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Consiglio di Stato - Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, 31/10/2019 n. 2716
Parere sullo schema di regolamento sulle sanzioni in materia di revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati

Materia: finanza pubblica / conti pubblici

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

Adunanza di Sezione del 24 ottobre 2019


NUMERO AFFARE 01277/2019

OGGETTO:

Ministero dell'economia e delle finanze


Schema di “regolamento emanato ai sensi dell’articolo 25, comma 3-bis, e dell’articolo 26-ter del decreto legislativo 27 gennaio 2010 n. 39 e s.m.i., recante attuazione della direttiva 2006/43/CE in materia di revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati”;

LA SEZIONE

Vista la nota n. ACG/4-RGS/9386 del 7 agosto 2019 con la quale il Ministero dell’economia e delle finanze ha chiesto il parere del Consiglio di Stato;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Vincenzo Neri;


PREMESSO E CONSIDERATO

1. La richiesta di parere.

Con nota n. ACG/4-RGS/9386 del 7 agosto 2019 il Ministero dell’economia e delle finanze ha trasmesso lo schema di “regolamento emanato ai sensi dell’articolo 25, comma 3-bis, e dell’articolo 26-ter del decreto legislativo 27 gennaio 2010 n. 39 e s.m.i., recante attuazione della direttiva 2006/43/CE in materia di revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati”.

Nella relazione è riferito che il decreto legislativo 27 gennaio 2010 n. 39, in materia di revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati, ha assegnato al Ministero dell’economia e delle finanze, tra l’altro, le competenze regolamentari relative all’attuazione delle norme primarie.

In particolare, l’articolo 24 del citato decreto definisce le tipologie di sanzioni amministrative che il Ministero può adottare, tenuto conto della gravità delle infrazioni commesse, mentre l’articolo 25 disciplina il procedimento sanzionatorio.

Spiega il Ministero che il comma 3-bis del citato articolo 25 - ai sensi del quale “Il Ministro dell'economia e delle finanze stabilisce con proprio regolamento le fasi e le modalità di svolgimento della procedura sanzionatoria, nel rispetto, tra l'altro, delle garanzie per gli iscritti al Registro” - è stato inserito dal d.lgs. 17 luglio 2016 n. 135, emanato in attuazione della direttiva 2014/56/UE che ha modificato la direttiva 2006/43/CE.

Il Ministero riferisce altresì che il regolamento oggetto di parere è emanato anche in attuazione dell’articolo 26-ter, sulla procedura di ricezione di segnalazioni relative a violazioni riguardanti la disciplina in materia di revisione legale dei conti - anch’esso inserito nel d.lgs. n. 39/2010 dal d.lgs. 17 luglio 2016 n. 135 – che affida al Ministero il compito di stabilire condizioni, limiti e procedure.

Inoltre, il Ministero segnala che, sebbene la procedura di emanazione del regolamento non lo preveda, ha ritenuto comunque opportuno sottoporre lo schema alle valutazioni del Ministero della giustizia – che ha formulato le proprie osservazioni con nota del 28 marzo 2019 - ed alla Consob – che invece ha ritenuto di non esprimersi, considerata la propria incompetenza sull’argomento.

Con parere interlocutorio 2 ottobre 2019, n. 2540, la Sezione ha disposto l’audizione dei rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze, audizione poi effettivamente tenutasi il 24 ottobre 2019.


2. Il principio di legalità.

Come è noto, il procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative è retto dai principi sanciti dalla legge 24 novembre 1981, n. 689 “Modifiche al sistema penale” che, all’articolo 1, rubricato “Principio di legalità”, stabilisce che “Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione.

Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati”.

La Corte di Cassazione ha affermato che alla disposizione dell'art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689, che fissa il principio della riserva di legge nella materia delle sanzioni amministrative, deve essere riconosciuto il rango di "principio generale dell'ordinamento". In particolare, la sentenza 27 gennaio 2005, n. 1696, ha stabilito: “Poiché alla disposizione dettata dall'art. 1 della legge n. 689/1981 deve essere riconosciuto il rango di "principio generale dell'ordinamento" vincolante per l'esercizio della potestà legislativa regionale ai sensi dell'art. 117 Cost., la riserva di legge è applicabile anche in riferimento alle sanzioni previste dalle leggi regionali. Ne consegue che le regioni possono delineare fattispecie sanzionatorie e fissare le relative pene amministrative solo con legge formale e che lo spazio lasciato ai regolamenti deve essere circoscritto entro i limiti derivanti dalla riserva assoluta di legge, nel senso che le disposizioni regolamentari dovranno limitarsi ad enunciazioni di carattere tecnico, o comunque tali da non incidere sulla individuazione del disvalore del fatto e tanto meno sulla determinazione della sanzione. Violano, pertanto, il principio di legalità le disposizioni regionali che demandino a norme regolamentari il compito di definire gli ambiti della fattispecie sanzionata, ovvero di specificare, rispetto a categorie di fattispecie illecite, la misura della sanzione da irrogare” (massima CED 578839 – 01).

Con altra decisione è stato affermato che “il principio della riserva di legge fissato nella materia delle sanzioni amministrative dall'art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689, impedisce che l'illecito amministrativo e la relativa sanzione siano introdotti direttamente da fonti normative secondarie, ma non esclude, tuttavia, che i precetti della legge, sufficientemente individuati, siano eterointegrati da norme regolamentari, in virtù della particolare tecnicità della dimensione in cui le fonti secondarie sono destinate ad operare” (Cassazione civile, sez. II, 26 aprile 2006, n. 9584, massima CED 588723 - 01).

Giova ricordare, inoltre, che il principio di legalità trova oggi riconoscimento sovranazionale anche nell’articolo 7 della CEDU, rubricato “Nulla poena sine lege”, secondo cui: “Nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso”.

Si è discusso a lungo, e tuttora si discute, dell’impatto dell’articolo 7, e più in generale della stessa CEDU, nell’ordinamento italiano e dei confini della “materia penale”. Secondo un consolidato orientamento della Corte europea dei diritti dell'uomo (a partire dalla nota sentenza “Engel e altri c. Paesi Bassi”, 8 giugno 1976), al fine di stabilire la sussistenza di una «accusa in materia penale», occorre tener presente tre criteri (noti come Engel criteria) definiti come alternativi e non cumulativi: 1) la qualificazione giuridica della misura; 2) la natura della misura; 3) la natura e il grado di severità della «sanzione». La differenza tra la concezione interna e quella sovranazionale non è di poco conto; infatti il riconoscimento del carattere penale di una norma sanzionatoria prescinde dal nomen iuris che l’ordinamento nazionale le attribuisce e si concentra sull’effettiva natura della sanzione e sulla sua reale capacità afflittiva. Se, alla luce di tali parametri, alla sanzione viene riconosciuta natura penale – pur non essendo qualificata come tale dall’ordinamento nazionale – dovranno allora estendersi importanti garanzie, prima fra tutte la necessaria soggezione al principio di legalità di cui all'articolo 7 CEDU.

La Corte Costituzionale, con la recente sentenza n. 63 del 2019, superando l’orientamento consolidato della giurisprudenza ordinaria, ha affermato che la garanzia fondamentale della retroattività della norma favorevole – certamente valida nel diritto penale classico – deve essere riconosciuta anche nella materia delle sanzioni amministrative che abbiano natura “punitiva”.

Altra recente pronuncia della Corte costituzionale — dopo aver individuato nell’articolo 23 Cost. il fondamento costituzionale del principio di legalità in materia di sanzioni amministrative (a differenza di quanto avviene nel diritto penale, ove si deve far riferimento all’articolo 25 Cost.) — ha affermato che “ tale principio «per un verso, vuole evitare che, in contrasto con il principio della divisione dei poteri, l’autorità amministrativa o "il giudice assuma[no] un ruolo creativo, individuando, in luogo del legislatore, i confini tra il lecito e l'illecito" (sentenza n. 327 del 2008; sul punto anche ordinanza n. 24 del 2017); per un altro verso, non diversamente dal principio d’irretroattività, intende "garantire la libera autodeterminazione individuale, permettendo al destinatario della norma penale di apprezzare a priori le conseguenze giuridico-penali della propria condotta" (ancora sentenza n. 327 del 2008)» (sentenza n. 121 del 2018). La sentenza da ultimo citata ha, in particolare, rilevato che «il principio di legalità, prevedibilità e accessibilità della condotta sanzionabile e della sanzione aventi carattere punitivo-afflittivo, qualunque sia il nomen ad essa attribuito dall'ordinamento [...] non può, ormai, non considerarsi patrimonio derivato non soltanto dai principi costituzionali, ma anche da quelli del diritto convenzionale e sovranazionale europeo, in base ai quali è illegittimo sanzionare comportamenti posti in essere da soggetti che non siano stati messi in condizione di "conoscere", in tutte le sue dimensioni tipizzate, la illiceità della condotta omissiva o commissiva concretamente realizzata»” (Corte cost. 29 maggio 2019 n. 139).


3. Il quadro giuridico.

Fatte tali premesse, occorre ricostruire il quadro giuridico che viene in rilievo in questa materia.

In primo luogo va ricordato che il decreto legislativo, dopo aver individuato – nel rispetto del principio di legalità prima richiamato – all’articolo 24, comma 1, le sanzioni applicabili, al comma 2 individua esattamente in quali casi il Ministero può irrogare le sanzioni: (a) mancato assolvimento dell'obbligo formativo; b) inosservanza degli obblighi di comunicazione delle informazioni di cui all'articolo 7, nonché dei dati comunque richiesti per la corretta individuazione del revisore legale o della società di revisione legale, degli incarichi da essi svolti e dei relativi ricavi e corrispettivi).

In secondo luogo, l’articolo 21 del d.lgs. 39/10, comma 1, lett. f), dispone che il Ministero dell'economia e delle finanze provvede all'“adozione di provvedimenti sanzionatori nel caso di violazione delle disposizioni del presente decreto, delle disposizioni attuative e dei principi di cui all'articolo 9, 10 e 11”.

In terzo luogo, con riferimento al tirocinio, l’articolo 3, comma 4, ult. periodo, d. lgs. cit., nel disciplinare la relazione di tirocinio stabilisce, che “in caso di dichiarazioni mendaci potranno essere applicate le sanzioni di cui all'articolo 24, a carico del tirocinante e del revisore legale o della società di revisione legale presso cui è stato svolto il tirocinio”.

In quarto luogo, come correttamente ricordato nella relazione al Ministro predisposta dal Ragioniere generale dello Stato, è l’articolo 25, comma 3 bis, che attribuisce al Ministro dell'economia e delle finanze il compito di disciplinare, con proprio regolamento, le fasi e le modalità di svolgimento della procedura sanzionatoria, nel rispetto, tra l'altro, delle garanzie per gli iscritti al Registro. A tale disposizione deve, infine, aggiungersi anche quella contenuta all’articolo 26 ter, comma 2.

Dal quadro normativo ora delineato emerge, in sintesi, che il legislatore:

nel rispetto del principio di legalità prima ricordato, ha individuato i comportamenti illeciti (articoli 3, comma 4, 21, comma 1, lett. f), e 24, comma 2);

sempre nel rispetto del principio di legalità, ha stabilito le sanzioni (articolo 24, comma 1);

nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 17, comma 3, l. 400/1988, ha individuato l’oggetto del regolamento ministeriale (“le fasi e le modalità di svolgimento della procedura sanzionatoria, nel rispetto, tra l'altro, delle garanzie per gli iscritti al Registro”).


4. Osservazioni generali sullo schema di regolamento.

4.1. La Sezione, pur consapevole dell’encomiabile sforzo compiuto dal ministero, non può esimersi dall’osservare che il legislatore ha demandato al ministero il compito di disciplinare con regolamento unicamente “le fasi e le modalità di svolgimento della procedura sanzionatoria, nel rispetto, tra l'altro, delle garanzie per gli iscritti al Registro”. Di conseguenza il regolamento predisposto dal ministero – anche in considerazione di quanto stabilito chiaramente dall’articolo 17, comma 3, l. 400/1988 – deve limitarsi a tali aspetti e non può esorbitare da tale ambito. Per tale ragione il capo IV dello schema di regolamento, nella parte in cui individua i comportamenti costituenti illecito e stabilisce le sanzioni (seppur all’interno del quadro previsto dal legislatore), non trova copertura nella norma di legge.

Giova ricordare, infatti, che l’articolo 17 l. 400/1988 ha attributo solo al Governo il compito di adottare in via generale – e senza necessità di una specifica previsione nella singola legge – regolamenti per disciplinare: a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari; b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale; c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge; d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge.

Per contro, il potere regolamentare dei singoli ministeri è limitato unicamente alle ipotesi in cui la legge espressamente conferisca tale potere (articolo 17, comma 3, l. 400/1988).

Detto in altri termini, quando manca una specifica legge attributiva del potere, la disciplina di rango secondario che voglia eseguire le norme di legge primaria – sempre nel rispetto del principio di legalità prima ricordato – deve necessariamente assumere la forma del regolamento governativo previsto dall’articolo 17, comma 1, l. 400/1998, rispettandone anche limiti e procedure; nel comma da ultimo richiamato vi è infatti un’autorizzazione legislativa generale che esclude la necessità che l'esercizio della relativa potestà da parte del Governo debba essere autorizzato di volta in volta da ogni singola legge.

Il regolamento ministeriale, invece, essendo legato all’espressa attribuzione del potere da parte della singola norma di legge, deve necessariamente limitarsi a disciplinare quanto previsto dal già ricordato articolo 25, comma 3 bis, d. lgs. 39/2010. È noto infatti che, come rilevato dalla dottrina, esigenze di ordine e di razionalità ispirarono la previsione nell'ambito delle norme dell'art. 17 della legge n. 400/1988 della disciplina del potere regolamentare dei Ministri; la scelta compiuta fu però quella di prevedere che i regolamenti ministeriali ed interministeriali possono essere emanati in base ad espressa e specifica autorizzazione legislativa.

In sede di audizione il Ministero ha rilevato che gli articoli 14 e segg. rispondono all’esigenza di tipizzare gli illeciti e di predeterminare l’azione amministrativa. Si tratta di intento, certamente da condividere, che deve però essere realizzato attraverso un regolamento governativo, sempre nel rispetto del principio di legalità prima ricordato.

4.2. Come già indicato nel parere interlocutorio, la Sezione reputa necessaria altresì la revisione del testo del regolamento nella parte in cui si limita a riprodurre la legge o il decreto legislativo (a titolo esemplificativo si consideri l’articolo 1, comma 4, primo periodo, e l’articolo 6, commi 2, 4 e 5), onde evitare che il testo del regolamento rimanga non coordinato con eventuali modifiche successive del testo di legge.

4.3. Sempre in via generale, per il Consiglio è opportuno che l’amministrazione rivaluti tutte le norme che escludono l’audizione personale dell’interessato, attesa la natura afflittiva delle sanzioni che potrebbero essere irrogate. I rappresentanti del ministero hanno rilevato che l’audizione personale renderebbe particolarmente complesso lo svolgimento del procedimento sanzionatorio in considerazione del numero, probabilmente elevato, di infrazioni e di procedimenti che dovranno essere gestiti.

La Sezione è consapevole delle difficoltà ma ritiene tuttavia che, almeno per le infrazioni punite più severamente, debba essere garantita la possibilità di audizione personale, sia perché tale regola è più rispettosa del principio del contraddittorio tra privato e amministrazione sia perché potrebbero derivarne benefici effetti deflattivi del contenzioso.

4.4. Occorre poi rilevare che il testo del regolamento impone un migliore coordinamento con alcune disposizioni della legge 241/1990. A titolo esemplificativo, l’articolo 8, comma 2 (richiamato anche dall’articolo 3, comma 2), dello schema di regolamento richiederebbe il rinvio alle disposizioni sulla sospensione dei termini del procedimento previste dall’articolo 2, comma 7, l. 241/1990; per altro verso, l’articolo 13, commi 1 e 3, del regolamento dovrebbero essere rivisti per renderli compatibili con la disciplina dell’accesso e la giurisprudenza collegata al predetto diritto.


5. Osservazioni sull’articolato.


Articolo 1

Al secondo periodo del secondo comma, dopo il termine "legale" si suggerisce di mettere la virgola, mentre dopo la parola “incarichi” si suggerisce di togliere "di".

Al terzo comma, si suggerisce di sostituire l’espressione “ai sensi dell’articolo 9, 10 e 11” con l’espressione “ai sensi degli articoli 9, 10 e 11”.


Articolo 2

Al secondo comma la Sezione suggerisce di sostituire le espressioni “da un altro atto” con “da altro atto” e “questo atto” con “tale atto”.

Per il Consiglio, quanto stabilito dall’articolo 2, comma 3, deve essere rivisto facendo decorrere il termine di 180 giorni stabilito dall’articolo 3, comma 1, (richiamato proprio dall’articolo 2, comma 3) dalla data di redazione del verbale di accertamento piuttosto che, come ora previsto, dalla data in cui il verbale è protocollato.


Articolo 4

Al terzo comma, si suggerisce di inserire le virgole dopo la parola “può” e dopo la parola “motivo”; inoltre, dopo la locuzione “il differimento” è opportuno eliminare la virgola ed inserire "per".


Articolo 6

In ordine all’articolo 6, la Sezione osserva che è stato omesso di inserire quanto stabilito dall'articolo 24, comma 8, d.lgs. 39/10, ossia che la pubblicazione avviene per un periodo minimo di 5 anni dopo l'esaurimento di tutti i mezzi di impugnazione o la scadenza dei termini previsti.

Inoltre, è stata omessa la previsione che "Il Ministero dell'economia e delle finanze, tenuto conto della natura della violazione e degli interessi coinvolti, può stabilire modalità ulteriori per dare pubblicità al provvedimento".

Si suggerisce altresì di coordinare le previsioni del regolamento in maniera puntuale anche con i commi 5, 6 e 7 dell’art 24 d.lgs. 39/2010.


Articolo 7

La Sezione suggerisce di sostituire, al comma 1, secondo periodo, il termine "determinabili" con "individuabili".


Articolo 9

In via generale la previsione del primo comma sembra superflua ritrovandosi la disciplina già nella legge.

Si suggerisce altresì di eliminare al terzo comma l’espressione “consistenti anche reato”.


Articolo 12

Al comma 1, “sono trasmesse” va sostituito con “è trasmessa”.

Occorre valutare l’opportunità di sopprimere l’articolo 12, comma 3, dello schema del regolamento perché si tratta di disposizioni, per un verso, ridondanti e, per altro verso, non opportune.


Articoli 14-19

Per le ragioni esposte al paragrafo 4.1., il Consiglio si riserva l’esame dell’articolato all’esito delle valutazioni che il Governo e il ministero interessato riterranno di effettuare. A titolo meramente collaborativo e richiamando quanto già affermato al paragrafo 4.3., si rammenta la necessità di rivalutare l’esclusione dell’audizione personale dell’interessato, attesa la natura particolarmente afflittiva delle sanzioni previste (si tratta degli articoli 14, comma 7, 15, comma 7, 16, comma 3, e 17, comma 8).


Articolo 20


L’articolo 20 dello schema di regolamento è superfluo poiché per apportare modifiche ad un precedente decreto ministeriale non è necessario che ciò venga previsto in un atto emanato dalla medesima autorità.

P.Q.M.

Nelle suesposte considerazioni è il parere del Consiglio di Stato.


 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Vincenzo Neri Carmine Volpe
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

Cinzia Giglio


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