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Consiglio di Stato, Sez. III, 17/6/2019 n. 4026
Sullo scioglimento degli organi comunali per infiltrazioni mafiose

Lo scioglimento degli organi comunali per infiltrazioni mafiose è strumento di tutela della collettività, a carattere preventivo e non sanzionatorio, nei casi in cui gli elementi raccolti sulla infiltrazione e contaminazione mafiosa nella conduzione della cosa pubblica determinano una emergenza straordinaria che richiede una misura di carattere straordinario. La valutazione ai fini dello scioglimento del consiglio comunale per infiltrazione mafiosa deve essere non atomistica ma complessiva, in ordine non soltanto a singoli episodi, ma soprattutto ai collegamenti tra fatti, persone e andamenti nel tempo della amministrazione locale; le mafie costituiscono una minaccia asimmetrica e fortemente adattabile a tempi, luoghi, relazioni fra persone e operatori economici: la scomposizione atomistica della valutazione condurrebbe, quindi, a non cogliere il "valore aggiunto negativo" della contaminazione mafiosa, che non è statica ma dinamica e non è mai rigida ma variamente adattabile; si richiede in altri termini che la valutazione costituisca "bilanciata sintesi e non mera somma dei singoli elementi stessi".

Materia: appalti / disciplina

Pubblicato il 17/06/2019

N. 04026/2019REG.PROV.COLL.

 

N. 01566/2019 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1566 del 2019, proposto da -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Franco Gaetano Scoca, Vittorio Cavalcanti, Antonio Senatore, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Franco Gaetano Scoca in Roma, via Giovanni Paisiello n. 55;

 

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Cosenza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Comune di Cassano allo Ionio, rappresentato e difeso dall'avvocato Gaetano Callipo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente lo scioglimento del Consiglio e della giunta comunale di Cassano per la durata di 18 mesi per presunte ingerenze della criminalita' organizzata;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Interno, dell’Ufficio Territoriale del Governo di Cosenza e del Comune di Cassano allo Ionio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 maggio 2019 il Pres. Franco Frattini e uditi per le parti gli avvocati Vittorino Cavalcanti, Franco Gaetano Scoca, Antonio Senatore, Gaetano Callipo e l'avvocato dello Stato Giancarlo Caselli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

Gli odierni appellanti hanno impugnato, in sede di giudizio di primo grado, il D.P.R. del 24 novembre 2017, che, ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. n. 267/2000, ha disposto lo scioglimento degli organi elettivi del Comune di Cassano allo Ionio (CS), nonché tutti gli altri atti connessi al procedimento, per come su citati. Il D.P.R. relativo allo scioglimento del Comune, trova fondamento, in sostanza, nella relazione sottoscritta il 7 settembre 2017 dalla Commissione di indagine nominata dal Prefetto di Cosenza il 6 marzo 2017.

Il TAR Lazio, nella sentenza appellata, ha rigettato il ricorso ritenendo in sintesi che “il complesso quadro individuato, alla luce della più volte ricordata necessità di una valutazione unitaria dei fatti, non viene in concreto depotenziato dalle singole contestazioni contenute in atti, che non risultano idonee ad elidere i profili di forte e decisa valenza rivelatrice dei collegamenti esistenti tra gli amministratori locali e la criminalità organizzata”

Avverso tale sentenza gli appellanti propongono le seguenti censure:

- 1. Error in iudicando. In merito alle parentele e frequentazioni con soggetti ritenuti controindicati. Violazione dell’art. 143 del d.lgs. n. 267/2000: il giudice di prime cure considera esauriente la relazione prefettizia in merito al dato delle frequentazioni; secondo gli appellanti, al contrario, la relazione sarebbe generica mancando riferimenti specifici a detti rapporti. In ordine alla esistenza di rapporti di parentela, essi, da soli, non possono dirsi decisivi ai fini del provvedimento di all’art. 143 del T.U.E.L. In aggiunta la stessa relazione prefettizia difetterebbe completamente di ogni considerazione in merito all’incidenza dei legami parentali sull’azione amministrativa comunale e non terrebbe conto del positivo operato dell’Amministrazione comunale che, ad esempio, ha destinato beni confiscati alla mafia per finalità sociali (-OMISSIS-).

- 2. Error in iudicando. In merito alla pratica -OMISSIS-. Violazione dell’art. 143 del d.lgs. n. 267/2000 ed eccesso di potere: sarebbe stato commesso un macroscopico errore sulla identità di chi ha sottoscritto il contratto di locazione di alcuni terreni con il Comune. Non si tratterebbe di -OMISSIS- -OMISSIS- non sarebbe lo stesso -OMISSIS- -OMISSIS- figlio di -OMISSIS- -OMISSIS-, capo dell’omonima cosca.

- 3. Error in iudicando. In merito ai contributi assistenziali. Violazione dell’art. 143 del d.lgs. n. 267/2000 ed eccesso di potere in merito al capo 7 della sentenza TAR impugnata all’interno della quale si statuisce che: “Si osserva, tuttavia, che la commissione ha validamente sottolineato i vizi che affliggevano la procedura adoperata dal Comune di Cassano allo Ionio per erogare tali somme (l’assenza di un regolamento ad hoc che stabilisse criteri e modalità, la mancata pubblicazione di un bando riportante i presupposti per la concessione del vantaggio economico, l’omissione di una adeguata istruttoria preordinata all’accertamento delle condizioni richieste per l’ottenimento del beneficio). L’erogazione avveniva ?a richiesta? e ciò è stato ritenuto indicativo, anche in relazione alla presenza tra i beneficiari di soggetti sottoscrittori di liste collegate al sindaco (due dei quali vicini a consorterie criminali), della volontà di ricorrere alla erogazione ?a pioggia? dei benefici per cementare il consenso elettorale, anche presso gli ambienti della criminalità organizzata”. Gli appellanti rilevano in proposito che in realtà le elargizioni corrispondevano a una iniziativa generale del sindaco volta a contenere almeno in parte il fenomeno della povertà nell’ambito della cittadinanza cassanese.

- 4. Error in iudicando, in merito alla mancata repressione dell’abusivismo edilizio e violazione dell’art. 143 d.lgs. n. 267/2000 ed eccesso di potere (Capo 8 della sentenza): si evidenzia come la mancata demolizione non sarebbe un beneficio accordato a “pochi” cittadini controindicati, ma una problematica che ha caratterizzato tutte le ordinanze di demolizione adottate nel tempo, non portate a materiale esecuzione per mancanza di risorse finanziarie.

- 5. Error in iudicando in merito alla ritenuta rilevanza del sistema di gestione degli appalti pubblici, violazione dell’art. 143 del d.lgs. n. 267/2000 ed eccesso di potere del provvedimento impugnato. Il T.A.R. avrebbe parafrasato di fatto i contenuti della relazione prefettizia, omettendo di considerare praticamente ogni elemento fornito dai ricorrenti. A tal proposito, né la relazione prefettizia né gli elenchi delle ditte destinatarie di affidamenti diretti nel tempo dell’ultima consiliatura (trasmessi dalla commissione straordinaria con nota del 19.10.2018, in ottemperanza alla richiesta del collegio del 4.9.2018) hanno evidenziato concentrazioni di affidamenti a favore di operatori economici particolari. A ben vedere, gli stessi dati statistici elaborati dalla commissione d’indagine (che ha stigmatizzato il coinvolgimento nel periodo delle due consiliature di 57 operatori economici, con la concentrazione, a vantaggio di 14 di essi, del 60% delle risorse destinate agli interventi) non sono espressivi di alcuna anomalia.

 

Il 19 marzo 2019 si sono costituiti la Presidenza del consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Cosenza, in persona del Prefetto in carica, con memoria all’interno della quale vengono in sostanza riprodotti gli argomenti difensivi esposti in primo grado: si evidenzia il carattere preventivo della misura di cui all’art. 143 del T.U.E.L, l’autonomia del giudizio sullo scioglimento rispetto a quello relativo all’incandidabilità degli amministratori innanzi al tribunale civile di Castrovillari, la certa frequentazione con soggetti malavitosi come risulta dalla lettura della relazione prefettizia.

 

Il 10 maggio 2019 gli appellanti hanno depositato memoria ex art 73 c.p.a. con la quale vengono riprodotte in sostanza le medesime osservazioni contenute nell’atto di appello, ampiamente elaborando su alcune vicende, quali l’affidamento di appalti alla Soc. -OMISSIS- e la cd. “pratica -OMISSIS-”.

 

Il 10 maggio 2019 si è costituito con memoria il Comune di Cassano allo Ionio in persona della Commissione Straordinaria legale rappresentante pro-tempore, nominata con DPR del 24 novembre 2017. La memoria sottolinea la discrezionalità che caratterizza il provvedimento di scioglimento del Consiglio Comunale, la correttezza del giudizio del giudice di primo grado nel valutare l’intera vicenda, la necessità di guardare alla vicenda in senso complessivo e non atomisticamente. Nel merito viene sottolineata l’irregolarità nel corrispondere contributi assistenziali, nonché l’inerzia dell’amministrazione nel reprimere l’abusivismo edilizio avvantaggiando soggetti vicini ad ambienti criminali.

Il 17 maggio 2019 le parti appellanti hanno presentato ulteriore memoria di replica a sostegno delle loro ragioni, contestando puntualmente quanto descritto nella memoria del Comune di Cassano allo Ionio;

 

DIRITTO

Gli appellanti hanno articolato, rispetto alla sentenza qui impugnata, elaborati motivi di censura e fornito argomentazioni ampie e dettagliate che, malgrado l’apprezzabilità del significativo impegno difensivo, non sono tali da condurre all’accoglimento dell’appello che, al contrario, il Collegio ritiene infondato.

Occorre muovere dalla considerazione che lo scioglimento degli organi comunali per infiltrazioni mafiose è strumento di tutela della collettività, a carattere preventivo e non sanzionatorio, nei casi in cui gli elementi raccolti sulla infiltrazione e contaminazione mafiosa nella conduzione della cosa pubblica determinano una emergenza straordinaria che richiede – come la Corte Costituzionale la definì con sent. n. 103 del 1993 – una misura di carattere straordinario.

Si verifica , infatti, la situazione in cui l’esito del voto democratico – unica regola possibile per il governo di una amministrazione pubblica – è risultato, a seguito della approfondita indagine della commissione ispettiva, condizionato o comunque contaminato da gruppi mafiosi, talché esponenti locali eletti e attività dell’amministrazione in carica appaiono influenzati da regole e logiche che contrastano totalmente con i principi costituzionali della democrazia rappresentativa e della trasparenza e buon andamento.

 

Ogni voto, ogni amministratore eletto con l’influenza della mafia, deve, allora, comportare una risposta dello Stato tanto straordinaria quanto lo è la sottrazione del potere di governo a chi formalmente lo ha conquistato con le elezioni ma che, nella sostanza, piega il risultato elettorale in danno, diretto o indiretto, della collettività degli onesti a vantaggio delle cosche dominanti.

 

E’ questa la ragione per cui il procedimento di scioglimento è scandito dal passaggio attraverso la valutazione e decisione delle più alte cariche del Governo della Repubblica, sulla base di una – sempre approfondita e articolata – relazione ispettiva ordinata dal Ministro dell’Interno.

 

La deliberazione del Consiglio dei Ministri esprime, a un tempo, la forte natura di responsabilità collegiale esercitata, e la conseguente ampiezza della valutazione discrezionale sugli elementi ritenuti idonei ai fini della misura.

 

L’adozione dello scioglimento con D.P.R., pur non concorrendo il Presidente della Repubblica alle valutazioni sulla vicenda, conferisce al provvedimento la speciale solennità derivante dal carattere, come detto, di misura straordinaria a tutela della collettività dei cittadini residenti nel Comune interessato. Come la Corte Costituzionale ha osservato nella citata sentenza n. 103 del 1993, infatti, la misura è “caratterizzata da rilevanti aspetti di prevenzione sociale per la sua ricaduta sulle comunità locali che la legge intende sottrarre, nel suo complesso, alla influenza della criminalità organizzata”.

 

I corollari di tale premessa si ricavano dalla giurisprudenza, anche assai recente, con cui il Consiglio di Stato ha consolidato la propria posizione in materia, ed in particolare:

 

- la necessità che, tenuto conto della ampiezza della discrezionalità in materia, la valutazione debba essere non atomistica ma complessiva, in ordine non soltanto a singoli episodi, ma soprattutto ai collegamenti tra fatti, persone e andamenti nel tempo della amministrazione locale; le mafie, com’è ben noto, costituiscono una minaccia asimmetrica e fortemente adattabile a tempi, -OMISSIS-, luoghi, relazioni fra persone e operatori economici: la scomposizione atomistica della valutazione condurrebbe quindi, a non cogliere il “valore aggiunto negativo” della contaminazione mafiosa, che non è statica ma dinamica e non è mai rigida ma variamente adattabile; si richiede in altri termini, come questo Consiglio di Stato ha affermato, che la valutazione costituisca “bilanciata sintesi e non mera somma dei singoli elementi stessi”.

 

- non occorre l’esistenza di fatti penalmente rilevanti e tanto meno di preesistenti condanne, poiché comunque il condizionamento della formazione della volontà degli organi locali, in modo univoco e rilevante, ben può essere colto, nella sua probabilità e verosimiglianza, da elementi indiziari o persino dal compimento di atti che sembrano indicare una volontà di contrasto alla mafia ma in realtà sono l’abile dissimulazione della volontà di approfittare, di concordare, o persino di subire con inerzia, laddove la presenza delle cosche sul territorio è oggettivamente accertata;

 

- la giurisprudenza del Consiglio di Stato è ferma nel dare rilevanza sia al “collegamento” che al “condizionamento” della politica e amministrazione locale, tanto che si evidenziano sia comportamenti rilevatori di “contiguità compiacente” (attraverso, ad esempio, corruzione e favoritismi clientelari) sia della “contiguità soggiacente” (attraverso, ad esempio, la mancata reazione alle intimidazioni mafiose o l’inerzia nell’adottare atti su cui la cosca locale aveva inviato segnali minacciosi).

 

Il condizionamento, poi, si può riscontrare come fattore genetico (ad esempio, quando emergono attività mafiose a sostegno della elezione di candidati “graditi”) e, non alternativamente, come fattore funzionale, quando le cosche incidono o sono avvantaggiate nell’andamento della gestione amministrativa;

 

- solo una valutazione complessiva, contestualizzata anche territorialmente, può condurre ad un esame appropriato della delibera di scioglimento, quale tutela avanzata prevista dall’ordinamento.

 

Sulla base dei principi sopra richiamati, dai quali il Collegio non intende -OMISSIS-, si devono ora esaminare le plurime censure degli appellanti, senza però cadere nell’errore di fondo degli stessi, che è stato quello di analizzare minuziosamente ciascun singolo episodio non cogliendo, invece, la prospettazione complessiva delle ragioni dello scioglimento.

 

Prospettazione complessiva che, per quanto sarà detto in prosieguo, resiste alle censure avanzate.

 

Proprio nella – necessaria – visione contestualizzata che deve guidare la valutazione di legittimità, occorre anzitutto esaminare il contesto territoriale in cui il Comune di Cassano allo Ionio è collocato.

 

Le periodiche relazioni della D.I.A. trasmesse al Parlamento del Ministro dell’Interno nonché le plurime operazioni contro le cosche mafiose nel territorio interessato, concordano sulla persistenza nel territorio cassanese di due cosche di ‘ndrangheta particolarmente agguerrite: gli “-OMISSIS-”, facenti capo alla famiglia -OMISSIS-, e i -OMISSIS-.

 

E’ vero che la mera collocazione di un comune in contesto territoriale infestato da cosche mafiose non è sufficiente a determinarne lo scioglimento.

 

In realtà, per il Comune di Cassano allo Ionio vi sono ulteriori plurimi riferimenti in atti che indicano, nelle persone di eletti dell’amministrazione disciolta, consiglieri di maggioranza e di minoranza, figure collegate a esponenti delle locali cosche, segnalando casi di esponenti politici locali, specialmente della maggioranza, tra cui il presidente del consiglio comunale poi sfiduciato, con rapporti di contiguità, in alcuni casi di parentela stretta, con esponenti mafiosi indagati e condannati in procedimenti penali, e in alcuni casi parenti stretti di esponenti della ’ndrangheta uccisi in agguati mafiosi.

 

Non può dunque parlarsi, nel caso in esame, di “mera” collocazione territoriale in un contesto inquinato dalla ‘ndrangheta; le ramificazioni delle cosche cassanesi, al contrario, sono penetrate, attraverso rapporti di vario tipo, all’interno degli organi decisionali del Comune.

 

Gli appellanti, sempre in via generale ma con riguardo ad alcune specifiche vicende che in seguito verranno esaminate, fanno frequente riferimento, per dedurre elementi a loro favorevoli, alla decisione del Tribunale civile di Castrovillari che ha dichiarato la candidabilità dell’ex sindaco -OMISSIS-.

 

In realtà, già il Consiglio di Stato ha chiarito che l’esito del giudizio civile sulla incandidabilità non può avere la pretesa – da parte degli appellanti – influenza determinante sul giudizio amministrativo per lo scioglimento del Comune.

 

Sono diversi l’oggetto e i temi esaminati nei due giudizi: basti considerare che anche la dichiarata candidabilità per insussistenza delle responsabilità personali dei candidati certo non fa venir meno ex post la gravità del quadro indiziario complessivo che si fonda, di regola, ed anche nel caso in esame, su una ben più ampia e differenziata pluralità di elementi.

 

Del tutto fuor di luogo, anzitutto, appare il tentativo dell’ex sindaco -OMISSIS- di giustificare disinvolte iniziative amministrative, quali l’erogazione “a pioggia” di sussidi, con il contesto locale di povertà e arretratezza del territorio cassanese.

 

In effetti – e si accenna ora al tema, trattandosi di uno dei punti di critica svolti dagli appellanti – l’erogazione senza criteri regolamentari predeterminati si è concretata in benefici disposti con assoluta discrezionalità a cittadini che, in numero proporzionalmente significativo, figuravano come sottoscrittori di liste collegate al sindaco, e almeno uno dei beneficiari risultava in collegamento con le cosche locali.

 

Non vi è stata, dunque, ad avviso del Collegio, una trasparente pianificazione comunale di contrasto alla povertà, bensì una serie di scelte discrezionali a favore di chi probabilmente attendeva un segnale tangibile che confermasse il consenso dato nelle urne alla coalizione vincente.

 

E, si sottolinea, ancora una volta, anche fatti concatenati tra loro e del tutto privi di rilevanza penale possono rivelare, quali indizi credibili, la deviazione dei canoni costituzionali di imparzialità e buon andamento.

 

Ritiene ora il collegio di esaminare alcuni dei profili – contenuti nella delibera di scioglimento e ritenuti dal T.A.R. immuni da vizi – su cui le articolate censure degli appellanti si diffondono. Tale esame, come detto in premessa, sarà volto a esaminare non il dettaglio o la rilevanza criminale dei fatti, ma il complesso delle vicende che hanno caratterizzato, dal suo nascere, gli organi consiliari di Cassano. Anzitutto, qualche riflessione sulla figura e sulle relazioni del Sindaco.

 

Il sindaco -OMISSIS- può vantare una significativa continuità quale componente, a vario titolo, di organi elettivi del Comune di Cassano allo Ionio, ad iniziare dal -OMISSIS- quale consigliere comunale, poi assessore con il sindaco -OMISSIS- – processato per “concorso esterno”, con condanna annullata solo in Cassazione perché i gravi fatti che erano stati commessi non erano previsti come reati al tempo della commissione – poi una prima volta sindaco -OMISSIS- e infine, dopo il commissariamento del Comune per dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali, rieletto come sindaco il -OMISSIS- con una schiacciante maggioranza assoluta.

 

Tale carriera politica nell’amministrazione locale caratterizza, nella fattispecie, la figura del sindaco -OMISSIS- come pienamente capace di conoscere, controllare, gestire tutti gli aspetti dell’amministrazione locale, dalle decisioni “politiche” alla loro esecuzione amministrativa.

 

Costituiscono perciò elementi sintomatici, nella ricostruzione della rete di contatti e frequentazioni effettuata ai fini dello scioglimento qui contestato, episodi che non si possono considerare “atomisticamente” ma soltanto alla luce della pluridecennale profonda conoscenza, da parte del Sindaco, della realtà cassanese e quindi anche delle caratteristiche e delle storie delle persone e delle famiglie con cui avere contatti.

 

Oltre ai rapporti di parentela, segnalati dalla relazione ispettiva, con personaggi considerati vicini a cosche locali (quali -OMISSIS-, cugino e -OMISSIS-, cognato), non può negarsi che la presenza del -OMISSIS- al funerale della madre di un esponente della cosca -OMISSIS-, e in compagnia di numerosi componenti della famiglia di ‘ndrangheta medesima, abbia una valenza sintomatica indicativa della condivisione di un momento di dolore come il funerale, che normalmente le mafie considerano occasione per riaffermare la loro presenza e individuare coloro che partecipano – specie se aventi un ruolo pubblico e noto nella comunità – quali persone di riferimento o comunque vicine.

 

Analogamente, i contatti – emersi in controlli dell’autorità di sicurezza – del sindaco -OMISSIS- con personaggi negativamente noti nel territorio, pregiudicati o addirittura condannati per delitti di stampo mafioso, assumono rilievo sintomatico, giacché certo il sindaco conosceva legami, parentele mafiose, condanne per delitti mafiosi, delle persone con cui si incontrava.

 

Il quadro complessivo della contaminazione – che, come si vedrà più avanti, è corroborato anche da solidi elementi oggettivi - si arricchisce, peraltro, ove si consideri il ruolo di altri esponenti consiliari.

 

Anzitutto si consideri l’ex Presidente del Consiglio Comunale, che al momento dello scioglimento rivestiva il ruolo di consigliere a seguito di sfiducia nei suoi confronti.

 

-OMISSIS-, già processato per aver richiesto, in precedenti elezioni regionali, un sostegno delle cosche cassanesi a favore di un candidato, è stato correttamente qualificato dalle autorità di sicurezza pubblica come vicino ad esponenti di peso delle cosche locali. Lo stesso è fratello di -OMISSIS- e di -OMISSIS-, entrambi amministratori unici, prima -OMISSIS- e poi -OMISSIS-, della -OMISSIS-, colpita da interdittiva antimafia il 10 maggio 2016 e destinataria di commesse dal Comune di Cassano.

 

Il consigliere comunale di maggioranza -OMISSIS- è risultato in contatto sia con il capo della cosca -OMISSIS-, sia con il capo della cosca -OMISSIS-, sia con l’esponente di ‘ndrangheta -OMISSIS-, ucciso in agguato mafioso insieme a un esponente della citata famiglia -OMISSIS-.

 

Quanto al Consigliere -OMISSIS-, emerge il suo ruolo “politico” di opposizione ma al tempo stesso di decisivo sostegno, col suo voto determinante, per garantire al sindaco -OMISSIS- dal -OMISSIS- la maggioranza in consiglio, non conquistata nelle urne.

 

Ed ancora, oltre a plurime frequentazioni con esponenti di cosche locali, si deve registrare una pubblica dichiarazione durante una seduta consiliare, con cui lo stesso consigliere -OMISSIS- rivendicava “grande amicizia” con un esponente della famiglia -OMISSIS-, di cui tesseva le lodi ben sapendo del coinvolgimento di membri della stessa famiglia nelle operazioni antimafia “-OMISSIS-” e “-OMISSIS-”.

 

Tutti questi episodi, di cui gli appelanti sminuiscono fortemente la portata sintomatica, concorrono – al contrario – a spiegare come e perché si sia potuta verificare una lunga serie di obiettive anomalie nella gestione della “cosa pubblica”, sicché essi rappresentano la “contestualizzazione soggettiva” da cui ragionevolmente deriva il “più probabile che non” condizionamento mafioso della azione comunale.

 

Non vi è dunque, proprio in virtù di tale collegamento, quella natura “neutra” o “non rilevante” di obiettive deviazioni dalle regole e dal buon andamento, che invece gli appellanti, sottolineano a proposito di tutte le vicende su cui ora il Collegio si deve soffermare.

 

1) La cd. “pratica -OMISSIS-”

 

La difesa degli appellanti, nel tentativo di ricondurre a “normalità” la vicenda, da un lato descrive la difficoltà che si sarebbero incontrate per lo sgombero dei terreni abusivamente occupati – dove la famiglia -OMISSIS- aveva collocato una azienda agricola con centinaia di capi di bestiame – e dall’altro rivendica al Consiglio Comunale la scelta “giusta” non certo per favorire gli interessi della famiglia -OMISSIS-, ed infine espone una capillare analisi delle posizioni e dei precedenti dei firmatari del contratto di locazione, precisando che la relazione prefettizia indicherebbe un omonimo dell’effettivo occupante, poi conduttore dei terreni.

 

Gli argomenti degli appellanti, nella atomizzazione dei profili di critica, perdono di vista la questione complessiva che, benché complessa e risalente, si caratterizza per alcuni capisaldi chiari e concatenati tra loro:

 

a) l’intera famiglia -OMISSIS-, senza alcuna convincente dimostrazione di asseriti “contrasti interni” tra i membri, è stata indicata sin dalla prima relazione prefettizia di accesso del -OMISSIS-, quale famiglia collegata alla pericolosa cosca -OMISSIS- cui si è fatto cenno; vi è, tra i familiari, chi è stato condannato per gravi delitti, chi è stato reso invalido in uno scontro a fuoco tra cosche.

 

E’ evidente, perciò, che la “estrazione” – quali “ordinario e buon contraente” – di alcuno dei membri della famiglia, significa non considerare che nelle logiche mafiose vi è, all’interno di una famiglia ripartizione di compiti ma tutti cooperano al raggiungimento degli obiettivi economici o di mero potere, della famiglia intesa nel suo complesso;

 

b) la pluridecennale occupazione abusiva – dal 1989 – dei terreni comunali, da parte di familiari -OMISSIS-, trova una prima chiara azione di contrasto allorché, intervenuto l’ordine di rilascio da parte del Tribunale di Castrovillari, sollecitato dal sindaco -OMISSIS-, eletto nel -OMISSIS-, i tecnici comunali, nel -OMISSIS-, rifiutano la proposta transattiva dei -OMISSIS- ribadendo la volontà di ottenere il rilascio coattivo;

 

c) nel -OMISSIS-, un mese prima della data fissata per il rilascio coattivo con assistenza dell’ufficiale giudiziario, il sindaco -OMISSIS- decide di trattare con l’occupante abusivo e, con delibera consiliare del -OMISSIS-, viene decisa la locazione, senza alcuna procedura di gara, dei terreni abusivamente occupati sui quali insisteva l’azienda agricola -OMISSIS-.

 

Dei profili di fatto richiamati, emergono obiettive deviazioni dai canoni di legittimità e buon andamento, per i quali le spiegazioni degli appellanti appaiono inconsistenti, esprimendosi alla fine nella rivendicazione di una “decisione giusta” di tipo politico - amministrativo.

 

Ritiene invece il Collegio che tale vicenda sia sintomatica della potente influenza della famiglia -OMISSIS- sulla gestione – politica e, di conseguenza, tecnica – del Comune, ove è irrilevante accertare se il soggetto pubblico sia stato “compartecipe” ovvero solo “vittima del metus privato e pubblico” di fronte a una famiglia notoriamente collegata a una cosca sanguinaria.

 

2) Il contrasto all’abusivismo edilizio.

 

La difesa degli appellanti, per contrastare quanto la commissione di indagine ha evidenziato, e la sentenza appellata ha confermato, sottolinea tre aspetti essenziali:

 

- la disciolta amministrazione comunale ha approvato il regolamento per la determinazione delle sanzioni ex art. 31 co. 4 bis, D.P.R. 380/2001, per i casi di inottemperanza alle ordinanze di demolizione;

 

- la demolizione degli immobili abusivi non è stata possibile per la mancanza di fondi, sicché anche la richiesta di istituire un capitolo di bilancio a ciò destinato non ha potuto avere seguito; a conferma di tale situazione, gli appellanti sottolineano che neppure la gestione commissariale è riuscita a reperire i fondi per le demolizioni;

 

- per ciò che attiene agli abusi commessi in aree soggette a vincolo archeologico, la competenza alla rimozione sarebbe esclusivamente della Soprintendenza.

 

Gli argomenti dell’appellante, pur suggestivi, non sono convincenti.

 

Rileva anzitutto il Collegio che la disciolta amministrazione comunale, avendo approvato il regolamento per attuare l’art. 31 co. 4 bis D.P.R. 380/2001, aveva tutti gli strumenti a disposizione per concludere, in senso favorevole all’interesse pubblico, il procedimento previsto nei confronti dei responsabili di abuso edilizio consistente nella costruzione in assenza di permesso di costruire, ovvero in totale difformità o con variazioni essenziali.

 

Dopo l’invio delle ordinanze di demolizione la disciolta amministrazione non ha seguito le successive fasi procedimentali, in cui è stabilito che, ove il responsabile dell’abuso non provveda, entro 90 giorni dalla ingiunzione, a demolire e a ripristinare lo stato dei luoghi, il bene e l’area di sedime sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio comunale (art. 31 co. 3 D.P.R. 380 cit.). Nessun atto diretto alla applicazione di tali disposizioni – ed in particolare la trascrizione nei registri immobiliari dell’acquisto “ex lege e gratuito” del bene e dell’area di sedime – risulta però posto in essere dalla disciolta amministrazione cassanese.

 

Né, poi, risulta che la sanzione amministrativa, conseguente all’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, sia stata in concreto applicata né tantomeno riscossa a carico degli autori degli abusi.

 

Emerge, quindi, con chiarezza che la disciolta amministrazione non ha attivato le disposizioni – esistenti ed anche sviluppate nel regolamento comunale – necessarie per ottenere il duplice, cumulativo effetto positivo per il Comune, e cioè l’acquisizione gratuita al patrimonio e l’introito delle sanzioni.

 

Dunque, proprio la -OMISSIS- evidenziata degli appellanti – e cioè la notifica dell’accertamento della inottemperanza – rivela che il Comune si sia arrestato nel procedimento, senza concluderlo – come era suo dovere, diritto e potere – con favorevoli acquisizioni anche patrimoniali, ripristinando così la legalità nei confronti degli abusi edilizi.

 

Da quanto ora detto, emerge la palese inconsistenza dell’argomento con cui si “addebita” la mancata demolizione alla mancanza di fondi a ciò destinati.

 

In primo luogo, è la scelta “politica” del governo comunale che decide le priorità di spesa pubblica: se non è stato dato seguito alla richiesta dell’ufficio competente, di istituire apposito capitolo di bilancio per le demolizioni, ciò rivela che la lotta all’abusivismo non era ritenuta una priorità.

 

Ma è decisivo l’ulteriore elemento, e cioè la mancata attivazione delle procedure per l’acquisizione gratuita dei beni e l’applicazione delle sanzioni.

 

Da entrambi tali risultati – uno di natura patrimoniale, l’altro a carattere economico-finanziario – il Comune avrebbe ben potuto acquisire in parte consistente proprio le risorse asseritamente mancanti per eseguire le demolizioni.

 

Da questa vicenda di grave inefficienza ed esemplare (in negativo) inerzia amministrativa, scaturiscono elementi indicativi della “più probabile che non” contaminazione mafiosa, allorché si verifica – come puntualmente ha fatto la Commissione di indagine – la qualità e identità di coloro che avevano commesso gli abusi e che nella puntuale applicazione delle norme, che invece è mancata, avrebbero dovuto subire sia la perdita della proprietà dei beni sia le sanzioni.

 

Tra i potenziali destinatari di tali (mancate) misure di concreto contrasto all’abusivismo, emergono i nomi di -OMISSIS- -OMISSIS-, in un caso, e di -OMISSIS- -OMISSIS- in un altro. Si tratta di persona di spicco (il -OMISSIS-) di locali cosche della ‘ndrangheta, ovvero stretta familiare (la -OMISSIS-) di altra nota e sanguinaria cosca locale.

 

Ma vi è di più.

 

Sono emersi casi, nell’ambito dei ranghi dei funzionari dell’amministrazione anche per il settore edilizio, di tecnici in contatto frequente con citati esponenti mafiosi; ovvero di tecnici destinatari di atti di intimidazione; ovvero, ancora, di dipendenti comunali (tra cui uno operante nel settore Lavori Pubblici e altro nel settore Accertamento Tributi) in contatto con altre persone appartenenti o contigue alle cosche di ‘ndrangheta.

 

E’, dunque, dal collegamento complessivo tra due serie di fatti, la consapevole inerzia nell’attivare e concludere le procedure di contrasto all’abusivismo, e la intraneità o contiguità mafiosa di alcuni responsabili degli abusi, e di taluni funzionari comunali, che ben emerge la valenza sintomatica giustificativa del giudizio che ha condotto allo scioglimento degli organi comunali elettivi.

 

3) L’affidamento degli appalti

 

La difesa degli appellanti censura le argomentazioni relative alla cd. “frammentazione degli interventi”, e al ricorso alle procedure negoziate, richiamando la decisione del Tribunale Civile di Castrovillari che, però, per quanto già detto, non può avere alcuna rilevanza ai fini della valutazione complessiva, da farsi in questa sede, del funzionamento o del settore appalti in relazione alle possibili influenze della criminalità mafiosa.

 

Tra i fatti evidenziati della relazione prefettizia, sono significativi il richiamo – pressoché vano – del Commissario straordinario nel 2016 alla esigenza di rigorosa limitazione del ricorso alle procedure negoziate; i dati statistici non smentiti che mostrano la concentrazione, in capo a pochissime ditte, di percentuali maggioritarie delle risorse destinate agli appalti; la utilizzazione estremamente ridotta della piattaforma del mercato elettronico, con conseguente consultazione di ditte per lo più locali.

 

Tali elementi sono conseguenza ma anche causa della totale mancanza di una programmazione comunale per l’intero settore appalti e relative risorse. Ciò, secondo le logiche implicazioni di una situazione amministrativa carica di zone completamente opache, ha reso, in molti settori, urgenti – e dunque affidati in via diretta – appalti per esigenze che non sarebbero state “urgenti” ove la programmazione preventiva avesse corrisposto ai canoni di efficienza e buon andamento.

 

Se l’amministrazione, per inerzia colpevole, crea le condizioni perché un intervento divenga urgente, è ovvio che l’affidamento diretto risponde a condizioni altrimenti insussistenti che la stessa amministrazione ha costruito per poi attribuirsi la piena libertà di affidare l’appalto senza gara.

 

Esempi, sono proprio i settori che gli appellanti indicano nella memoria difensiva: messa in sicurezza di un edificio scolastico, ovvero manutenzione della rete idrica, a cui si possono aggiungere settori quali la pulizia della spiaggia o la manutenzione del verde pubblico. Si tratta, in effetti, di esigenze “ordinarie” per un Comune, cui si fa fronte con la ordinaria programmazione degli interventi, e non già con l’attesa che si verifichino – per inerzia o degrado – fatti patologici che consentono di eludere gli obblighi di gara pubblica.

 

4) L’affidamento alla -OMISSIS-

 

Gli appellanti, sempre riferendosi alla pronuncia del Tribunale di Castrovillari sulla, completamente diversa, vicenda della incandidabilità, cercano di sminuire il significato della vicenda sostenendo:

 

a) che il Comune non era a conoscenza della interdittiva antimafia adottata a carico di -OMISSIS-;

 

b) che la conoscenza è avvenuta in data 11 agosto 2016, con l’immediata interruzione di ogni rapporto con la ditta;

 

c) che la conoscibilità dell’interdittiva attraverso la Banca Dati antimafia avrebbe comportato un onere di permanente consultazione, da parte del Sindaco, e tanto sarebbe stato addirittura eccessivo esigere.

 

Il Collegio ritiene, al contrario, che la vicenda mostri la inescusabile inerzia, prima, e il maldestro tentativo, poi, di mantenere il più a lungo possibile il rapporto contrattuale tra il Comune di Cassano e la -OMISSIS-, ditta posseduta da stretto parente dell’allora presidente del Consiglio Comunale, persona, come si è detto in precedenza, in contatto con significativi esponenti delle cosche locali.

 

Vi sono almeno tre argomenti che smentiscono le tesi degli appellanti:

a) lo stesso sindaco -OMISSIS-, con propria direttiva del 26 giugno 2013, aveva stabilito che la documentazione antimafia dovesse essere acquisita prima di ogni affidamento e a prescindere dall’importo di gara;

b) è evidente che il sindaco avrebbe dovuto applicare la sua stessa direttiva, e con semplice consultazione della Banca Nazionale Antimafia avrebbe potuto conoscere l’esistenza della interdittiva antimafia del 10 maggio 2016, iscritta alla Banca il 24 maggio 2016, e quindi ben prima dell’affidamento a -OMISSIS-, vincitore della gara per lavori di manutenzione rete idrica non definiti preventivamente – e dunque in violazione delle norme sugli appalti – e con un ribasso superiore al 58%;

c) ove pure si accedesse alla – non credibile – dichiarazione del Sindaco di non aver conosciuto (né potuto conoscere) l’esistenza della interdittiva prima dell’11 agosto 2016, risulta “per tabulas” che la ditta interdetta ha proseguito i lavori fino al 31 agosto 2016, malgrado il tentativo di far retroagire la stessa ultimazione lavori (attraverso correzione a penna di atti e dichiarazioni di segno contrastante anche del responsabile del procedimento) a data anteriore all’11 agosto, in palese contrasto con la comunicazione del tabulato dati trasmesso all’ANAC ove risulta appunto la data del 31 agosto 2016.

Rileva il Collegio, in aggiunta a quanto osservato, che la documentazione prefettizia fa emergere un successivo affidamento alla -OMISSIS- “in somma urgenza”, e cioè senza gara, addirittura in data 9 agosto 2016, con contenuto e caratteristiche della cui correttezza è lecito dubitare fortemente.

La vicenda esaminata, concernente una ditta definita “specializzata e di fiducia dell’Ente” ben quattro mesi dopo l’interdittiva antimafia, e collegata sia ad importante esponente politico locale, sia ad ambienti delle cosche di ‘ndrangheta, aggiunge un ulteriore importante tassello che dimostra la correttezza delle conclusioni cui la sentenza appellata è pervenuta.

Vi sono in atti, in conclusione, elementi e vicende, su cui il Collegio ha ritenuto di svolgere un più approfondito esame, che in modo più che sufficiente denotano la correttezza della impugnata deliberazione di scioglimento degli organi elettivi del Comune di Cassano, per i quali è “più probabile che non” – e sotto certi aspetti sicura – la contaminazione da parte delle potenti cosche locali di ‘ndrangheta, al fine di influenzare e indirizzare sia la libera espressione della volontà degli elettori, sia le scelte amministrative in direzione del massimo profitto per operatori vicini agli eletti e in vario modo collegati alle cosche.

Per tutte queste ragioni, l’appello deve essere respinto.

Le spese, come di consueto, seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), respinge l’appello.

Condanna gli appellanti in solido a rifondere alle parti private le spese processuali, che liquida in euro 5.000 (cinquemila) a favore di ciascuna appellata.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti private, nonché le persone e le società comunque menzionate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2019 con l'intervento dei magistrati:

Franco Frattini,           Presidente, Estensore

Pierfrancesco Ungari, Consigliere

Raffaello Sestini,        Consigliere

Ezio Fedullo,  Consigliere

Umberto Maiello,       Consigliere

                       

IL PRESIDENTE, ESTENSORE                

Franco Frattini                      

                       

IL SEGRETARIO

 

 

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