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TAR Campania, Napoli, Sez. VI, 10/12/2019 n. 5837
Sulla legittimità del ricorso all'accesso civico generalizzato nella materia dei contratti pubblici

Non tutta la materia dei contratti pubblici può essere sottratta alla "conoscenza diffusa" di cui al d.lgs. n. 33 del 2013 in quanto materia nella quale è più elevato il rischio corruzione (ricompresa tra le aree più a rischio di cui all'art. 1, comma 16, l. n. 190 del 2012); pertanto, allorquando la gara si è conclusa (e non si ravvisino ragioni di riservatezza in ragione del tipo di appalto o con riguardo ad alcune parti dell'offerta tecnica), l'offerta dell'aggiudicataria, benché proveniente dal privato, rappresenta la "scelta" in concreto operata dall'amministrazione e l'accesso generalizzato costituisce lo strumento da assicurare in generale ai cittadini per conoscere e apprezzare appieno la "bontà" della scelta effettuata inclusi naturalmente e a fortiori i partecipanti alla gara (allorquando non possono più vantare un interesse "qualificato") nonchè i soggetti in senso lato interessati alla gara, che avranno le cognizioni e le competenze per effettuare un vero "controllo" esterno e generalizzato sulle scelte effettuate dall'amministrazione; l'offerta selezionata diventa, così, la "decisione amministrativa" controllabile da parte dei cittadini.

All'accesso civico generalizzato si applicano, in ragione del rinvio operato dall'art. 5 - bis, c. 3, d.lgs. n. 33 del 2013, solo le puntuali limitazioni di cui all'art. 53, d.lgs. n. 50 del 2016 poste a tutela della gara stessa e dei partecipanti (c.d. limiti assoluti) .

Il test del pregiudizio concreto, da applicare per delimitare la conoscenza generalizzata di cui all'art. 5-bis comma 2, d.lgs. n. 33 del 2013, impone che il pregiudizio non deve essere solo affermato, ma anche dimostrato; inoltre, il test del pregiudizio concreto impone che il nesso di causalità che lega questo alla divulgazione deve superare la soglia del "meramente ipotetico" per emergere quale "probabile", sebbene futuro; pertanto, l'Amministrazione, nel rigettare una richiesta di ostensione, deve dimostrare che la stessa pregiudicherebbe l'interesse da tutelare ovvero che ciò sarebbe "molto probabile".


Materia: appalti / disciplina
Pubblicato il 10/12/2019

N. 05837/2019 REG.PROV.COLL.

N. 03035/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3035 del 2019, proposto da
Terzo Millennio S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Daniele Marrama, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, piazza Nicola Amore, 6;

contro

Comune di Aversa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Nerone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Cesario Console N 3;

nei confronti

Publiparking S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;

per l'annullamento

- della nota prot. 2918 – PM del 25.06.2019, con la quale è stata respinta la domanda di accesso civico generalizzato e del parere alla stessa allegato;

e per l’accertamento del diritto dell'odierna ricorrente all'accesso e all'estrazione di copia, ex art. 5 del d. lgs. n. 33/2013, dei verbali e delle giustificazioni della procedura di selezione del contro interessato, nel segmento in cui fanno riferimento alla verifica dell'offerta della Publiparking con specifico riferimento alla corretta indicazione dei soli obblighi tributari.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Aversa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2019 la dott.ssa Anna Corrado e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Espone la ricorrente che nel 2016 il Comune di Aversa ha posto in essere una procedura a evidenza pubblica finalizzata a individuare un operatore economico al quale affidare in gestione il servizio parcheggi su aree comunali a ciò destinate.

La Terzo Millennio S.r.l. venne individuata come aggiudicataria provvisoria e, successivamente, la sua offerta venne scrutinata in relazione al tema della sua congruità.

In sede di verifica della congruità, la società Terzo Millennio venne esclusa dalla procedura poiché nell’offerta economica non erano stati inseriti i costi relativi al pagamento della TARI e della TOSAP sulle aree destinate alla sosta.

Una volta scaduto il contratto derivante dalla precedente gara, precisamente in data 29.08.2018, il Comune di Aversa ha dato avvio a una nuova procedura a evidenza pubblica per la concessione del medesimo servizio.

Chiarisce la ricorrente che, come nella precedente, anche in quest’ultima procedura la lex specialis di gara non forniva alcuna indicazione in ordine alla necessità del pagamento della TARI e della TOSAP, per cui, in ragione di tale mancanza, la stessa indirizzava una richiesta di chiarimento alla stazione appaltante, avente appunto ad oggetto l’obbligatorietà del pagamento della TARI e della TOSAP.

L’Ufficio Tributi dell’Amministrazione resistente, con nota prot. n. 140-AF del 14.09.2018, ha precisato che, anche in questa procedura, le aree oggetto del servizio sarebbero state gravate da TARI e TOSAP.

In particolare, la predetta risposta dettagliava le modalità di calcolo e gli importi dei due tributi dovuti; nello specifico, per la sola TARI era previsto a carico del contraente un onere annuo pari ad € 213.427,06, mentre la TOSAP incideva per € 600.000,00 all’anno.

Alla luce di questo chiarimento, la ricorrente, resasi conto della sostanziale insostenibilità della partecipazione alla procedura, vi ha rinunciato.

Espone, ancora, in ricorso di avere appreso successivamente dalla stampa che la gara in questione sarebbe stata aggiudicata alla Publiparking s.r.l. a seguito di verifica della congruità della relativa offerta.

In ragione di tanto, l’odierna ricorrente, in data 21.05.2019, ha presentato una domanda di accesso civico generalizzato ex art. 5 del d. lgs. n. 33 del 2013, al fine di accedere ai verbali e alle giustificazioni della procedura di selezione del contraente, nel segmento in cui la stessa ha riguardato la verifica dell’offerta di Publiparking s.r.l. con specifico riferimento al riscontro della corretta indicazione da parte dell’aggiudicataria dei soli obblighi tributari.

Espone la ricorrente che la richiesta è stata formalizzata allo scopo di verificare la trasparenza e l’imparzialità dell’azione amministrativa e di controllare l’adempimento degli obblighi tributari del futuro concessionario.

A fronte di tale istanza l’Amministrazione, tenuto conto del parere espresso dall’Ufficio legale interno, ha adottato il provvedimento di rigetto qui impugnato sulla scorta della seguente motivazione: “L’istanza di accesso, come formulata, è rigettata. Ciò in quanto l’accesso agli atti per la fattispecie concreta va ricondotto, ai sensi dell’art. 53, comma 1 del D. Lgs. n. 50/2016, alla previsione della Legge n. 241/1990. Ai sensi di tale norma, l’accesso agli atti non è ammesso per i soggetti non qualificati. A tale categoria va ricondotta Codesta Ditta, atteso che, come nel caso di specie, non ha partecipato alla procedura di gara cui si riferisce l’accesso”.

A sostegno del proposto ricorso la ricorrente deduce: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5, 5-bis e 5-ter del d. lgs. n. 33 del 2013; falsa applicazione degli artt. 22 e ss. l. 241/90; eccesso di potere, contraddittorietà; irragionevolezza assoluta; violazione del principio di trasparenza.

Si è costituito in giudizio il Comune di Aversa affermando la infondatezza del ricorso proposto per i seguenti motivi:

- -l’accesso agli atti nella specie richiesto va ricondotto all’ambito di applicazione dell’art. 53, co. 1 del d. lgs. 50/2016 e alla previsione dell’art. 22 della legge 241/1990, per cui la ricorrente non risulta legittimata all’accesso;

- - parte ricorrente non vanterebbe alcun interesse, attuale e concreto, all’annullamento della procedura ovvero la concreta possibilità di perseguire un bene della vita, in quanto la stessa fa presente che l’unico interesse al ricorso è dettato dall’esigenza di controllare che la Publiparking in futuro paghi i tributi; in ragione di tale prospettazione mancherebbe l’interesse al ricorso, in quanto non viene né descritta né provata l’ eventuale lesione della posizione giuridica della ricorrente;

- - l’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016 deve considerarsi come un caso di esclusione previsto dalla disciplina dell’accesso civico ai sensi del comma 3 dell’art. 5-bis del d. lgs. 33/2013 per cui deve negarsi la possibilità di utilizzo dell’accesso civico generalizzato da parte del concorrente escluso (o del soggetto che non ha partecipato alla gara); in sostanza, l’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016 riconduce espressamente la disciplina applicabile per tutti i documenti (di gara e di esecuzione del contratto), fatte salve le eccezioni contenute nello stesso testo normativo di riferimento, alla disciplina ordinaria in materia di accesso;

- - infine, la fattispecie rientrerebbe nell’ipotesi di esclusione di cui all’art. 5 bis comma 2 lett. c) del d.lgs. n. 33/2013, secondo cui è escluso l’accesso generalizzato se reca pregiudizio concreto agli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.

Alla camera di consiglio del 6 novembre 2019 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1) Prima di esaminare la questione posta con il ricorso, giova preliminarmente richiamare la disciplina in tema di trasparenza in uno con gli orientamenti giurisprudenziali riferiti all’accesso generalizzato nella materia dei contratti pubblici.

2) IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

Come è ben noto, sulla scia dei concetti introdotti dal d.lgs. n. 150 del 2009 in materia di trasparenza e in attuazione della delega recata dall’art. 1, commi 35 e 36 della l. 28 novembre 2012, n. 190, in tema di “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, è stato adottato il d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, come modificato dal d. lgs. 97/2016, che ha operato una importante estensione dei confini della trasparenza.

L’accesso civico generalizzato è stato introdotto in Italia sulla base della delega di cui all’art. 7, comma 1, lett. h) della cd. Legge Madia (legge 124/2015), ad opera dell’art. 6 del d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97 che ha novellato l’art. 5 del decreto trasparenza (d. lg. 33/2013).

Il nuovo accesso civico (generalizzato), quale strumento di trasparenza amministrativa, si affianca alle forme di pubblicazione on line introdotte del 2013 (obblighi di pubblicazione) e all’accesso agli atti amministrativi (accesso documentale) di cui alla legge 241/1990, consentendo, del tutto coerentemente con la ratio che lo ha ispirato (e che lo differenzia dall’accesso “qualificato” previsto dalla legge generale sul procedimento amministrativo) l’accesso alla generalità degli atti, dei documenti e delle informazioni, senza onere di motivazione, a tutti i cittadini singoli e associati, in guisa da far assurgere la trasparenza a condizione indispensabile per favorire il coinvolgimento dei cittadini nella cura della “cosa pubblica”, oltreché mezzo per contrastare ogni ipotesi di corruzione e per garantire l’imparzialità e il buon andamento dell’Amministrazione (cfr. Cons. Stato sez. III, 6 marzo 2019, n. 1546).

3) Con l’accesso civico generalizzato si introduce il diritto della persona a ricercare informazioni, la cui esplicazione consente la partecipazione al dibattito pubblico e la conoscenza di dati pubblici e/o di interesse pubblico e delle decisioni delle amministrazioni al fine di rendere possibile quel controllo “democratico” che l’istituto intendere perseguire.

Le informazioni, i dati e i documenti si configurano, quindi, come il “bene della vita” cui il cittadino aspira, al fine di soddisfare il proprio diritto a conoscere e a “partecipare” al sistema democratico.

4) Il Consiglio di Stato, nell’ambito del parere reso sul citato d.lgs. 97/2016, ha messo in evidenza che «La trasparenza si pone, allora, non solo come forma di prevenzione dei fenomeni corruttivi, ma come strumento ordinario e primario di riavvicinamento del cittadino alla pubblica amministrazione, destinata sempre più ad assumere i contorni di una ‘casa di vetro’, nell’ambito di una visione più ampia dei diritti fondamentali sanciti dall’articolo 2 della Costituzione, che non può prescindere dalla partecipazione ai pubblici poteri. In sostanza, la trasparenza viene a configurarsi, ad un tempo, come un mezzo per porre in essere una azione amministrativa più efficace e conforme ai canoni costituzionali e come un obiettivo a cui tendere, direttamente legato al valore democratico della funzione amministrativa» (Cons. Stato, parere n. 515/2016).

Il diritto di informarsi e di essere informati è alla base della formazione dell’opinione pubblica e di ogni sistema democratico: se si vuole effettivamente garantire la partecipazione pubblica del cittadino, non si può prescindere dalla conoscenza e dalla libertà di accedere alle informazioni pubbliche. La conoscenza dei documenti, dei dati e delle informazioni amministrative consente, in conclusione, la partecipazione alla vita di una comunità, la vicinanza tra governanti e governati, il consapevole processo di responsabilizzazione (accountability) della classe politica e dirigente del Paese.

5) Ancora, in via preliminare, va ricordato che la finalità perseguita dal legislatore, con riferimento alla trasparenza amministrativa, è quella di «promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche» (cfr. art. 1, co. 1, d.lgs. 33/2013) e, più in particolare, con riguardo all’accesso generalizzo, quella di «favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (art. 5, co. 2. d.lgs. 33/2013); le dette finalità rappresentano gli obiettivi che la legge vuole perseguire, essendo l’accesso civico generalizzato solo uno degli strumenti volti a realizzare un ordinamento democratico, a consentire la partecipazione dei cittadini alla vita politico-amministrativa, a comprendere le scelte effettuate dalle amministrazioni, a promuovere il libero formarsi dell’opinione pubblica. Naturalmente queste finalità non possono trasformarsi in “limiti”: l’Amministrazione non potrà negare un accesso generalizzato ritenendo che la conoscenza dei documenti (di interesse pubblico) richiesti non sia utile alle finalità della legge ovvero che l’ostensione richiesta “non risulti finalizzata al controllo diffuso”; così interpretando il dato normativo si corre, infatti, il rischio di introdurre limiti alla libertà di informazione non previsti espressamente dal legislatore.

Il controllo diffuso di cui parla la legge, infatti, non è da riferirsi alla singola domanda di accesso, ma è il risultato complessivo cui “aspira” la riforma sulla trasparenza la quale, ampliando la possibilità di conoscere l’attività amministrativa, favorisce forme diffuse di controllo sul perseguimento dei compiti istituzionali e una maggiore partecipazione dei cittadini ai processi democratici e al dibattito pubblico. Se i dati e i documenti richiesti sono inerenti a scelte amministrative, all’esercizio di funzioni istituzionali, all’organizzazione e alla spesa pubblica, questi potranno essere considerati di “interesse pubblico” e quindi conoscibili, a meno che non si rinvengano concomitanti interessi pubblici e privati prevalenti da salvaguardare.

In definitiva, l’accesso generalizzato deve essere riguardato come estrinsecazione di una libertà e di un bisogno di cittadinanza attiva, i cui relativi limiti sono fissati espressamente dalla legge ed essere di stretta interpretazione.

6) Dal punto di vista procedurale l’art. 5, co. 2 del decreto 33/2013 (che disciplina appunto l’accesso generalizzato) consente ai cittadini di accedere a dati e documenti (detenuti dalle Amministrazioni) “ulteriori” rispetto a quelli oggetto di pubblicazione, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati individuati all’art. 5-bis del decreto.

La disciplina prevista per l’accesso civico generalizzato dispone che questo non sia sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente; l’istanza non deve essere motivata e il richiedente nella sua istanza deve esclusivamente limitarsi a indicare i dati, le informazioni o i documenti che si intendono conoscere.

La regola della generale accessibilità è temperata dalla previsione di eccezioni poste a tutela di interessi pubblici e privati che possono subire un pregiudizio dalla rivelazione generalizzata di talune informazioni, ma che comunque non si trasformano in limiti tout court alla trasparenza amministrativa dovendo essere riguardati anche alla luce dell’interesse alla accessibilità delle informazioni, dei dati e dei documenti richiesti.

Il principio di proporzionalità che regola, infatti, la decisione dell’Amministrazione impone alla stessa di valutare tutti gli interessi coinvolti nell’azione amministrativa, compreso quello del richiedente, al fine di individuare la soluzione che comporti il minor sacrificio per tutti gli interessi in gioco (cfr. questa sezione n. 2486/2016).

7) La disciplina dell’accesso civico generalizzato, avendo l’istituto ambiti di applicazione molto estesi in quanto riferito ai dati, alle informazioni e ai documenti inerenti all’attività e all’organizzazione delle amministrazioni, non poteva non prevedere anche dei limiti, in ragione degli interessi pubblici e privati da salvaguardare; e ciò alla stregua di quanto si rinviene anche nell’ambito della disciplina sull’accesso ai documenti (art. 24, legge 241/1990) e nel decreto sulla trasparenza (d. lgs. 33/2013) in merito agli obblighi di pubblicazione (art. 7 bis, d.lgs. 33/2013).

L’art. 5-bis co. 1 stabilisce i limiti da applicare alle richieste di accesso civico generalizzato, prevedendo che esso deve essere rifiutato se il diniego è necessario per evitare un “pregiudizio concreto” alla tutela di uno dei seguenti interessi pubblici: la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico, la sicurezza nazionale, la difesa e le questioni militari, le relazioni internazionali, la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato, la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento, il regolare svolgimento di attività ispettive.

Ancora, ai sensi dell’art. 5- bis, co. 2, l’accesso generalizzato deve essere negato per evitare un “pregiudizio concreto” alla tutela di uno dei seguenti interessi privati: la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia, la libertà e la segretezza della corrispondenza e gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali.

Accanto a questi, comunemente indicati come limiti “relativi”, vi sono poi i limiti “assoluti” elencati all’art. 5-bis, co. 3 secondo cui “Il diritto di cui all'articolo 5, comma 2, è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990”.

8) L’ACCESSO GENERALIZZATO IN MATERIA DI CONTRATTI PUBBLICI

Tanto premesso, la controversia all’esame del Collegio va esaminata avendo riguardo al quadro normativo e giurisprudenziale riferito all’accesso generalizzato in tema di contratti pubblici, che risulta tutt’altro che lineare. Negli ultimi due anni si sono, infatti, susseguite numerose e non uniformi pronunce del giudice amministrativo, basate ovviamente su diverse interpretazioni delle norme di riferimento, che in qualche modo hanno radicalizzato il “contrasto” che si registra in materia: da una parte, infatti, vi sono pronunce che affermano che anche nella materia dei contratti pubblici, escluse le limitazioni di cui al menzionato art. 5-bis del d. lgs. 33/2013, debba essere garantita la più ampia trasparenza (cfr. TAR Lombardia n. 45/2019, Cons. Stato 3780/2019); dall’altra, si colloca quella giurisprudenza che ritiene applicabile, in questo ambito, la sola regola della conoscenza “qualificata” disciplinata dalla legge 241/1990 e dalla normativa speciale di riferimento di cui all’art. 53 del d. lgs. 50/2016 (cfr. Tar Parma n. 197/2018, Tar Milano n. 630/2019, Cons. Stato 5503/2019).

9) La norma di cui al decreto trasparenza che ha dato luogo al contrasto giurisprudenziale è quella di cui all’art. 5-bis, co. 3 che prevede appunto i c.d. limiti assoluti a conoscere mediante accesso generalizzato. Questa norma, come innanzi ricordato, dispone che l’accesso generalizzato è escluso nei casi “…..in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi ….”.

La disciplina vigente, che nello specifico reca “condizioni, modalità o limiti” e che trova applicazione nel presente contenzioso, è quella speciale prevista dal Codice dei contratti pubblici, vale a dire l’art. 53 del d. lgs. 50/2016, rubricato appunto “Accesso agli atti e riservatezza” il quale dispone che:

“1. Salvo quanto espressamente previsto nel presente codice, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. …...

2. Fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, il diritto di accesso è differito:

a) …..;

b) …..;

c) in relazione alle offerte, fino all'aggiudicazione;

d) in relazione al procedimento di verifica della anomalia dell'offerta, fino all'aggiudicazione.

3. Gli atti di cui al comma 2, fino alla scadenza dei termini ivi previsti, non possono essere comunicati a terzi o resi in qualsiasi altro modo noti.

4. …..

5. Fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione:

a) alle informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali;

b) ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all'applicazione del presente codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici;

c) alle relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell'esecuzione e dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto;

d) alle soluzioni tecniche e ai programmi per elaboratore utilizzati dalla stazione appaltante o dal gestore del sistema informatico per le aste elettroniche, ove coperti da diritti di privativa intellettuale”.

10) Con riguardo all’interpretazione dell’art. 5-bis co. 3 del d. lgs. 33/2013, e cioè se attraverso questo richiamo il legislatore abbia voluto introdurre un limite assoluto a conoscere gli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, si sono registrati due diversi orientamenti culminati in due pronunce del Consiglio di Stato che si sono susseguite negli ultimi mesi.

11) Da una parte si registra un orientamento di maggiore “apertura” verso la conoscenza dei detti atti che si rinviene nella sentenza della III sez., n. 3780 del 5 giugno 2019, la quale, muovendo proprio dall’interpretazione dell’art. 5-bis, co. 3 chiarisce che ”tale ultima prescrizione fa riferimento, nel limitare tale diritto, a “specifiche condizioni, modalità e limiti” non ad intere “materie”. Diversamente interpretando, significherebbe escludere l’intera materia relativa ai contratti pubblici da una disciplina, qual è quella dell’accesso civico generalizzato, che mira a garantire il rispetto di un principio fondamentale, il principio di trasparenza ricavabile direttamente dalla Costituzione. Entrambe le discipline, contenute nel d.lgs. 50/2016 e nel d.lgs. 33/2013, mirano all’attuazione dello stesso, identico principio e non si vedrebbe per quale ragione, la disciplina dell’accesso civico dovrebbe essere esclusa dalla disciplina dei contratti pubblici. D’altro canto, il richiamo contenuto nel primo comma, del citato art. 53 Codice dei contratti, alla disciplina del c.d. accesso “ordinario” di cui agli artt. 22 e ss. della l. 241/90 è spiegabile alla luce del fatto che il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 è anteriore al d.lgs. 25 maggio 2016, n. 67 modificativo del d.lgs. 33/2013…… dal medesimo principio – ricavabile dalla testuale interpretazione dell’art. 5 bis co. 3 d.lgs. n. 33/2013 come novellato – discende la regola, ben chiara ad avviso del Collegio, per cui, ove non si ricada in una “materia” esplicitamente sottratta, possono esservi solo “casi” in cui il legislatore pone specifiche limitazioni, modalità o limiti.

Non ritiene il Collegio che il richiamo, ritenuto decisivo dal primo giudice, all’art. 53 del “Codice dei contratti” nella parte in cui esso rinvia alla disciplina degli artt. 22 e seguenti della l. 241/90, possa condurre alla generale esclusione dell’accesso civico della materia degli appalti pubblici….. Proprio con riferimento alle procedure di appalto, la possibilità di accesso civico, una volta che la gara sia conclusa e viene perciò meno la tutela della “par condicio” dei concorrenti, non risponde soltanto ai canoni generali di “controllo diffuso sul perseguimento dei compiti istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche(art. 5 co. 2 cit. d.lgs. 33).

Vi è infatti, a rafforzare in materia l’ammissibilità dell’accesso civico, una esigenza specifica e più volte riaffermata nell’ordinamento statale ed europeo, e cioè il perseguimento di procedure di appalto trasparenti anche come strumento di prevenzione e contrasto della corruzione….”.

12) Un diverso orientamento si rinviene nella sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 5503 del 2 agosto 2019, la quale - nel negare l’accesso generalizzato agli atti di gara - ha affermato che “La previsione dell’art. 5-bis, comma 3 si distingue da quella dei comma 1 e 2,….perché è disposizione volta a fissare, non i limiti relativi all’accesso generalizzato consentito a “chiunque”, bensì le eccezioni assolute, a fronte delle quali la trasparenza recede. Anche la tecnica redazionale del comma si distingue da quella dei comma precedenti, poiché se è vero che l’art. 5-bis, comma 3, non sottrae al bilanciamento materie direttamente individuate dalla norma medesima (a differenza degli interessi, pubblici e privati, che sono individuati dal primo e dal secondo comma), resta che utilizza l’espressione generica di casi , che fanno eccezione assoluta, in modo da rinviare, per la loro individuazione, ad altre disposizioni di legge, direttamente o indirettamente, richiamate dallo stesso comma 3 (sicché l’ampiezza dell’eccezione dipende dalla portata della normativa cui l’art. 5-bis, comma 3, rinvia). In particolare, sono sottratti al bilanciamento ed esclusi senz’altro dall’accesso generalizzato: i casi di segreto di Stato ed i casi di divieti di accesso o di divulgazione previsti dalla legge, i casi elencati nell’art. 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990 (che, al suo interno, ricomprende intere materie), i casi in cui “l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti”…. la previsione in questione assume significato autonomo e decisivo se riferita alle discipline speciali vigenti in tema di accesso e, per quanto qui rileva, al primo inciso del primo comma dell’art. 53. Ne consegue che il richiamo testuale alla disciplina degli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n. 241 va inteso come rinvio alle condizioni, modalità e limiti fissati dalla normativa in tema di accesso documentale, che devono sussistere ed operare perché possa essere esercitato il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici”.

Nella pronuncia da ultimo richiamata si fa poi riferimento alla circostanza che l’accesso generalizzato non sarebbe stato introdotto, nell’ambito del codice dei contratti pubblici, nemmeno in sede di correttivo di cui al d. lgs. 56/2017, come segno evidente della volontà del legislatore di non consentire l’accesso generalizzato in detta materia; inoltre, la sentenza considera che quelli della procedura di gara sono “atti formati e depositati nell’ambito di procedimenti assoggettati, per intero, ad una disciplina speciale ed a sé stante. Questa disciplina attua specifiche direttive europee di settore che, tra l’altro, si preoccupano già di assicurare la trasparenza e la pubblicità negli affidamenti pubblici, nel rispetto di altri principi di rilevanza euro unitaria, in primo luogo il principio di concorrenza, oltre che di economicità, efficacia ed imparzialità. …..”.

13) Alla luce dei richiamati orientamenti interpretativi, il Collegio ritiene di decidere il presente ricorso aderendo al primo dei due orientamenti riportati, anche in considerazione dell’orientamento già espresso dalla sezione in materia di accesso generalizzato.

14) LA CONTROVERSIA ALL’ATTENZIONE DELLA SEZIONE

Preliminarmente va richiamata l’istanza di accesso generalizzato inoltrata dalla ricorrente, la quale, nell’esercizio del diritto conferito a chiunque dall’art. 5 d. lgs. 33/2013 di controllare l’operato delle amministrazioni e verificare l’uso che le stesse fanno delle risorse pubbliche ha chiesto di accedere “ai verbali e alle giustificazioni della procedura di selezione del contraente nel segmento in cui la stessa ha riguardato la verifica dell’offerta di Publiparking e relativamente al riscontro della corretta indicazione dei soli obblighi tributari (Tosap e Tarsu). Tanto al solo fine di verificare se codesta PA abbia correttamente riscontrato l’adempimento degli obblighi tributari gravanti sul soggetto futuro gestore della concessione ed appurare che l’azione amministrativa dell’organo preposto all’aggiudicazione sia stata effettivamente imparziale ed improntata al canone di trasparenza”.

Il Comune con l’atto impugnato ha ritenuto di negare detto accesso ritenendo che l’istanza di accesso generalizzato proposta dalla ricorrente non potesse trovare accoglimento trattandosi di una ipotesi di accesso assoggettato al rispetto di specifiche “condizioni, modalità o limiti”.

I documenti di cui all’istanza di accesso non sarebbero stati ostesi perché l’istanza rientrerebbe in una ipotesi di esclusione assoluta di cui all’art. 5-bis, co. 3 del decreto trasparenza.

L’Ente, quindi, in applicazione dell’art. 53 co. 1 del codice dei contratti, ha richiesto all’istante la sussistenza del requisito della legittimazione a conoscere a norma della legge 241/1990, non risultando sufficiente il suo interesse finalizzato solo a controllare che la Publiparking in futuro paghi i tributi e quindi verificare l’inclusione degli stessi nell’offerta economica proposta.

L’Ente ha, conseguentemente, nella memoria di costituzione:

- - eccepito, in primo luogo, la carenza di interesse al ricorso della ricorrente in quanto mancherebbe l'interesse ad agire, ovvero la concreta possibilità di conseguire un bene della vita, non avendo partecipato alla gara;

- - chiarito che il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici (nel cui ambito rientra l’istanza della ricorrente) è sottratto all’accesso generalizzato, in quanto resta disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e dall’art. 53, co. 1 del codice dei contratti pubblici.

- - evidenziato che l’istanza della ricorrente non poteva comunque trovare accoglimento in quanto impattante con una ipotesi di esclusione dall’accesso generalizzato disciplinata dall’art. 5-bis comma 2 lett. c) del d.lgs. n. 33/2013, trattandosi di istanza lesiva di “interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica,…..”.

15) Alla luce del quadro normativo, giurisprudenziale e fattuale esposto il Collegio ritiene che il ricorso vada accolto.

16) Preliminarmente, per quanto riguarda la legittimazione e l’interesse a ricorrere della ricorrente, contestato dal Comune e che nella presente fattispecie sussiste pienamente, va richiamato quanto già chiarito dalla sezione con la sentenza n. 4418/2019 relativamente alla legittimazione processuale del quisque de populo.

Va considerato, infatti, che se l’Amministrazione rigetta l’istanza di accesso generalizzato, il soggetto che l’ha proposta, può rivolgersi al giudice amministrativo azionando il rito speciale previsto dal codice del processo amministrativo di cui all’art. 116. Il soggetto istante, in quanto legittimato procedimentale in base alla legge (quale intestatario dell’istanza), è certamente anche legittimato processuale nell’eventuale giudizio che dovesse intentare in caso di istanza rigettata poiché è la norma stessa che gli riconosce tale posizione, mentre non potranno adire il giudice i soggetti che non risultano firmatari dell’istanza di accesso. Se è vero che il legislatore ha caratterizzato l’istituto dell’accesso civico per la più ampia facoltà di esercizio del diritto, la medesima logica ampliativa, infatti, non può essere applicata alle regole che governano la legittimazione ad agire in giudizio, tale da non richiedere alcuna posizione legittimante differenziata anche per il processo, posizione che, come detto, può riconoscersi solo in capo al soggetto che ha proposto l’istanza e l’ha vista rigettata. Il giudice amministrativo ha già, infatti, chiarito sul punto che la tutela giurisdizionale del diritto di accesso c.d. civico non configura un’azione popolare, per cui la legittimazione a ricorrere non spetta al quisque de populo, ma solo a colui che ha avanzato la richiesta di accesso, rimasta priva di riscontro (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. I n. 9076/2017).

17) E’ pacifico, quindi, che se il cittadino propone una istanza di accesso civico e questa è rigettata o non riceve alcun riscontro, costui potrà ottenere tutela davanti al giudice amministrativo. Se in esito ai documenti avuti, invece, dovesse riscontrare una qualche illegittimità nell’esercizio dell’attività amministrativa certamente non potrà adire il giudice amministrativo per il solo ripristino della legalità dell’azione amministrativa, difettando la legittimazione e l’interesse a ricorrere.

18) La disciplina dell’accesso civico con la previsione della legittimazione del “chiunque” a conoscere, non può estendersi, infatti, fino al punto di consentire, nel silenzio della norma, di attivare una sorta di azione popolare “correttiva” in esito all’accesso ottenuto, per cui, ai fini della eventuale impugnativa degli atti adottati dall’Amministrazione e conosciuti in sede di accesso generalizzato la ricorrente potrà agire in giudizio secondo le ordinarie regole processuali e far valere in quella sede la sua legittimazione a ricorrere.

19) Per quanto riguardo il merito della controversia, va, in primo luogo, considerato che alla luce di quanto detto in via introduttiva, la disciplina in tema di accesso ai documenti soggiace a finalità e presupposti diversi da quelli in tema di trasparenza e di accesso generalizzato: il primo è strumentale alla tutela degli interessi individuali di un soggetto che si trova in una posizione differenziata rispetto agli altri cittadini, in ragione della quale ha il diritto di conoscere e di avere copia di un determinato documento amministrativo; il secondo è, invece, azionabile da chiunque, senza la previa dimostrazione della sussistenza di un interesse attuale e concreto, per la tutela di situazioni rilevanti, senza dover motivare la richiesta e con la sola finalità di consentire una pubblicità diffusa e integrale dei dati, dei documenti e delle informazioni che sono considerati come pubblici e, quindi, conoscibili.

20) L’art. 5, co. 2 del decreto 33/2013 consente ai cittadini di accedere a dati e documenti (detenuti dalle amministrazioni) “ulteriori” rispetto a quelli oggetto di pubblicazione, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati individuati all’art. 5-bis del decreto, conoscenza che deve portare a favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico.

21) L’accesso generalizzato è, quindi, strumentale a consentire la partecipazione dei cittadini al dibattito pubblico e finalizzato ad assicurare un diritto a conoscere in piena libertà anche dati “ulteriori” e cioè diversi da quelli pubblicati, naturalmente senza travalicare i limiti previsti dal legislatore e posti a tutela di eventuali interessi pubblici o privati che potrebbero confliggere con la volontà di conoscere espressa dal cittadino.

22) Per facilitare il raggiungimento di tale obiettivo la disciplina prevista per l’accesso civico generalizzato dispone che questo non sia sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente; l’istanza, inoltre, non deve essere motivata, ma deve esclusivamente limitarsi a indicare i dati, le informazioni o i documenti che si intendono conoscere (cfr. questa sezione sentenza n. 2486/2019).

23) Come è evidente, le due discipline sono profondamente diverse non solo nelle finalità, ma anche nei presupposti, ciò comportando che anche l’esito delle rispettive istanze possa essere fisiologicamente diverso soprattutto con riguardo a quanto “profonda e penetrante” potrà essere la conoscenza degli atti che ne deriva.

24) L’accesso documentale si fonda su una prospettazione soggettiva ponendo al centro della disciplina il richiedente con la sua legittimazione, il suo interesse, la sua motivazione, che gli consente un’ampia conoscenza della documentazione amministrativa richiesta fino a giungere a conoscere addirittura i dati riguardanti la salute delle persone (o una offerta tecnica segreta), cioè i dati in assoluto più riservati e protetti (non ostensibili in sede di accesso generalizzato) quando ne sussistono i presupposti (art. 24, co. 7della legge 241/1990, art. 60 del d. lgs. 196/2003, art. 53, co. 6 del d. lgs. 50/2016); in materia di appalti pubblici, la prospettazione soggettiva implica che il partecipante potrà conoscere tutti i documenti di gara, comprese le offerte degli altri concorrenti se ciò gli è utile per tutelare i propri interessi giuridici.

25) L’accesso generalizzato, invece, si fonda su una prospettazione “oggettiva” in quanto la disciplina non richiede all’istante di dimostrare alcuna legittimazione o interesse a conoscere ovvero motivare la sua richiesta. Centrale, nell’ambito dell’accesso generalizzato, diventa allora la considerazione di che cosa si vuole conoscere e di che cosa, di conseguenza, si può conoscere alla luce del dato normativo: se per i documenti richiesti, rappresentanti scelte amministrative o documentazione di interesse pubblico, non sono previste limitazioni necessitate dalla tutela di interessi pubblici o privati concomitanti, questi saranno ostensibili in quanto in sé idonei ad assicurare la trasparenza amministrativa. All’esito di una istanza di accesso generalizzato, il cittadino può ottenere la documentazione, i dati e le informazioni che gli fanno comprendere la scelta amministrativa effettuata e che rappresentano la decisione dell’Amministrazione, con la conseguenza che in linea di massima con l’accesso generalizzato si potrà avere una documentazione che consente una conoscenza meno “profonda” rispetto all’accesso documentale, ma più estesa a tutta l’attività amministrativa e alle decisioni sulla spesa pubblica.

26) Avendo a riferimento la materia dei contratti pubblici, il Collegio è dell’avviso che non tutta la “materia” deve essere sottratta alla “conoscenza diffusa” di cui al d. lgs. 33/2013 e ciò per una considerazione di ordine sistematico e teleologico: se la materia degli appalti pubblici è una di quelle dove è più elevato il rischio corruzione (ricompresa tra le aree più a rischio di cui all’art. 1, co. 16 della legge n. 190/2012) e sulla quale, in misura maggiore, si è appuntata l’attenzione della disciplina anticorruzione (anche nell’ambito dei vari piani nazionali anticorruzione) e dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, sarebbe incomprensibile o, quanto meno, irragionevole che il legislatore abbia voluto sottrarre alla disciplina sulla trasparenza, e quindi all’accesso del quisque de populo, proprio la materia degli appalti.

27) Il Collegio condivide, quindi, le argomentazioni del giudice di appello secondo cui a rafforzare in materia l’ammissibilità dell’accesso civico, vi sarebbe “una esigenza specifica e più volte riaffermata nell’ordinamento statale ed europeo, e cioè il perseguimento di procedure di appalto trasparenti anche come strumento di prevenzione e contrasto della corruzione….”(cfr. Cons. Stato n. 3780/2019).

Inoltre, proprio con riferimento alle procedure di appalti, la possibilità di accesso civico, una volta che la gara sia conclusa e venuta, perciò, meno l’esigenza di tutelare la “par condicio” dei concorrenti, risponde proprio ai canoni generali di “controllo diffuso sul perseguimento dei compiti istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013 (Cfr. Cons. Stato 3780/2019).

28) Non può non considerarsi, poi, che una volta che la gara è conclusa (e non si ravvisino ragioni di riservatezza in ragione del tipo di appalto o con riguardo ad alcune parti dell’offerta tecnica), l’offerta dell’aggiudicataria, benché proveniente dal privato, rappresenta la “scelta” operata dall’amministrazione e l’accesso generalizzato costituisce lo strumento da assicurare in generale ai cittadini per conoscere e apprezzare appieno la “bontà” della scelta effettuata, inclusi naturalmente e a fortiori, i partecipanti alla gara (allorquando non possono più vantare un interesse “qualificato”) e i soggetti latamente interessati alla gara, che avranno le cognizioni e le competenze per effettuare un vero “controllo” esterno e generalizzato sulle scelte effettuate dall’amministrazione. L’offerta selezionata diventa, quindi, la “decisione amministrativa” controllabile da parte dei cittadini.

29) Il “chiunque” potrà, come è evidente, conoscere l’offerta selezionata (premiata con l’aggiudicazione) e l’Amministrazione valuterà se parte di essa debba essere tenuta riservata rinvenendo la concomitante presenza di interessi pubblici o privati da tutelare (da un pregiudizio concreto) in vista dall’ostensione “diffusa”, secondo la previsione dell’art. 5-bis, del d. lgs. 33/2013.

30) Ciò che si applica all’accesso civico generalizzato, con il rinvio operato proprio dal comma 3 di questo ultimo articolo, sono, quindi, le puntuali limitazioni di cui all’art. 53 poste a tutela della gara stessa e dei partecipanti (che rappresentano i limiti assoluti).

Una volta, però, che la gara si è conclusa, l’offerta dell’aggiudicataria potrà essere oggetto di accesso civico generalizzato perché essa rappresenta la “scelta” dell’amministrazione, diventando quell’offerta di interesse generale e appuntandosi su di essa la finalità della disciplina sulla trasparenza.

31) Nella controversia qui rappresentata, ciò che la ricorrente vuole conoscere in concreto è l’offerta economica dell’aggiudicataria e in particolare se è stata in essa ricompreso e considerato il pagamento dei tributi locali. Avuto, quindi, riguardo al contenuto dell’istanza, essa rientra pienamente nell’ambito di applicazione della disciplina sull’accesso generalizzato, atteso che questo è proprio finalizzato a favorire forme diffuse di controllo sull’utilizzo delle risorse pubbliche.

32) Considerata la documentazione richiesta, non si comprende nemmeno come essa possa rientrare nelle limitazioni di cui all’art. 5-bis comma 2, e in particolare in quelle di cui alla lettera c) riferite alla necessità di tutelare “interessi economici, commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali”. Nessuno di questi interessi della società aggiudicataria risulta compromesso con l’istanza di accesso mentre, al contrario, l’acquisizione della documentazione richiesta potrebbe far emergere l’affidabilità economica della stessa per le casse pubbliche.

33) Va, infatti, ricordato che il test del pregiudizio concreto, da applicare per delimitare la conoscenza generalizzata di cui all’art. 5-bis co. 2 del decreto trasparenza, impone che il pregiudizio non deve essere solo affermato ma anche dimostrato. Il test del pregiudizio concreto impone che il nesso di causalità che lega questo alla divulgazione deve superare la soglia del “meramente ipotetico” per emergere quale “probabile”, sebbene futuro; così l’Amministrazione, nel rigettare una richiesta di ostensione, deve dimostrare che la stessa pregiudicherebbe l’interesse da tutelare ovvero che ciò sarebbe “molto probabile”. La stessa Autorità Nazionale Anticorruzione ha chiarito sul punto che l’Amministrazione deve valutare che il pregiudizio conseguente alla disclosure sia un evento altamente probabile e non solo possibile (cfr. Delibera Anac n. 1309/2016).

34) Come chiarito dalla ricorrente, il thema decidendum attiene alla sola parte del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria relativa all’adempimento di obblighi tributari; dare in ostensione la documentazione richiesta consente, anche, all’Amministrazione di ripristinare la “verità dei fatti” e di recuperare quel danno all’immagine e quel calo di fiducia dei cittadini e di credibilità che l’eventuale notizia del “cattivo operato” potrebbe arrecare.

35) Alla luce delle esposte considerazioni il ricorso va accolto e pertanto ordinato alla resistente Amministrazione di consentire il richiesto accesso nel termine di 30 giorni.

Le spese di lite, in ragione della peculiarità della controversia e del contrasto giurisprudenziale esistente, possono essere compensate fra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi di cui in motivazione e per l'effetto, condanna il Comune resistente a consentire alla ricorrente, nel termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza, l'accesso e l'estrazione di copia dei documenti richiesti, previo rimborso del costo di riproduzione e dei diritti di ricerca e visura.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2019 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Passoni, Presidente

Davide Soricelli, Consigliere

Anna Corrado, Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Anna Corrado Paolo Passoni
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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