina Salvi, rappresentati e difesi dagli avvocati Laura Giordani, Fiorenza Scagliotti e Bruno Riccardo Nicoloso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione del Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Chiara Drago, Andrea Manzi, Ezio Zanon e Cristina Zampieri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Manzi in Roma, via Confalonieri n. 5;

nei confronti

Azienda ULSS n. 7 Pedemontana, Comune di Breganze, Ordine dei Farmacisti della Provincia di Vicenza, Farmacia Sartori ai Due Gigli s.n.c., non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) n. 00076/2019, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione del Veneto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2019 il Cons. Ezio Fedullo e uditi per le parti gli Avvocati Laura Giordani, Fiorenza Scagliotti, Bruno Riccardo Nicoloso, Chiara Drago e Andrea Manzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Con la sentenza (in forma semplificata) appellata, il T.A.R. Veneto ha respinto il ricorso proposto dagli odierni appellanti avverso il decreto n. 82 del 13 novembre 2018, con il quale il Direttore della Direzione Farmaceutico-Protesica-Dispositivi Medici della Regione del Veneto ha dichiarato la decadenza della candidatura, presentata in forma associata, dei dottori Andrea Marchetto e Maria Cristina Salvi dai benefici derivanti dal proprio decreto n. 26/2018, ovvero dalla assegnazione della sede farmaceutica n. 3 del Comune di Breganze – Azienda Ulss n. 7 “Pedemontana”, che i medesimi avevano conseguito all’esito del secondo interpello del concorso pubblico regionale straordinario per l’assegnazione delle sedi farmaceutiche di nuova istituzione, indetto in attuazione dell’art. 11, comma 3, d.l. n. 1/2012.

L’impugnato provvedimento decadenziale veniva adottato, in particolare, sul rilievo della accertata carenza, in capo alla dott.ssa Maria Cristina Salvi, del requisito previsto dall’art. 2, punto 6, del bando per l’ammissione al concorso (configurato nel senso di “non aver ceduto la propria farmacia negli ultimi 10 anni”, e che riproduceva, in buona sostanza, la disposizione di cui all’art. 12, comma 4, della legge n. 475 del 2 aprile 1968, a mente del quale, testualmente, “il farmacista che abbia ceduto la propria farmacia….non può concorrere all’assegnazione di un’altra farmacia se non sono trascorsi almeno dieci anni dall’atto del trasferimento”), avendo la Regione riscontrato che la dott.ssa Maria Cristina Salvi era stata socia della s.n.c. “Farmacia Chimica Marchetto Paolo & C.”, la quale nei 10 anni antecedenti la presentazione della domanda di partecipazione al concorso de quo (ovvero, esattamente, in data 6 novembre 2003) aveva ceduto la farmacia ad un soggetto terzo.

Il T.A.R., dichiarata l’infondatezza della censura intesa a lamentare la violazione degli artt. 10 e 10 bis della legge n. 241/1990, formulata dai ricorrenti sulla scorta del dedotto omesso esame delle loro osservazioni procedimentali e respinta sul rilievo che non sarebbe richiesta una analitica contestazione delle medesime osservazioni, essendo sufficiente che il provvedimento amministrativo sia corredato da una motivazione che renda nella sostanza percepibile la ragione del mancato adeguamento dell’azione della P.A. alle deduzioni difensive del privato, perveniva alla conclusione reiettiva anche con riferimento alla censura intesa ad evidenziare che la disposizione citata non potrebbe essere applicata ai soci di società titolare di farmacia che abbia ceduto tale titolarità a un terzo, attesa la distinzione fissata dagli articoli 2266 e 2292 del codice civile tra la soggettività societaria della società di persone, da un lato, e quella dei soci, dall’altro.

Il T.A.R., al fine di motivare la raggiunta conclusione reiettiva, ha attinto sia alle disposizioni contenute nella legge n. 362/1991 (art. 7: la titolarità dell’esercizio della farmacia privata è riservata a persone fisiche, a società di persone ed a società cooperative a responsabilità limitata; art. 7, comma 1, lett. b: la partecipazione a tali società è incompatibile con la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia; art. 8, comma 3: nel caso di sospensione del socio direttore responsabile, la direzione della farmacia gestita da una società viene affidata ad un altro dei soci), sia alla disciplina codicistica (in particolare, alle norme che prevedono la responsabilità illimitata e solidale dei soci delle società di persone per le obbligazioni sociali ed il connesso potere di tutti i soci di amministrare e di concorrere nella direzione dell'impresa sociale), per inferirne, sul piano interpretativo, la conclusione secondo cui “nell’ambito della normativa regolante il riordino del settore farmaceutico non è ravvisabile una discrasia fra la titolarità di farmacie esercitate in forma individuale e quella inerente le farmacie esercitate in forma collettiva, la cui direzione compete ad uno dei soci con possibilità di avvicendamento degli stessi”.

Infine, il T.A.R. ha respinto la censura, formulata in via subordinata dalla parte ricorrente, intesa a dedurre l’illegittimità degli art. 2 e 5 del bando di concorso, nella parte in cui prevedevano come requisito di ammissione al concorso di “non aver ceduto la farmacia negli ultimi 10 anni”.

In proposito, il giudice di primo grado ha rilevato che l’art. 11, comma 4, d.l. n. 1/2012, in attuazione del quale la Regione ha indetto il concorso de quo, prevede una norma di chiusura secondo cui ad esso “si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni vigenti sui concorsi per la copertura delle sedi farmaceutiche di nuova istituzione o vacanti, nonché le disposizioni del presente articolo”: ebbene, ha osservato il T.A.R., la regola generale prevista dall’art. 12, comma 4, l. n. 475/1968, che sancisce il divieto in capo al farmacista che abbia ceduto la propria farmacia di concorrere all’assegnazione di un’altra farmacia prima del decorso di dieci anni dall’atto del trasferimento, è pienamente compatibile con la disciplina inerente all’accesso al concorso dettata dal citato art. 11, comma 4, d.l. n. 1/2012.

Mediante i motivi di appello, la parte appellante deduce, in sintesi, che: 1) sussiste il difetto motivazionale del provvedimento impugnato in primo grado, in relazione all’omessa esplicitazione dei motivi per i quali non sono state ritenute condivisibili le osservazioni procedimentali della parte appellante; 2) ai fini dell’applicazione della disposizione di cui all’art. 12, comma 4, della legge n. 475/1968, ciò che rileva è la titolarità della farmacia, con la conseguenza che se essa è in capo a una società di persone, la preclusione sancita dalla menzionata disposizione non può riguardare i suoi soci (che sono titolari di semplici quote): la cessione di detta titolarità è riferibile, in questo caso, alla società di persone che, se pur non dotata di personalità giuridica, è dotata di una soggettività societaria, ben distinta da quella dei soci; 3) gli articoli 2 e 5 del bando del concorso pubblico straordinario hanno previsto il requisito di ammissione di cui all’articolo 12, comma 4, della legge n. 475/1968, incompatibile con le finalità a cui sono dichiaratamente ispirate le disposizioni di cui alla legge n. 27/2012.

Si è costituita nel giudizio la Regione del Veneto, per opporsi all’accoglimento dell’appello.

Tanto premesso, l’appello non è meritevole di accoglimento.

Si controverte della applicabilità, alla partecipazione al concorso pubblico per l’assegnazione di sedi farmaceutiche, della preclusione sancita dall’art. 12, comma 4, l. n. 475/1968, a mente del quale “il farmacista che abbia ceduto la propria farmacia….non può concorrere all’assegnazione di un’altra farmacia se non sono trascorsi almeno dieci anni dall’atto del trasferimento”, laddove la cessione sia stata effettuata da una società di persone titolare di autorizzazione all’esercizio della farmacia ed il farmacista-socio intenda concorrere per l’assegnazione di una sede farmaceutica prima che, dall’evento dismissivo, sia trascorso il previsto decennio.

Thema decidendi subordinato al primo, nella prospettazione della parte appellante, è quello relativo alla applicabilità della medesima preclusione, ove intesa nel significato ritenuto dall’Amministrazione e posto a base del provvedimento impugnato, al concorso pubblico straordinario, cui specificamente attiene la presente controversia.

Prima di affrontare le questioni controverse, come dianzi delineate, occorre rilevare che la validità del provvedimento impugnato in primo grado non può risentire effetti pregiudizievoli dalla lamentata mancata osservanza delle garanzie partecipative, dedotta dalla parte appellante sub specie di non esaustivo riscontro, nel contesto motivazionale del provvedimento medesimo, delle osservazioni procedimentali da essa formulate.

Deve invero osservarsi che, tenuto conto della attinenza della questioni dedotte in giudizio (e sulle quali si dirà meglio infra) al contenuto vincolato del provvedimento impugnato, non resterebbe che fare applicazione - laddove, come si vedrà, il provvedimento impugnato dovesse risultare immune dai vizi “sostanziali” - della clausola di protezione (del provvedimento dagli effetti vizianti delle inosservanze formali o procedimentali) di cui all’art. 21 octies, comma 2, l. n. 241/1990.

Quanto al nucleo sostanziale della controversia, deve premettersi che la disciplina in tema di esercizi farmaceutici tende, in linea generale, a contemperare due esigenze, non sempre convergenti: quella alla organizzazione e funzionamento del servizio farmaceutico secondo modalità tali da garantire la sua conformazione a standards qualitativi adeguati, tenuto conto delle implicazioni che esso presenta rispetto alla tutela della salute degli utenti, da un lato, e quella dei titolari degli esercizi farmaceutici a perseguire idonei livelli di redditività nell’attività farmaceutica, nell’esercizio del diritto di iniziativa economica di cui essa costituisce espressione, dall’altro.

Anche la disposizione della cui applicazione si discute rispecchia siffatto ordine di valutazioni legislative, emergendo da essa la tensione – che il legislatore ha inteso comporre attraverso la soluzione “compromissoria” del decennio di sterilizzazione delle aspirazioni concorsuali del farmacista cedente – tra l’interesse del titolare dell’esercizio farmaceutico a “monetizzare” la posizione conseguita, senza per questo precludersi successive chances di nuova assegnazione, e quello pubblico a preservare la connotazione pubblica del servizio farmaceutico, depurandolo da (o, comunque, conferendo rilievo secondario a) profili di carattere meramente speculativo e “commerciale”.

Basti considerare, al fine di spiegare la ratio della disposizione, che, ove la preclusione da essa prevista non operasse, la “disponibilità” degli esercizi farmaceutici, nel senso dell’affidamento della relativa titolarità, dipenderebbe in buona parte dai farmacisti stessi, e sarebbe quindi sottratta alla dinamica concorsuale, potendo quelli decidere di cedere la farmacia (e così individuarne il titolare) e liberamente concorrere per una nuova assegnazione.

Ebbene, tanto chiarito quanto alla finalità ultima della disposizione, deve in primo luogo verificarsi se la tesi sostenuta dall’Amministrazione, e posta a fondamento dell’atto impugnato, sia compatibile con i canoni della interpretazione letterale.

Da questo punto di vista, si tratta di verificare se l’applicabilità della citata preclusione alla cessione formalmente effettuata da una società di persone – titolare della relativa farmacia – si ponga al di fuori del perimetro descrittivo della norma ovvero possa rappresentarne una specificazione, non espressamente contemplata dal legislatore ma riconducibile al suo contenuto prescrittivo implicito, tanto più se suffragata da argomenti attinti ai canoni della interpretazione cd. funzionale o teleologica.

Il quesito, ad avviso della Sezione, deve ricevere risposta affermativa.

Deve invero osservarsi, sulla falsariga del ragionamento condotto dal giudice di primo grado, che sia argomenti attinenti alla disciplina civilistica delle società di persone, sia considerazioni più strettamente inerenti alla disciplina pubblicistica dell’attività farmaceutica, inducono a ritenere che la formula preclusiva, incentrata sulla figura del “farmacista che abbia ceduto la propria farmacia”, si attagli anche alla fattispecie oggetto di giudizio.

Iniziando dai primi, non vi è dubbio che l’assenza, nelle società di persone, della personalità giuridica, e quindi di una autonomia patrimoniale “perfetta”, non consenta di prefigurare una netta e rigida separazione tra il patrimonio sociale e quello dei singoli soci: ciò che trova limpida manifestazione nella regola (art. 2291, comma 1, c.c.) secondo cui “nella società in nome collettivo tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali” (salvo, per i soci, il beneficium excussionis ex art. 2304 c.c.).

Ne consegue che tutti gli elementi che compongono il patrimonio sociale, ivi compreso il diritto di esercitare la farmacia ed il compendio aziendale all’uopo destinati, non possono non ritenersi “propri” anche dei singoli soci: i quali, non a caso, detengono uti singuli il potere di decidere della alienazione di quel patrimonio, tanto più se incidente su elementi dello stesso strettamente connessi all’oggetto sociale (e quindi alla sopravvivenza della società).

Invero, l’attribuzione ope legis all’amministratore che ha la rappresentanza della società del (solo) potere di compiere “tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale”, ex art. 2298 c.c., importa che la decisione di effettuare atti di straordinaria amministrazione, non riconducibili ad esso, quale non può non essere considerato il trasferimento della farmacia per la cui gestione la società sia stata costituita, sia imputabile anche ai singoli soci, i quali quindi concorrono con la loro volontà, nelle forme previste, alla relativa cessione.

Infine, non può non richiamarsi quanto affermato dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato, con parere n. 69 del 3 gennaio 2018, laddove ha affermato che “alla responsabilità illimitata e solidale dei soci per le obbligazioni sociali corrisponde l’attribuzione ex lege (artt. 2257 e 2258 c.c.) del potere di amministrazione, che porta a ritenere ciascun socio compartecipe alla titolarità dell’esercizio farmaceutico”.

Spostando il fuoco dell’analisi sulla disciplina del settore farmaceutico, e chiarito che la soggettività giuridica della società di persone non è idonea ad integrare uno schermo impenetrabile tra la società ed i soci, ai fini della imputazione dei relativi rapporti giuridici, assume rilievo decisivo il disposto di cui all’art. 7, comma 2, secondo periodo l. n. 362/1991, nella formulazione vigente prima delle modifiche apportate dall’art. 5 d.l. n. 223 del 4 luglio 2006, ai sensi del quale “sono soci della società farmacisti iscritti all’albo della provincia in cui ha sede la società, in possesso del requisito dell’idoneità previsto dall’articolo 12 della legge 2 aprile 1968, n. 475 e successive modificazioni”.

Premesso che, ai fini della qualificazione dell’atto di cessione posto in essere in data 6 novembre 2003 (e quindi della definizione del ruolo ascrivibile nell’ambito dello stesso alla dott.ssa Salvi, cui la suindicata causa di preclusione è stata opposta dall’Amministrazione), occorre avere riguardo all’epoca in cui la suddetta cessione si è perfezionata, deve osservarsi che la norma citata concorreva a costituire un legame strettissimo tra farmacia gestita dalla società e soci-(necessariamente)farmacisti, a garanzia della corretta gestione del servizio farmaceutico: mentre, quindi, dal punto di vista dell’interesse (pubblico) all’esercizio dell’attività farmaceutica conformemente ai requisiti di sicurezza e qualità che devono caratterizzarla, la partecipazione dei soli farmacisti costituiva lo strumento privilegiato dal legislatore, l’esercizio dell’attività farmaceutica in forma societaria costituiva essenzialmente uno schema di tipo organizzativo, rilevante nei rapporti interni (alla società) ed in quelli con i terzi.

In altre parole, l’attività di distribuzione farmaceutica, pur quando fosse organizzata in forma societaria, continuava a conservare una forte impronta “personalistica”, riflesso della peculiare natura dell’attività esercitata, la quale rinveniva nelle qualità e nei titoli professionali dei soci-farmacisti la garanzia principale del suo corretto svolgimento.

Anche in un’ottica pubblicistica, quindi, il farmacista non dismetteva la sua rilevanza centrale, allorché la farmacia fosse gestita dalla società di cui il medesimo faceva parte: con la conseguenza che la sua posizione non potrebbe non venire in rilievo allorché, almeno con riferimento alle cessioni perfezionate nel vigore della richiamata disciplina, si tratti di verificare la sussistenza della causa preclusiva di cui all’art. 12, comma 4, l. n. 475/1968.

La conclusione esposta, del resto, risponde linearmente, ed a prescindere dalle peculiarità della fattispecie in esame, come dianzi evidenziate, ai canoni della interpretazione funzionale della norma de qua.

Se infatti, come si è detto, scopo del legislatore è quello di evitare che il farmacista, il quale abbia ceduto la propria farmacia, si appropri, attraverso l’assegnazione concorsuale di un nuovo esercizio farmaceutico prima che sia trascorso un decennio dalla cessione, di un doppio vantaggio economicamente valutabile, è evidente che siffatta ratio ricorre anche laddove la cessione sia stata effettuata da una società di persone, anche in quel caso dovendo ritenersi che il socio abbia acquisito i relativi vantaggi: né sussistono ragioni, in quanto attinenti alla peculiarità dei singoli casi, per differenziare la situazione del farmacista individuale, che di quei vantaggi si sia appropriato per intero, da quella della farmacia gestita in forma societaria, in cui i medesimi vantaggi vengono ripartiti tra i soci che compongono l’assetto societario.

Né rileva, in senso contrario, che una società di persone possa essere titolare della gestione di più esercizi farmaceutici (entro il limite di legge), atteso che la norma de qua non è funzionale a garantire il rispetto del limite suindicato, ma ad apprestare uno strumento, di carattere lato sensu sanzionatorio, nei confronti del farmacista che, anche attraverso lo schermo societario, abbia “incamerato” il vantaggio della dismissione, manifestando di far prevalere considerazioni di ordine economicistico su quelle di carattere pubblicistico, cui non è estranea l’esigenza di continuità gestionale del servizio farmaceutico.

Deve solo aggiungersi che le conclusioni esposte non mutano alla luce dei riferimenti normativi operati dalla parte appellante, intesi a sottolineare che, nel corso del processo di riforma che ha interessato la materia, sono stati eliminati i vincoli e le limitazioni concernenti le farmacie gestite in forma societaria, sì da differenziarle, per il profilo di interesse, da quelle gestite in forma individuale: trattasi, invero, di previsioni (come quelle che hanno previsto per le società di persone la possibilità di essere titolari di più farmacie nella stessa provincia, la possibilità, per il farmacista di partecipare a più società, la soppressione dei requisiti soggettivi per la partecipazione alle società titolari di farmacie ecc.) che non incidono in termini risolutivi sulla questione oggetto di giudizio, già per il fatto che esse integrano nova legislativi sopravvenuti alla data di perfezionamento dell’atto di cessione, da cui è scaturita la causa ostativa contestata dall’Amministrazione, quindi non rilevanti ai fini della qualificazione, per i fini de quibus, della cessione medesima, la quale non può che avvenire alla stregua delle disposizioni vigenti alla data della sua realizzazione.

Infine, non può essere accolto il motivo di appello inteso a sostenere che la disposizione di cui all’art. 11, comma 4, l. n. 475/1968 - e quindi la clausola del bando di concorso de quo che la richiama - non sarebbe applicabile alla specifica fattispecie del concorso straordinario.

A prescindere dal fatto che tale censura, siccome intesa a contestare una clausola del bando avente rilevanza “escludente”, avrebbe dovuto essere formulata mediante la sua tempestiva impugnazione, deve osservarsi in primo luogo che l’art. 11, comma 4, secondo periodo d.l. n. 1/2012, in attuazione del quale la Regione ha indetto il concorso in questione, nel prevedere che ad esso “si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni vigenti sui concorsi per la copertura delle sedi farmaceutiche di nuova istituzione o vacanti, nonché le disposizioni del presente articolo”, ricomprende anche la disposizione di cui si tratta, non evincendosi da esso alcun elemento per ritenere che il rinvio, come sostenuto dalla parte appellante, sarebbe limitato alle sole previsioni inerenti al procedimento concorsuale.

Inoltre, dal punto di vista della ratio della previsione, essa appare del tutto compatibile con le finalità del concorso straordinario, anch’esso essendo funzionale alla attribuzione di un vantaggio che, in assenza di quella causa escludente, assumerebbe carattere “duplicativo” rispetto a quello già conseguito dal farmacista cedente.

Deve solo aggiungersi che l’interpretazione recepita con il provvedimento impugnato riceve ulteriore sostegno dal fatto che, come evidenziato dalla difesa regionale, sono stati ammessi al concorso straordinario, ai sensi dell’art. 11, comma 3, del d.l. n. 1/2012, solo i farmacisti non titolari di farmacia e i titolari delle farmacie meno rilevanti economicamente (rurali, soprannumerarie), nonché i soci di queste ultime; con espressa esclusione dalla partecipazione “dei farmacisti titolari, compresi i soci di società titolari” di farmacia diversa da quella rurale sussidiata e da quella soprannumeraria: ciò a dimostrazione del fatto che, ai fini applicativi della disciplina concorsuale, la posizione dei titolari di farmacia è stata espressamente equiparata a quella dei farmacisti-soci di società titolari di farmacia.

L’appello in conclusione, come anticipato, deve essere respinto.

L’originalità dell’oggetto della controversia giustifica infine la compensazione delle spese del giudizio di appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del giudizio di appello compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2019 con l'intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Giulio Veltri, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Stefania Santoleri, Consigliere

Ezio Fedullo, Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Ezio Fedullo Marco Lipari
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO



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