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Corte dei conti, sez. giurisd. per la Regione Umbria, 25/9/2019 n. 67
Sugli elementi strutturali dell’illecito contabile

Materia: finanza pubblica / conti pubblici

Sent. n. 67/2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER L’UMBRIA

composta dai seguenti magistrati:

Emma Rosati     Presidente 

Pasquale Fava     Consigliere – relatore

Chiara Vetro     Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio iscritto al numero 12834 del registro di  segreteria proposto dalla Procura regionale contro Omissis, nato a Spello il omissise residente a Foligno  (PG), frazione Sant’Eraclio, via (omissis), elettivamente domiciliato in Foligno,  Corso Cavour n. 68, presso lo studio dell’Avv. Marco Mariani.

Visto l’atto introduttivo del giudizio.

Visti gli altri atti e documenti di causa.

Udito, nella pubblica udienza del 19 giugno 2019, il  Consigliere relatore Pasquale Fava.

Udito, nella medesima udienza, con l’assistenza della  segretaria, dott.ssa Melita Di Iorio, il Sostituto Procuratore  Generale, Dott.ssa Elena Di Gisi e l’Avv. Marco Mariani.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con l’atto di citazione depositato in data 11 gennaio  2019 ed iscritto al numero 12834 del registro di segreteria, la  Procura regionale ha convenuto in giudizio il Dott. Omissis, nato a Spello (PG) il omissis e residente in  Foligno (PG), frazione di Sant’Eraclio, omissis, per sentirlo condannare al pagamento di € 17.683,00 in favore del  Comune di Foligno.

All’esito di trattativa privata, con determinazione  dirigenziale del 6 maggio 2010, n. 676, a firma del Dott.  omissis, la concessione di spazi comunali per la fornitura e  gestione di distributori automatici nelle sedi istituzionali del  Comune di Foligno veniva affidata alla ditta individuale Caffè Point di Pani Mauro di Foligno (contratto con durata triennale e  corrispettivo di € 320,00 annui per ogni area di ristoro).

Il 30 ottobre 2013 il Dott. omissis prorogava il  contratto alle stesse condizioni economiche sino al 31 dicembre  2013.

La Procura ha evidenziato che i distributori della ditta  continuavano ad essere presenti di fatto per gli anni successivi  (2014, 2015, 2016 e 2017) in violazione del divieto di cui all’art.  23 legge 62/2005, anni in cui comunque il Comune di Foligno  continuava ad introitare i corrispettivi per i sette punti di  ristoro in funzione (€ 2.240 annui e per il 2017 € 560). Il 20  ottobre 2017 poi la ditta Caffè Point rimuoveva tutti i  distributori in funzione.

Ciò premesso parte attrice ha contestato al convenuto i  seguenti danni alla finanza pubblica locale:

1) danno € 4.080,00 derivante dal mancato versamento  da parte della ditta dei corrispettivi dovuti per tutti i  distributori installati; secondo parte attrice la ditta ne avrebbe  gestito tre in più in relazione ai quali non avrebbe pagato  all’ente locale il canone dovuto;

2) danno di € 4.853,00 derivante dal mancato  espletamento della gara pubblica dopo la scadenza del  contratto con la ditta (14.7.2013 - prorogata al 31.12.2013);

 secondo la Procura la nuova gara avrebbe consentito  all’Amministrazione comunale di lucrare maggiori entrate  rispetto a quelle di fatto percepite;

3) danno di € 1.250,00 + € 7.500,00 derivante dalla  rimozione dei distributori da parte della ditta intervenuta  nell’ottobre 2017; a dire della Procura regionale la tempestiva  indizione di una gara pubblica avrebbe consentito  all’Amministrazione di introitare risorse dai canoni dovuti dalla  ditta per la occupazione di aree al fine di gestire il servizio di  ristorazione con distributori automatici.

Circa l’obbligo di indire una gara pubblica la Procura  regionale ha invocato la sentenza del TAR Toscana n.  1329/2014, mentre la stima dei danni sub 2 e 3 è stata  effettuata in via equitativa.

2. Il convenuto ha chiesto il rigetto dell’azione.

Con particolare riguardo alla prima contestazione (sub 1)  ha segnalato che il corrispettivo contrattuale è stato sempre  erogato al Comune con regolarità e conformemente alle  previsioni contrattuali le quali consentivano che nelle aree di  ristorazione potessero essere installati due distributori,  essendo il corrispettivo previsto per area di ristoro e non per il  singolo distributore, come emerge peraltro letteralmente dalle  offerte delle ditte partecipanti le quali richiamano il criterio di  gara (“importo annuali […] non inferiore a € 200,00 annuali a  punto di ristoro con doppio distributore”).

In relazione alla contestazione sub 2 ha rappresentato  l’assenza della propria colpa grave (il convenuto è  organo di  vertice dell’ufficio amministrativo – dirigente apicale area  finanziaria – e in tale qualità avrebbe al più dovuto dare seguito  alla proposta dell’ufficio competente, proposta mai pervenuta)  nonché l’erroneità dei criteri di confronto proposti dalla  Procura regionale per la quantificazione del danno (l’utenza  degli edifici scolastici è molto più ampia ed estesa di quella dei  dipendenti comunali; vicino gli uffici del Comune poi esistono  numerosi esercizi commerciali che forniscono beni anche di  qualità migliore: sarebbe pertanto impossibile confrontare le  entrate degli edifici scolastici con quelli degli edifici comunali  atteso che in quest’ultima ipotesi sarebbe del tutto evidente il  numero limitato degli utenti e la peculiarità dell’affidamento  teso a fornire un servizio essenzialmente interno all’ente).

Circa la contestazione sub 3 ha rappresentato il  presupposto erroneo da cui muove la Procura regionale e cioè  quello che alla scadenza del contratto l’ente sarebbe obbligato a  garantire la continuità del servizio anche per il futuro avviando  le relative procedure di affidamento. Non trattandosi di servizio  obbligatorio ex lege, l’ente sarebbe titolare di un’ampia  discrezionalità, insindacabile dal giudice, e il mancato rinnovo  non necessiterebbe peraltro alcuna esplicita motivazione.

Anche qui mancherebbero, secondo il convenuto, gli elementi  soggettivi e oggettivi dell’illecito contabile.

3. Nell’udienza pubblica del 19 giugno 2019 la Procura  regionale ha insistito per l’accoglimento dell’atto di citazione e  parte convenuta ha richiamato le proprie difese.  La causa, in quanto matura, è stata trattenuta in  decisione e decisa in camera di consiglio come da dispositivo  riportato in calce.

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’azione risarcitoria è infondata e deve essere rigettata  (art. 97, 103, 117 e 119 Cost., 81 e 82 r.d. 18 novembre 1923,  n. 2440, art. 52 ss. r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 1 legge 14  gennaio 1994, n. 20 e art. 5 legge 14 gennaio 1994, n. 19; art.  126 -ex art. 104 TCE- Trattato sul funzionamento dell’Unione  europea unitamente al Protocollo n. 12 sui disavanzi pubblici  eccessivi; Regolamenti del Consiglio del 17 giugno 1997, n.  1446 e 1447, ss.mm.; Risoluzione del Consiglio 17 giugno 1997, n. 97/C – c.d. patto di stabilità e crescita comunitario;  Regolamento del Consiglio europeo del 25 giugno 1996, n.  2223/96 – c.d. “sistema SEC 95” – ora sostituito dal  Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 549/2013,  in vigore dal 1° settembre 2014, c.d. sistema “SEC 2010” - sul  conto economico consolidato delle Pubbliche amministrazioni –  art. 1, comma 5, legge 311/2004, legge costituzionale 20 aprile  2012, n. 1 e legge 24 dicembre 2012, n. 243).

Gli elementi strutturali dell’illecito contabile sono stati  definiti dalla oramai univoca e costante giurisprudenza  contabile in termini simili all’illecito civile.

Deve esistere una condotta attiva o omissiva del  convenuto la quale si ponga in rapporto di causa o concausa  rispetto alla produzione del danno contestato dalla Procura  regionale (elementi oggettivi).

L’illecito contabile, nella sua componente oggettiva, per  essere legittimamente imputabile al convenuto deve essergli  riferibile a titolo di dolo o colpa grave, essendo irrilevante la  mera colpa lieve, la quale può produrre conseguenze dal  punto di vista del diritto civile ed amministrativo (e persino di  quello penale ove il reato sia previsto come colposo), ma non  di quello contabile.

Il dolo consiste nella intenzionalità del comportamento  produttivo dell’evento lesivo, vale a dire della consapevole  volontà di arrecare un danno ingiusto all’Amministrazione (C.conti, sez. III, 20 febbraio 2004, n. 1447), mentre la colpa  grave (generalizzata dall’art. 1, comma 1, legge 14 gennaio  1994, n. 20), da accertarsi (ex ante al tempo della condotta e  non ex post) non in termini psicologici bensì normativi,  consiste nell’errore professionale inescusabile dipendente da  una violazione di legge, da intendersi in senso ampio (c.d.  colpa generica), ovvero fondata su imperizia, negligenza e  imprudenza (c.d. colpa generica), dovendo la stessa sempre  essere riferibile ai compiti, mansioni, funzioni e poteri del  convenuto, non potendo, invece, essere dedotta dalla mera  posizione di vertice, a meno che questa non implichi la  necessità di adottare atti specifici puntualmente indicati dalla  Procura regionale (C. conti, sez. riun., 14 settembre 1982, n.  313; sez. riun., 26 maggio 1987, n. 532; sez. riun., 10 giugno  1997, n. 56; sez. riun., 8 maggio 1991, n. 711; sez. riun., 25  luglio 1997, n. 63/A; sez. riun., 20 maggio 1998, n. 22/A; sez.  riun., 21 maggio 1998, n. 23/A).

La Corte costituzionale ha ritenuto legittimo il predetto  art. 1, comma 1, legge 14 gennaio 1994, n. 20: precisando che  la disciplina sostanziale della responsabilità degli  amministratori e dei dipendenti pubblici è rimessa alla  discrezionalità, del legislatore (“Non v’è, infatti, alcun motivo  di dubitare che il legislatore sia arbitro di stabilire non solo  quali comportamenti possano costituire titolo di  responsabilità, ma anche quale grado di colpa sia richiesto ed a quali soggetti la responsabilità sia ascrivibile (sentenza n. 411 del 1988), senza limiti o condizionamenti che non siano  quelli della non irragionevolezza e non arbitrarietà”), la  Consulta ha rigettato la questione di costituzionalità  segnalando che la generalizzazione dell’esonero da colpa lieve  “risponde alla finalità di determinare quanto del rischio  dell’attività debba restare a carico dell’apparato e quanto a  carico del dipendente, nella ricerca di un punto di equilibrio tale  da rendere, per dipendenti ed amministratori pubblici, la  prospettiva della responsabilità ragione di stimolo, e non di  disincentivo” (C. cost., 20 novembre 1998, n. 371). La  posizione del Giudice delle leggi, si è conformata alla  precedente giurisprudenza costituzionale (C. cost., 12 marzo  1975, n. 54 e C. cost., 15 novembre 1988, n. 1032) e contabile  (C. conti, sez. riun., 5 febbraio 1992, n. 744/A, in particolare,  aveva precisato che l’art. 1 legge 31 dicembre 1962, n. 1833,  “ha previsto l’elemento psicologico della colpa grave, ai fini  dell’attribuzione della responsabilità nei loro confronti,  introducendo, quindi, una soglia di punibilità più alta (colpa  grave), rispetto a quella (ordinaria) civile (colpa lieve). E’  evidente che lo scopo della misura legislativa consiste  nell’esigenza di determinare quanto rischio dell’attività debba  restare a carico dell’apparato amministrativo e quanto a carico  del dipendente, nella ricerca di un punto di equilibrio fra gli  interessi pubblici coinvolti, ravvisabili: da un lato, nella tutela    del patrimonio dell’Erario e, dall’altro, nella migliore  organizzazione del servizio, in modo che i dipendenti che  svolgono compiti potenzialmente pericolosi non siano demotivati  dal timore dei possibili rischi economici degli eventuali danni  materiali provocati”), espressa con riguardo alle leggi speciali  che avevano introdotto il criterio dell’imputazione per colpa  grave quale limitazione di responsabilità contabile in relazione  ad attività particolari (per esempio per gli addetti alla  conduzione di veicoli, di navi ed aeromobili, per il personale  delle scuole e gli amministratori delle università).

Il danno alla finanza pubblica costituisce al contempo  elemento strutturale dell’illecito contabile e presupposto della  giurisdizione contabile. L’azione della Procura regionale,  difatti, anche in ragione della necessaria esistenza di una  specifica denuncia di danno (art. 51, comma 1, c.g.c.), deve  presupporre un pregiudizio attuale e concreto, essendo  inammissibile, per carenza di giurisdizione, ogni azione  preventiva e precauzionale finalizzata ad evitare la produzione  del danno finanziario-contabile (C. conti, sez. giur. Campania,  ord. 7 marzo 2016, n. 63, che si conforma alla giurisprudenza  delle Sezioni unite e riunite ivi citata; del resto l’art 52, comma  6, c.g.c. attribuisce all’Amministrazione denunciante il potere  di adottare tutte le misure necessarie ad evitare  l’aggravamento del danno, nel presupposto implicito che il  danno debba poi essere accertato da una sentenza di condanna di questa Corte successiva alla denuncia).

L’onere della prova di tutti gli elementi oggettivi  (condotta, nesso di causalità e danno) e soggettivi (dolo o colpa  grave) è a carico della Procura regionale attrice, mentre i  convenuti sono tenuti ad asseverare le eccezioni sollevate in  base al noto criterio di riparto fissato dall’art. 2697 c.c.,  implicitamente richiamato dall’art. 94 c.g.c. (il quale si  riferisce all’“onere di fornire le prove che siano nella loro  disponibilità concernenti i fatti posti a fondamento delle  domande e delle eccezioni”).

A tal uopo sono utilizzabili tutti i mezzi di prova previsti  dal Codice di procedura civile (ad eccezione dell’interrogatorio  formale strumentale alla confessione giudiziale e del  giuramento – art. 94, comma 4, c.g.c.) e da quello di giustizia  contabile (art. 94-99 c.g.c.) il quale, ribadendo il carattere  essenzialmente documentale del processo dinanzi questa  Corte, considera la fase istruttoria meramente eventuale (l’art.  100 c.g.c. stabilisce che “terminata l’udienza di discussione il  collegio giudicante, in camera di consiglio, pronuncia la  sentenza”).

Il Codice, seguendo le riforme processual civilistiche,  recepisce il principio generale secondo il quale i fatti non  contestati dalle parti costituite non abbisognano di prova (art.  95, comma 1, c.g.c.), mentre tutte le prove sono valutabili dal  giudice secondo il proprio prudente apprezzamento (art. 95,  comma 3, c.g.c.), non essendo ammesse le prove legali (l’art.  94, comma 4, c.g.c.). E’ utilizzabile la prova presuntiva ove i  fatti prospettati per fondare domande ed eccezioni emergano  non direttamente bensì solo indirettamente da fatti secondari  noti, purchè siano soddisfatti i caratteri di gravità, precisione  e concordanza e ferma restando l’inammissibilità della c.d.  “praesumptio de praesumpto” (il Giudice non può valorizzare  una presunzione equiparandola ad un fatto noto, dal quale  desumere presuntivamente un altro fatto ignoto sempre  presunto – Cass. 5045/02, 13458/2013).

Con particolare riguardo alla prova del nesso di causalità  non si applicano i criteri vigenti in diritto penale, bensì quelli  del diritto civile, essendo sufficiente asseverare che la condotta  attiva o omissiva contestata sia più probabilmente che non  causa del danno alla finanza pubblica (Cass., sez. un., sent.,  11 gennaio 2008, n. 581; C. conti, sez. Campania, 14 ottobre  2013, n. 1349), fermo restando il principio della rilevanza  giuridica di tutte le concause a meno che non venga  identificato un fatto sopravvenuto idoneo a recidere il nesso di  causalità (c.d. “causa sopravvenuta ad effetto escludente” – art.  41, comma 2, c.p.).

1.1. Così ricostruito il quadro normativo di riferimento,  venendo alla fattispecie concreta, il Collegio segnala che è  mancata la prova degli elementi costitutivi dell’illecito  contabile contestato (art. 2697 c.c.). 

Con riguardo alle contestazioni sub 2 e 3 deve  evidenziarsi che, al di là della liquidazione equitativa proposta  da parte attrice, deve segnalarsi che il danno non è un  pregiudizio effettivo ed attuale ma meramente ipotetico, futuro  ed eventuale, non addebitabile a colpa grave del convenuto.

Non è possibile con certezza affermare che da una  ipotetica gara pubblica (anche a voler ritenere corretto il  presupposto della prospettazione attorea della obbligatorietà  della gara pubblica – ma qui deve precisarsi che non è stata  indicata la norma specifica di legge che renderebbe doveroso  l’espletamento della gara, né il criterio di aggiudicazione  specifico che l’ente locale avrebbe dovuto applicare,  circostanze rilevanti ai fini della valutazione della colpa grave)  il Comune di Foligno avrebbe ricevuto un introito maggiore di  quello incamerato negli anni 2014, 2015, 2016 e in parte del  2017.

Considerazioni analoghe devono essere effettuate con  riguardo all’ingente danno contestato per omessa percezione  di risorse pubbliche dipendente dalla rimozione dei  distributori automatici intervenuta nel 2017, anche a causa  dello svolgimento delle indagini pubbliche, cosa che  evidentemente ha indotto la ditta a rimuovere i propri  distributori e a sospendere ogni pagamento.

In ogni caso sia per questi danni sub 2 e 3, che per le  poste pregiudizievoli sub 1 non è stato identificato alcun parametro, né elemento da cui inferire l’esistenza di una colpa  grave del convenuto.

Anche se in ipotesi potrebbe addebitarsi lo svolgimento  dei fatti alla colpa lievissima del Dott omissis, manca nel  concreto l’elemento soggettivo che consente di imputare i  pregiudizi prospettati dalla Procura regionale al convenuto.

Del resto dalla stessa sentenza invocata dalla Procura  regionale (TAR Toscana n. 1329/2014) emerge un vivo  dibattito, al tempo dell’azione amministrativa contestata, in  ordine alla qualificazione giuridica corretta della fattispecie  concreta, oscillandosi tra la concessione di beni (in particolare  d’uso di spazi pubblici), la concessione di servizi  (considerando recessiva la locazione d’area rispetto alla  gestione del servizio) e l’appalto di servizi (dove manca il  rischio a carico del gestore che caratterizza la fattispecie della  concessione), circostanza che può avere chiaramente  condizionato le scelte discrezionali del convenuto.

A ciò si aggiunga, con specifico riferimento alla  contestazione sub 1, che il convenuto ha dimostrato che gli  atti di gara ammettevano che il concessionario potesse inserire  due distributori per area di ristoro (circostanza che rileva  anche con riguardo alla prospettazione della liquidazione sub  2), mentre in relazione alla contestazione sub 3 è corretto  quanto rappresentato dal convenuto e cioè che alla scadenza  non esiste alcun obbligo di continuità della concessione delle aree per la gestione de servizio di distribuzione di bevande e  generi alimentari.

In chiusura non può non ricordarsi, peraltro, che il  danno erariale costituisce nel contempo elemento costitutivo  dell’illecito contabile e presupposto della giurisdizione della  Corte dei conti, non sussistendo alcuna giurisdizione  contabile con riguardo a danni ipotetici, eventuali e futuri non  spettando a questa Corte alcuna funzione di prevenzione, né  deterrente.

1.2. Per le ragioni sovra evidenziate l’azione risarcitoria  deve quindi essere respinta per carenza di prova in ordine agli  elementi costitutivi della pretesa (art. 2697 c.c.).

2. Spese, diritti ed onorari seguono la soccombenza  (art. 31, commi 1 e 2, c.g.c.) e, in mancanza di nota spese ex  art. 75 disp. att. c.p.c., tenendo conto dei criteri orientativi di  cui al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, recante “Regolamento  recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei  compensi per la professione forense, ai sensi dell’articolo 13,  comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247”, ed in  particolare della Tabella 11 relativa ai “Giudizi innanzi alla  Corte dei conti”, possono essere liquidati in favore del  convenuto in 1.000,00, con ulteriore aggiunta delle spese  generali (pari al 5%), nonchè di IVA e CPA. Il tutto a carico  dell’Amministrazione di appartenenza.

 

P.Q.M.

La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione  Umbria, rigetta l’azione risarcitoria in epigrafe e liquida, in  favore del Dott.  omissis la somma di € 1.000,00  (euro mille/00), oltre 5% per spese generali, nonché IVA e  CPA.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del 19 giugno 2019.

 

     Il Consigliere Estensore                   Il Presidente

  f.to Pasquale Fava    f.to Emma Rosati

Depositata in segreteria in data 25 settembre 2019.

 

        Il Direttore della Segreteria

          f.to Melita Di Iorio

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