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ANAC, 12/6/2019 n. 450
Sul potere di accertamento dell'ANAC sulle ipotesi di inconferibilità ed incompatibilità disciplinate dal d.lgs. 39/2013.

L'ANAC ha uno specifico potere di controllo e di accertamento sulle ipotesi di inconferibilità ed incompatibilità disciplinate dal d.lgs. 39/2013 ed, in generale, sulla corretta applicazione della suddetta normativa. In particolare, l'art. 16, c. 1 del d.lgs. 39/2013 individua nell'ANAC l'Autorità competente a vigilare "sul rispetto, da parte delle amministrazioni pubbliche, degli enti pubblici e degli enti di diritto privato in controllo pubblico, delle disposizioni di cui al presente decreto, anche con l'esercizio di poteri ispettivi e di accertamento di singole fattispecie di conferimento degli incarichi". Recentemente il suddetto potere è stato oggetto di una sentenza del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato n. 126/2018), il quale ne ha escluso la natura meramente ricognitiva, affermandone il carattere costitutivo-provvedimentale. Più precisamente, il potere di accertamento attribuito all'ANAC dall'art. 16, c. 1, d.lgs. 39/2013, si sostanzia in un provvedimento di accertamento costitutivo di effetti giuridici e come tale impugnabile davanti al giudice amministrativo, potere in cui è compresa la potestà di dichiarare la eventuale nullità dell'incarico.

Materia: pubblica amministrazione / lavoro

Delibera numero 450 del 12 giugno 2019

relativa all’accertamento di una situazione di inconferibilità co riguardo al Presidente del CdA dell’Istituzione di Pubblica Assistenza e Beneficenza (IPAB) omissis nonché di una fattispecie di incompatibilità in riferimento al Vicepresidente della medesima IPAB. Fascicolo UVIF n. 380/2019

Delibera n. 450 dell’8 maggio 2019

relativa all’accertamento di una situazione di inconferibilità co riguardo al Presidente del CdA dell’Istituzione di Pubblica Assistenza e Beneficenza (IPAB) omissis nonché di una fattispecie di incompatibilità in riferimento al Vicepresidente della medesima IPAB. 
Fascicolo UVIF n. 380/2019

Il Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione

nell’adunanza dell’8 maggio 2019;

visto l’articolo 1, comma 3, della legge 6 novembre 2012, n. 190, secondo cui l’Autorità Nazionale Anticorruzione esercita poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni e ordina l’adozione di atti o provvedimenti richiesti dal piano nazionale anticorruzione e dai piani di prevenzione della corruzione delle singole amministrazioni e dalle regole sulla trasparenza dell’attività amministrativa previste dalla normativa vigente, ovvero la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza;

visto l’art. 16 del d.lgs. 8 aprile 2013 n. 39, secondo cui l’Autorità Nazionale Anticorruzione vigila sul rispetto, da parte delle amministrazioni pubbliche, degli enti pubblici e degli enti di diritto privato in controllo pubblico, delle disposizioni di cui al citato decreto, in tema di inconferibilità e di incompatibilità degli incarichi, anche con l’esercizio di poteri ispettivi e di accertamento di singole fattispecie di conferimento degli incarichi;

vista la relazione dell’Ufficio Vigilanza sull’imparzialità dei funzionari pubblici (UVIF).

In fatto.

Quest’Autorità ha acquisito dalla Prefettura di omissis la richiesta di verifica, indirizzata per competenza al RPCT del Comune di omissis, concernente presunte situazioni di inconferibilità e incompatibilità di alcuni membri del CdA dell’IPAB omissis. 

Dalla documentazione pervenuta sono emerse le seguenti circostanze: 
- in data 3.07.2018 con decreto del Sindaco di omissis n. omisiss sono stati nominati i membri del CdA dell’I.P.A.B. omissis, su richiesta della Direzione generale per le Politiche sociali e socio sanitarie della Regione omissis, a seguito delle dimissioni dei precedenti componenti; 
- in data 13.07.2018 la medesima direzione regionale, con decreto dirigenziale n. omissis, preso atto del decreto sindacale recante le nomine ed acquisendo le dichiarazioni rilasciate da ciascun componente sull'insussistenza di cause di inconferibilità o incompatibilità ex art. 20 del d.lgs 39/2013, ha ricostituito il CdA dell’IPAB omissis; 
- in data 23.07.2018 con verbale n. omissis del medesimo CdA sono stati conferiti l’incarico di Presidente all’Avv. omissis e quello di Vicepresidente all’Arch. omissis, entrambi componenti l’organo di amministrazione. 

In particolare: 

1. con riguardo alla nomina dell'Avv. omissis a Presidente dell'IPAB di omissis è stata segnalata una presunta inconferibilità ex art. 7 del d.lgs 39/2013, dovuta alla carica di Consigliere presso il Comune di omissis rivestita dall’interessata fino al 10.06.2018; 
2. in riferimento alla designazione dell'Arch. omissis a Vicepresidente dell'IPAB di omissis è stata evidenziata una presunta incompatibilità ex art. 9 del d.lgs 39/2013 derivante dalla titolarità di alcune cariche che l'interessato ricopre presso il Comune di omissis, specificamente:

a) dal 20.07.2018 Presidente della Commissione comunale per la prevenzione del rischio sismico, giusta nomina avvenuta con decreto sindacale n. omissis 2018; 

b) incarico di progettazione, direzione lavori e coordinamento sicurezza per l’intervento di manutenzione straordinaria della Cappella omissis, commissionato tramite affidamento diretto in data 4.10.2018, con determinazione n. omissis 2018 del Responsabile del Settore Lavori Pubblici, Ing. omissis. 

Il RPCT del Comune di omissis, Dott.ssa omissis, sollecitata alle verifiche del caso, ha sottolineato che: 

- gli incarichi rivestiti dagli interessati presso il CdA dell’IPAB in questione sono svolti a titolo gratuito; 
- l’IPAB di cui trattasi non ha dipendenti; 
- che la stessa istituzione pubblica è sottoposta al controllo regionale; 
- che è in corso una procedura per la sua estinzione; 
- che l’IPAB de quo non svolge alcuna attività per conto del Comune di omissis, né viene finanziato dall’ente locale. 

Con nota prot. n. 14674 del 21.02.2019, previa valutazione della questione da parte del Consiglio dell’Autorità nell’adunanza del 30.01.2019, l’A.N.AC. comunicava al Sindaco del Comune di omissis, al RPCT del medesimo ente, nonché al CdA dell’IPAB omissis, l’avvio di un procedimento di vigilanza avente ad oggetto le presunte ipotesi di violazione del d.lgs n. 39/2013, sopra riportate. 

In data 11.03.2019 perveniva all’Autorità la nota prot. n. 19919 con cui gli interessati hanno sottolineato che le omissis di omissis sono un’IPAB in fase di pre – estinzione, assoggettate al controllo della Regione omissis e dunque da intendersi come un ente pubblico di livello regionale. In particolare, gli interessati hanno evidenziato che l’attività dell’ente di cui trattasi “è pressoché nulla, essendo ogni atto sottoposto alla preventiva approvazione da parte della Regione omissis non essendovi sostanzialmente piena facoltà di autodeterminazione”. In riferimento all’attribuzione degli incarichi di Presidente e Vicepresidente, è stato osservato che “sebbene vi sia (…) un organo deputato alla nomina del CdA, (…) l’effettivo conferimento dello status di componente dell’organo amministrativo dell’IPAB e la conseguente costituzione del CdA avviene (…) con il decreto di nomina dirigenziale – da parte dell’amministrazione regionale – che ratifica la proposta di nomina indicata nel decreto sindacale”. Conseguentemente secondo gli interessati risulterebbe esclusa nel caso concreto tanto la fattispecie di inconferibilità ex art. 7 quanto l’ipotesi di incompatibilità ex art. 9 del d.lgs. n. 39/2013. Infine risulta pervenuta all’Autorità in data 6 maggio 2019, con nota prot. 35858, un’ulteriore memoria difensiva da parte dell’Avv. omissis. In particolare l’interessata ha chiesto l’immediata archiviazione del procedimento, osservando che l’ente omissis non possa essere qualificato come un ente pubblico di livello comunale, fermo che “il Comune di omissis non esercita sull’IPAB alcun potere di ingerenza (…) non ha poteri di ispezione e di indirizzo gestionale, non lo finanzia (…), non ne controlla il bilancio che viene inviato e sottoposto alla Regione omissis (…)”, cui spetta la vigilanza ed il controllo. 

In diritto.

Posizione dell’Avv. omissis

1. Applicabilità dell’ipotesi di inconferibilità di cui all’art. 7 c. 2 lett. c) del d.lgs 39/2013. 


La fattispecie segnalata concerne l’ipotesi di inconferibilità prevista dall’art. 7, comma 2, lett. c) del d.lgs. n. 39/2013, che prevede: “A coloro che nei due anni precedenti siano stati componenti della giunta o del consiglio della provincia, del comune o della forma associativa tra comuni che conferisce l'incarico, ovvero a coloro che nell'anno precedente abbiano fatto parte della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, nella stessa regione dell'amministrazione locale che conferisce l'incarico, nonché a coloro che siano stati presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte di province, comuni e loro forme associative della stessa regione, non possono essere conferiti: c) gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello provinciale o comunale;”.

Nel caso di specie, rilevata la sussistenza del requisito relativo alla carica in provenienza, stante l’investitura di consigliere comunale rivestita dall’Avv. omissis fino a giugno 2018, è necessario verificare: 

- l’annoverabilità dell’ente omissis nella definizione di ente pubblico ai sensi dell’art.1, co.2., lett. b) del d.lgs. n. 39/2013 di livello comunale;
- la sussistenza nel caso in esame della carica in destinazione di amministratore del suddetto ente. 

1.a) L’ente omissis quale ente pubblico ai sensi dell’art.1, co.2., lett. b) del d.lgs. n. 39/2013 di livello comunale.

Ai sensi dell’art. 1 c.2 lett. b) del d.lgs n. 39/2013 per enti pubblici si intendono gli “enti di diritto pubblico non territoriali nazionali, regionali o locali, comunque denominati, istituiti, vigilati, finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l’incarico, ovvero i cui amministratori siano da questa nominati”. 

Storicamente le IPAB sono state istituite con la legge 17 luglio 1890, n. 6972 - cosiddetta Legge Crispi - che assoggettò le opere pie e gli enti morali con finalità di pubblica assistenza all’attività di vigilanza dello Stato. La competenza in materia venne poi trasferita alle Regioni, in virtù del DPR 15 gennaio 1972, n. 9, recante “Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di beneficenza pubblica e del relativo personale”.Successivamente la disciplina risalente alla Legge Crispi è stata abrogata con il d.lgs n. 207/2001, recante “Riordino del sistema delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, a norma dell'articolo 10 della legge 8 novembre 2000, n. 328”, a sua volta “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, attualmente vigente. 

Con riguardo alla fattispecie prospettata, l’art. 1 dello Statuto prevede: “L’istituzione omissis è persona giuridica pubblica già eretta in Ente Morale con R.D. omissis e costituita dalla fusione delle ex IPAB di omissis (…). Detti enti già derivavano a loro volta dalla trasformazione - concentrazione di Enti minori ex DPR n. 534 del 14.04.56”. Dunque, l’IPAB in questione costituisce un ente di pubblica assistenza, derivante dall’accorpamento delle istituzioni aventi sede nel comune di omissis, assoggettato alla Legge regionale della omissis n. omissis, “Legge per la dignità e la cittadinanza sociale. Attuazione della Legge 8 novembre 2000, n. 328”. L’art. 3 della suddetta legge regionale stabilisce: “La Regione e gli enti locali garantiscono l’esigibilità del diritto alle prestazioni che costituiscono i livelli essenziali di assistenza”. Il successivo articolo 8 prevede: “La Regione esercita con il concorso degli enti locali e delle formazioni sociali le funzioni di programmazione, indirizzo e coordinamento degli interventi sociali e ne disciplina l’integrazione con gli interventi in materia di sanità, istruzione, cultura e lavoro nonché con le attività di valorizzazione e sviluppo del territorio e con quelle rivolte a garantire la sicurezza dei cittadini.”. Inoltre, con riguardo al sistemaomissis, il Regolamento n. omissis, recante “Riordino delle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza. Disciplina delle Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona” (APS), stabilisce le modalità operative per la trasformazione delle IPAB presenti nel territorio in aziende, processo la cui competenza spetta all’amministrazione regionale, cui compete il controllo esterno sulle APS (art. 41). 

Ciò detto, occorre richiamare un risalente orientamento di questa Autorità - n. 88 del 07 ottobre 2014 in materia di anticorruzione -, secondo cui “le Istituzione Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (IPAB), ancora non trasformate, ai sensi del d.lgs. n. 207/2001, in Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona (A.S.P.) o in persone giuridiche di diritto privato (associazioni o fondazioni), che perseguono scopi di utilità sociale, sono da ricomprendersi nella categoria degli enti pubblici non economici di livello regionale, ai fini dell’applicazione della l. n. 190/2012 e dei decreti attuativi, tenuto conto che hanno personalità giuridica di diritto pubblico, svolgono funzioni amministrative e che sono riconosciuti ad amministrazioni pubbliche poteri di nomina dei componenti degli organi di cui sono composte. La suddetta previsione si applica anche con riferimento alle A.S.P., nei casi in cui mantengano la personalità giuridica di diritto pubblico. (…)”. 

Il suddetto orientamento merita, tuttavia, di essere riconsiderato in quanto incentrato prevalentemente sulle competenze di natura regolatoria attribuite all’ente regionale. Nell’analisi dell’inquadramento giuridico delle IPAB meritano una più approfondita riflessione anche gli elementi relativi al concreto ambito di intervento dell’attività del singolo ente ed alla titolarità del potere di nomina dei relativi organi gestionali.
Nel caso di specie se, da un lato, appare indubbia la riconducibilità dell’IPAB in questione nella definizione di ente pubblico ex art. 1 c.2 lett. b) del d.lgs n. 39/2013 sopra riportata, dall’altro, risulta necessario verificare l’ambito territoriale di riferimento, al fine di appurare la sussumibilità della fattispecie concreta nell’ambito dell’ipotesi di inconferibilità di cui all’art. 7 co. 2 lett. c) del suddetto decreto, prevista in riferimento agli enti pubblici provinciali o comunali. Al riguardo non appare sufficiente la circostanza evidenziata dagli interessati che alla Regione omissis spettano le funzioni di controllo in materia, sopra illustrate. Né si ritengono dirimenti le osservazioni contenute nella memoria difensiva acquisita in data 6 maggio 2019, che non modifica il tenore della questione. 

In via generale, la preclusione ex art. 7 del d.lgs n. 39/2013, rubricata “Inconferibilità di incarichi a componenti di organo politico di livello regionale e locale”, prevede al primo comma le cause di inconferibilità con riguardo a coloro che antecedentemente all’incarico siano stati componenti di un organo politico di livello regionale, mentre al secondo comma disciplina le medesime ragioni di inconferibilità in riferimento all’ambito territoriale provinciale o comunale. 

Inoltre, sul punto la recente giurisprudenza amministrativa, richiamando la ratio della norma “(...)di evitare che gli incarichi siano attribuiti in occasione di un mandato politico piuttosto che su criteri di merito e di professionalità”, ha chiarito che per stabilire l'applicabilità“(...) dei periodi di attesa tra la fine della carica politica e la possibilità di assumere incarichi (…)” occorre attribuire “(…) rilevanza alla relazione tra l’ente al quale la nomina è riferibile e quello nel quale il nominando abbia rivestito la carica politica” (v. Sentenza n. 1160/2018 Sez. I Lecce TAR Puglia). 

Dunque, atteso che in provenienza il soggetto designato ha rivestito una carica politica di livello locale, occorre verificare l’elemento sostanziale inerente l’ambito dell’attività svolta dall’IPAB. In merito, lo Statuto dell’IPAB di omissis stabilisce che: “L’Ente persegue, con esclusione di ogni scopo di lucro, le (…) finalità di superamento del disagio sociale, beneficenza, istruzione, accoglienza attraverso forme istituzionali di assistenza nell’ambito territoriale del Comune di omissis (…). Tale attività (…) potrà estrinsecarsi (…) provvedendo ad ogni altra utile forma di assistenza e di beneficenza sul territorio comunale in favore di casi di comprovato bisogno e disagio” (art. 3). 

Occorre, altresì, verificare l’ulteriore elemento relativo al livello dell’amministrazione pubblica cui è possibile ricondurre le nomine dell’ente de quo (punto 2), nel senso chiarito dalla giurisprudenza sopra riportata. In merito, lo Statuto prevede: “Sono organi dell’Ente: il Consiglio di Amministrazione, il Presidente ed il Revisore dei conti (…). Il Consiglio di Amministrazione (…) è composto da cinque membri effettivi nominati dal Sindaco p.t. del Comune di omissis (…)”, cui spetta anche la designazione dei sostituti”(artt. 6 e 7 ). Al riguardo la considerazione evidenziata dagli interessati relativa alla ratifica da parte dell'amministrazione regionale delle nomine non appare supportata da alcuna disposizione né dallo Statuto dell’ente, in base al quale la composizione del CdA è definita all’atto della nomina da parte del Sindaco del Comune di omissis. 

Infine va rilevato che in base alle medesime disposizioni statutarie, anche l’organo interno di controllo, cui spettano le funzioni di vigilanza sulla regolarità contabile finanziaria ed economica, appare di livello locale laddove è espressamente stabilito che lo stesso, benché eventuale, è “(...) appartenente al Comune di omissis” (art. 12). 

Alla luce delle suddette considerazioni, l’ente omissis risulta un ente pubblico di livello comunale. In merito il decreto dirigenziale n. omissis del 13 luglio 2018 della Direzione generale per le Politiche sociali e sociosanitarie della regione omissis, recante la ricostituzione del CdA dell’IPAB de quo, in carica per cinque anni a decorrere dal medesimo decreto, conferma da un lato che “la nomina dei membri dei consigli di amministrazione delle IPAB è prerogativa dei soggetti a tanto deputati dallo Statuto delle singole istituzioni”; dall’altro che la mission dell’ente “si esaurisce nell’ambito del territorio del Comune di omissis”. 

Tanto premesso si ritiene applicabile al caso concreto la fattispecie di inconferibilità di cui all’art. 7 co. 2 lett. c) del d.lgs n. 39/2013 sopra riportata. 

Al riguardo il RPCT del Comune di omissis, Dott.ssa omissis, ha sottolineato che l’IPAB in questione non ha dipendenti ed è in fieri la procedura regionale per la sua estinzione. Tuttavia la recente ricostituzione dell’organo amministrativo testimonia la volontà di un’attività gestoria, anche solo propedeutica alla procedura di estinzione. Resta fermo che l’inconferibilità si verifica nel momento stesso in cui viene conferito l’incarico in violazione della disposizione contenuta nel d.lgs. n. 39/2013, con conseguente nullità dell’incarico conferito ed applicazione delle sanzioni ai sensi del suddetto decreto ( artt. 17 e 18 ). 

1.b) Sull’incarico di Presidente dell’ente omissis quale incarico di amministratore di ente pubblico ai sensi dell’art. 1 c. 2 lett. l) del d.lgs 39/2013. Sussistenza.

Ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. l), d.lgs. 39/2013, per amministratore di ente pubblico si considerano “gli incarichi di Presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato e assimilabili, di altro organo di indirizzo delle attività dell’ente, comunque denominato”.

Nel caso di specie l’Avv. omissis risulta titolare dell’incarico di Presidente dell’ente omissis, carica conferita con verbale n. omissis del 23.07.2018 del CdA dell’IPAB in questione.

Ebbene, con riguardo alla gestione dell’ente, l’art. 9 dello Statuto stabilisce che il CdA è “l’organo di governo dell’Ente, del quale definisce gli obiettivi, gli indirizzi e la gestione patrimoniale (…)”. Lo stesso collegio delibera, tra l’altro:
- gli impegni e la liquidazione delle spese di gestione”;
- le alienazioni, gli acquisiti, l’accettazione delle donazioni e dei legati; 
- tutte le altre attività. 
Al Presidente, “organo propulsivo di tutta l’attività dell’Ente”, il cui voto prevale nell’ambito del collegio suddetto (art. 10), spetta in particolare (art. 11): 
- la rappresentanza legale dell’ente;
- di sovraintendere al corretto funzionamento dell’IPAB; 
- la sottoscrizione degli atti; 
- l’esecuzione delle deliberazioni del CdA; 
- di adottare i provvedimenti in caso di urgenza, sottoposti a successiva ratifica da parte del CdA. 

Ne consegue che nel caso di specie appaiono rinvenibili i poteri gestori in capo alla figura del Presidente quale membro dell’organo cui spetta l’amministrazione dell’ente, anche alla luce dell’assenza di altre figure professionali nonché della mancanza di risorse alle dipendenze dell’IPAB in questione. In merito si richiama quanto chiarito dal Consiglio di Stato Sez. V sentenza n. 126/2018, ossia che “per il solo fatto di essere membro del (…)” dell’organo al quale sono attribuite competenze di amministrazione “al presidente sono assegnate funzioni di gestione. D’altra parte tra i suoi compiti (…) rientra anche la vigilanza sul buon andamento delle attività (…), che ben può condurre all’adozione di atti di gestione”. 

Tanto premesso, si ravvisa nel caso di specie l’ipotesi di inconferibilità di cui all’art. 7 c.2 lett. c) del d.lgs 39/2013, di cui sopra.

Posizione dell’Arch. omissis. Applicabilità dell’ipotesi di incompatibilità di cui all’art. 9 c.2 del d.lgs 39/2013. 

In merito alla posizione dell’Arch. omissis, Vicepresidente del CdA dell’IPAB in questione, occorre verificare la ricorrenza della fattispecie di incompatibilità prevista dall’art. 9 c.2 del d.lgs 39/2013, secondo cui: 

“Gli incarichi amministrativi di vertice e gli incarichi dirigenziali, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, gli incarichi di amministratore negli enti pubblici e di presidente e amministratore delegato negli enti di diritto privato in controllo pubblico sono incompatibili con lo svolgimento in proprio, da parte del soggetto incaricato, di un'attività professionale, se questa è regolata, finanziata o comunque retribuita dall'amministrazione o ente che conferisce l'incarico.”
.
L’Arch. omissis risulta titolare delle seguenti cariche presso il Comune di omissis:
- Presidente della Commissione comunale per la prevenzione del rischio sismico; 
- incarico di progettazione, direzione lavori e coordinamento sicurezza per l’intervento di manutenzione straordinaria della Cappella omissis.

In merito all’incarico di Vicepresidente si rileva che lo Statuto dell’ente prevede: “Il Consiglio (…) delibera: 1) l’elezione del Presidente dell’ente; 2) l’elezione del Vicepresidente (…)” (art. 9). Dunque si tratta di incarico assimilabile a quello di presidente e di amministratore delegato (cfr. parere AG 85/15/AC del 02/12/2015; orientamento n. 17 del 27 maggio 2015), in quanto la prerogativa di questa figura è quella di sostituirsi al Presidente. 
Pertanto, con riferimento al caso in esame, è possibile affermare la sussistenza del requisito in provenienza richiesto dalla fattispecie di incompatibilità di cui all’art. 9 c. 2 del d.lgs 39/2013, quale incarico assimilabile – ai fini del d.lgs. 39/2013 - a quello di presidente e di amministratore delegato, per le considerazioni già illustrate con riguardo alla posizione dell'Avv. omissis. 

In riferimento al requisito in destinazione, inerente l’esercizio di attività professionale, si rileva che l’A.N.AC. si è espressa con l’orientamento n. 99/2014 a tenore del quale: «Gli artt. 4 e 9 del d.lgs. n. 39/2013 non trovano applicazione alle prestazioni lavorative di tipo occasionale, non avendo le stesse il carattere della continuità e della stabilità dell’attività professionale. Le suddette norme, inoltre, sanciscono l’inconferibilità o l’incompatibilità con lo svolgimento di incarichi amministrativi a coloro che hanno esercitato attività professionale, regolate, finanziate o comunque retribuite dall’amministrazione o ente che conferisce l’incarico, con la precisazione che il medesimo impedimento non è stato previsto nei confronti di coloro che rivestono o hanno rivestito cariche politiche». Tale orientamento è stato ribadito nella delibera n. 613 del 31 maggio 2016 che trattava un caso di rapporto di consulenza e patrocinio legale tra un professionista e un ente locale, il cui incarico dirigenziale conferito “non può certo ascriversi alla categoria della prestazione lavorativa di tipo occasionale, avendo esso, invece, il carattere della continuità e della stabilità.
Dunque occorre stabilire se l’attività professionale prestata dal professionista in questione a favore del comune abbia il carattere della continuità, in quanto il carattere occasionale dell’attività svolta farebbe venire meno uno dei requisiti richiesti dalla norma sopra citata, con conseguente inapplicabilità della relativa causa di inconferibilità. 

Per quanto concerne l’incarico di Presidente della Commissione comunale, occorre rilevare che tale organo svolge le attività di competenza del settore provinciale del Genio Civile, in particolare l’esame e l’istruttoria dei progetti da autorizzare da parte dell’ufficio tecnico comunale, esprimendo parere obbligatorio in merito alla loro idoneità ( art. 4 bis della Legge regionale della omissis 7 gennaio 1983 n. 9, “Norme per l’esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del territorio da rischio sismico”, ss.mm.ii.), nei comuni che hanno richiesto ed ottenuto l’attribuzione delle relative funzioni. Ebbene nel Comune di omissis, ente autorizzato all’esercizio delle attività del Genio Civile in base deliberazione della Giunta regionale della omissis n. omissis del 28.06.2012, la commissione è stata costituita in data 20.07.2018 con decreto del Sindaco n. omissis, ov’è specificato che i componenti “dovranno essere rinnovati ogni due anni e non potranno essere nominati per più di due volte consecutive”. 

Ne consegue che, per quanto riguarda l’Arch. omissis, nominato Presidente della commissione in quanto collaudatore ai sensi di legge, appare evidente l’esercizio di attività professionale a supporto dell’ufficio tecnico comunale. Dunque si ritiene tale incarico sufficiente ad integrare una prestazione professionale continuativa svolta dal professionista in questione a favore del comune, da quest’ultimo retribuita.

Tanto premesso si ritiene rinvenibile nel caso di specie l’ipotesi di incompatibilità ex art. 9 del d.lgs n. 39/2013, stante la stabilità del rapporto professionale tra il professionista e l’amministrazione comunale. 

La valutazione in merito all’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 18 del d.lgs 39/2013 è precipuamente rimessa al RPCT, tenuto a procedere secondo quanto chiarito dall’Autorità nella determinazione n. 833 del 3 agosto 2016, recante “Linee guida in materia di accertamento delle inconferibilità e delle incompatibilità degli incarichi amministrativi da parte del responsabile della prevenzione della corruzione. Attività di vigilanza e poteri di accertamento dell’A.N.AC. in caso di incarichi inconferibilità e incompatibilità”.

Sul potere di accertamento dell’ANAC.

L’ANAC ha uno specifico potere di controllo e di accertamento sulle ipotesi di inconferibilità ed incompatibilità disciplinate dal d.lgs. 39/2013 ed, in generale, sulla corretta applicazione della suddetta normativa.
In particolare, come già evidenziato in premessa, l’art. 16, comma 1 del d.lgs. 39/2013 individua nell’ANAC l’Autorità competente a vigilare “sul rispetto, da parte delle amministrazioni pubbliche, degli enti pubblici e degli enti di diritto privato in controllo pubblico, delle disposizioni di cui al presente decreto, anche con l'esercizio di poteri ispettivi e di accertamento di singole fattispecie di conferimento degli incarichi”.
Recentemente il suddetto potere è stato oggetto di una sentenza del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato n. 126/2018), il quale ne ha escluso la natura meramente ricognitiva, affermandone il carattere costitutivo-provvedimentale. Più precisamente, il potere di accertamento attribuito all’ANAC dall’art. 16, co. 1, d.lgs. 39/2013, si sostanzia in un provvedimento di accertamento costitutivo di effetti giuridici e come tale impugnabile davanti al giudice amministrativo, potere in cui è compresa la potestà di dichiarare la eventuale nullità dell’incarico.

Tutto ciò premesso e considerato,

DELIBERA

1. l’inconferibilità, ai sensi dell’art. 7, comma 2 lett. c) del d.lgs. n. 39/2013, dell’incarico di Presidente del CdA dell'IPAB omissis e la conseguente nullità dell’atto di conferimento dell’incarico, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n.39/2013;
2. l’incompatibilità, ai sensi dell’art. 9 del d.lgs 39/2013, dell’incarico di Vicepresidente del CdA dell'IPAB omissis ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. n.39/2013.

In riferimento al punto 1) il RPCT di Comune di omissis, all’esito dell’accertamento compiuto dall’Autorità, deve:
a. comunicare al soggetto cui è stato conferito l’incarico la causa di inconferibilità - come accertata dall’ANAC - e la conseguente nullità dell’atto di conferimento dell’incarico ed adottare i provvedimenti conseguenti;
b. contestare la causa di inconferibilità ai soggetti che, ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 18 del d.lgs. n. 39/2013, siano astrattamente possibili destinatari della sanzione inibitoria ed avviare il relativo procedimento, tenendo conto delle peculiarità del caso di specie;
- il procedimento deve essere avviato nei confronti di tutti coloro che, alla data del conferimento dell’incarico, erano componenti dell’organo conferente, ivi inclusi i componenti medio tempore cessati dalla carica, tenendo conto dell’effettivo ricorrere e del grado della responsabilità soggettiva dell’organo che ha conferito l’incarico;
- il termine di tre mesi di cui all’art. 18, c. 2 del d.lgs. n. 39/2013 decorre dalla data di comunicazione del provvedimento conclusivo del procedimento instaurato dal RPCT nei confronti dei soggetti conferenti;
- i componenti dell’organo non possono per tre mesi conferire tutti gli incarichi di natura amministrativa di loro competenza ricadenti nell’ambito di applicazione del decreto 39/2013, così come definiti dall’art. 1, comma 2; 
- la sanzione ex art. 18 non trova applicazione nei confronti dei componenti cessati dalla carica nell’esercizio delle funzioni attinenti ad eventuali nuovi incarichi istituzionali: tuttavia, la stessa tornerà applicabile, per la durata complessiva o residua rispetto al momento della cessazione della carica, qualora i medesimi soggetti dovessero nuovamente entrare a far parte dell’organo che ha conferito l’incarico dichiarato nullo.

In riferimento al punto 2) il RPCT di Comune di omissis, all’esito dell’accertamento compiuto dall’Autorità, deve:
a. diffidare, senza indugio, l’interessato ad optare tra i due incarichi incompatibili entro i 15 giorni successivi alla sua comunicazione, ai sensi dell’art. 19, comma 2 del d.lgs. n. 39/2013; 
b. ove l’opzione non sia effettuata entro il termine suddetto, ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. n. 39/2013, il RPCT dichiara la decadenza dall’incarico.

Il RPCT del Comune di omissis è tenuto a comunicare all’ANAC i provvedimenti adottati in esecuzione di quanto sopra.

Il Presidente 
Raffaele Cantone

Depositato presso la Segreteria del Consiglio in data 31 maggio 2019
Il Segretario, Maria Esposito

 

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