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Atto di indirizzo ex art. 154, c. 2, del TUEL, 12/7/2019
Atto di indirizzo. Precisazione della definizione di "società a controllo pubblico" ai sensi e per gli effetti di cui al testo unico in materia di società partecipazione pubblica

Atto di indirizzo ex art. 154, c. 2, del TUEL
Materia: società / partecipazione pubblica

ATTO DI INDIRIZZO EX ART. 154, COMMA 2, DEL TESTO UNICO DELLE LEGGI SULL’ORDINAMENTO DEGLI ENTI LOCALI, APPROVATO CON DECRETO LEGISLATIVO 18 AGOSTO 2000, N. 267, SULLA PRECISAZIONE DELLA DEFINIZIONE DI “SOCIETÀ A CONTROLLO PUBBLICO” AI SENSI E PER GLI EFFETTI DI CUI AL TESTO UNICO IN MATERIA DI SOCIETA’ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA APPROVATO CON DECRETO LEGISLATIVO 19 AGOSTO 2016, N. 175

 1. Premessa

In base all’art. 2, comma 1, lett. m) del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” (di seguito anche “Testo unico”) sono società a controllo pubblico quelle “in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b)”; alla quale il Testo unico chiarisce che per controllo si intende “la situazione descritta nell’articolo 2359 del codice civile. Il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo”.

In forza delle predette disposizioni si viene ad attribuire rilevanza al c.d. “controllo congiunto” o “controllo plurisoggettivo”, vale a dire quello esercitato (sulla medesima società) da più amministrazioni (nessuna delle quali in condizione di esercitarlo in forma individuale e autonoma), con correlativa imputazione della qualifica di controllante a ciascuna di esse.

2. L’attuale quadro interpretativo.

Secondo un primo orientamento, fatto proprio dalla Struttura di monitoraggio e controllo delle partecipazioni pubbliche istituita presso il Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’art. 15, comma 1 del Testo unico, la lettura combinata delle due norme indurrebbe a ritenere che il controllo di cui all’art. 2359 c.c. - a mente del quale sono considerate controllate: 1) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria; 2) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria; 3) le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa -possa essere esercitato congiuntamente da più amministrazioni anche a prescindere dall’esistenza di un vincolo legale, contrattuale, statutario o parasociale tra le stesse, sulla base di comportamenti concludenti, anche in assenza di un coordinamento formalizzato; ipotesi che si affiancherebbe a quella integrata allorché “in applicazione di norme di legge, o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo” (in questi termini, atto di orientamento in data 15 febbraio 2018).

In termini divergenti si è espresso il Consiglio di Stato (sez. V, 23 gennaio 2019, n. 578) che, in relazione a fattispecie avente a oggetto una società a capitale pubblico superiore al 90%, costituito però da partecipazioni pubbliche varianti da un minimo dello 0,05% a un massimo del 2,74% del capitale sociale, ha ritenuto che, pur in presenza di un coordinamento non istituzionalizzato, le partecipazioni in questione non fossero in grado di consentire ai singoli soggetti pubblici partecipanti di incidere sulle decisioni strategiche della società; considerando quindi necessario, al fine di integrare i presupposti per il possesso della partecipazione ai sensi dell’art. 4 del Testo unico (e, quindi, ancor prima che ai fini della configurabilità del controllo), la stipulazione di adeguati patti parasociali ovvero la previsione, negli atti costitutivi della società, di un organo speciale deputato a esprimere la volontà dei soci pubblici.

Analogo contrasto si registra in seno alla giurisprudenza contabile.

Secondo le Sezioni riunite in sede di controllo (del. 11/SSRRCCO/QMIG/19) il Testo unico contemplerebbe distinte fattispecie di “società a controllo pubblico”:

• quelle fondate sull’art. 2359 c.c., vale a dire le società in cui una o più amministrazioni (cumulativamente considerate) dispongono della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria oppure di voti o rapporti contrattuali sufficienti a configurare un’influenza dominante, a prescindere dalla sussistenza di forme coordinate di controllo; forme coordinate che, però, nelle società a maggioranza o integralmente pubbliche, “gli enti pubblici hanno l’obbligo di attuare e formalizzare […] mediante stipula di appositi patti parasociali e/o modificando clausole statutarie” (e sempreché non risulti provato che, pur a fronte della detenzione della maggioranza del capitale societario da parte di una o più amministrazioni pubbliche, sussista un’influenza dominante del socio privato o di più soci privati, nel caso, anche unitamente ad alcune delle amministrazioni pubbliche socie);

• quelle in cui una o più amministrazioni pubbliche, al di fuori delle ipotesi disegnate dall’art. 2359 c.c. (come segnalerebbe la congiunzione “anche”, palesante la natura integrativa rispetto a quella precedente, incardinata sull’art. 2359 c.c.), esercitano un’influenza dominante sulla società perché – in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali – ne indirizzano le decisioni finanziarie e gestionali strategiche, essendone richiesto necessariamente il consenso.

Di diverso avviso le Sezioni riunite in sede giurisdizionale (sent. 16/2019/L), secondo le quali l’art. 2, comma 1, lett. m) del Testo unico contemplerebbe due nozioni di “controllo pubblico”:

- la situazione descritta dall’art. 2359 c.c., che si verifica allorché una società pubblica esercita il controllo di diritto in un’altra società, ovvero il controllo di fatto o contrattuale;

- la situazione in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano il controllo ai sensi della lett. b), ovvero allorché in virtù di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, le decisioni strategiche per la vita sociale richiedono il consenso unanime delle amministrazioni pubbliche che esercitano il controllo.

Di conseguenza, secondo le Sezioni riunite in sede giurisdizionale:

• le disposizioni di cui all’art. 2359 c.c. non sono di per sé decisive al fine di valutare il controllo societario da parte di una pluralità di amministrazioni pubbliche, poiché la norma civilistica “in modo chiaro e univoco individua fattispecie tipiche di controllo operato da una società nei confronti di un’altra società”;

• la situazione di controllo da parte di amministrazioni pubbliche non può essere presunta in presenza di comportamenti univoci e concludenti ma deve risultare esclusivamente da norme di legge, statutarie o da patti parasociali che, richiedendo il consenso unanime di tutte le pubbliche amministrazioni partecipanti, siano in grado di incidere sulle decisioni finanziarie e strategiche della società; tanto più che – puntualizzazione le Sezioni riunite in sede giurisdizionale – “sotto il profilo normativo, nessuna disposizione prevede espressamente che gli enti detentori di partecipazioni debbano provvedere alla gestione delle partecipazioni in modo associato e congiunto: l’interesse pubblico che le stesse sono tenute a perseguire, infatti, non è necessariamente compromesso dall’adozione di differenti scelte gestionali o strategiche che ben possono far capo a ciascun socio pubblico in relazione agli interessi locali di cui sono esponenziali”.

 3. Un tentativo di ricostruzione.

Non è controverso che il legislatore del Testo unico abbia inteso estendere, in ambito pubblico e ai fini della definizione di società a controllo pubblico in funzione dell’applicazione del comparto normativo che lo stesso Testo unico a tali società riserva, il perimetro della nozione di controllo oltre i confini segnati dall’art. 2359 c.c. ampliandolo:

(i) da un lato, a fenomeni in cui una amministrazione pubblica titolare di una partecipazione di minoranza sia in grado – in forza di norme di legge, disposizioni statutarie e di patti parasociali - di determinare le decisioni finanziarie e gestionali strategiche della società;

(ii) dall’altro, a fenomeni di controllo plurisoggettivo, allorché più amministrazioni pubbliche, nessuna delle quali in grado autonomamente di integrare una delle situazioni descritte ex art. 2359 c.c., pervengono a tale integrazione se (e solo se) cumulativamente considerate, perché dispongono congiuntamente della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria o comunque di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nella stessa assemblea (art. 2359, nn. 1 e 2, c.c.) ovvero in virtù di vincoli contrattuali (art. 2359, n. 3, c.c.). Affinché la congiunta dominazione possa dirsi tale occorre però un procedimento di unificazione delle volontà facenti capo alle diverse componenti che a tale dominazione concorrono (e che individualmente non sono in grado di realizzare): più amministrazioni devono coordinarsi in modo stabile a realizzare l’instaurazione e l’esercizio di detta situazione attraverso – come specifica la seconda parte della lett. b) – “norme di legge o statutarie o di patti parasociali”, in assenza delle quali – evidentemente – non sarebbe riscontrabile alcuna stabilità.

In tal senso depone anzitutto un argomento logico, dal momento che semplici “comportamenti concludenti” o “maggioranze occasionali” (ancorché ripetute) non valgono a garantire la formazione stabile di soluzioni unanimi e, quindi, a qualificare in modo giuridicamente significativo la società, posto che, come evidenziato dalle Sezioni riunite in sede giurisdizionale della Corte dei conti, “sotto il profilo normativo, nessuna disposizione prevede espressamente che gli enti detentori di partecipazioni debbano provvedere alla gestione delle partecipazioni in modo associato e congiunto: l’interesse pubblico che le stesse sono tenute a perseguire, infatti, non è necessariamente compromesso dall’adozione di differenti scelte gestionali o strategiche che ben possono far capo a ciascun socio pubblico in relazione agli interessi locali di cui sono esponenziali”.

A ciò si aggiunge un dato letterale: diversamente opinando, infatti, si perviene inevitabilmente a far coincidere il concetto di società a controllo pubblico con quello – diverso - di società a prevalente capitale pubblico (fondato sulla natura, pubblica, della maggioranza del capitale); assimilazione che, allo stato, risulta incompatibile con il valore semantico dei vocaboli utilizzati dal legislatore del Testo unico, il quale – tra tutta la gamma di locuzioni offerte dalla variegata legislazione previgente in materia – ha chiaramente ancorato il discrimine qualificatorio sul concetto di controllo che, alla luce dell’art. 2, comma 1, lett. b) - tanto nella parte in cui rinvia all’art. 2359 c.c. quanto in quella in cui esige la ricorrenza di un coordinamento formalizzato – non coincide con la titolarità congiunta della interezza o anche solo della maggioranza del capitale di per sé sola considerata.

La locuzione “anche quando”, presente all’art. 2, comma 1, lett. b), seconda parte del Testo unico, insomma, non pare poter essere interpretata in negativo, a escludere l’esigenza di un coordinamento formale ai fini del controllo congiunto ex art. 2359 c.c. (controllo congiunto che l’art. 2359 c.c. di per sé non contempla), bensì in chiave additiva, ad affermare che il controllo pubblico è configurabile anche al di là dell’art. 2359 c.c., e, dunque, anche con struttura congiunta (e non solo individuale), purché la volontà della parte pubblica del capitale (incarnata dalle diverse amministrazioni socie) risulti ricondotta a unanimità mediante il coordinamento assicurato da norme di legge, o di statuto o di patti parasociali.

Allo stato, dunque, il combinato disposto di cui all’art. 2, comma 1, lett. b) e m) del Testo unico permette di ricondurre una società nel perimetro delle “società a controllo pubblico” allorché: o una amministrazione pubblica dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria della società, ovvero dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria della società, ovvero esercita un’influenza dominante sulla società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa;

ovvero anche quando in virtù di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale sia richiesto anche il consenso di tale amministrazione pubblica; o più amministrazioni pubbliche, in virtù di un coordinamento formalizzato in forza di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, dispongono congiuntamente della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria della società, ovvero dispongono di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria della società, ovvero esercitano un’influenza dominante sulla società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa; ovvero anche quando per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale sia richiesto anche il consenso unanime di tali amministrazioni pubbliche in virtù di norme di legge o statutarie o di patti parasociali (laddove per consenso unanime si intende l’espressione di una volontà collettiva unitaria, vincolante anche per le amministrazioni che abbiano espresso un dissenso minoritario);

sempreché non sussista l’influenza dominante del socio privato, anche unitamente ad alcune o tutte le amministrazioni socie.

4. Considerazioni conclusive.

Non può peraltro ignorarsi la rilevanza del contrasto registrato sul punto, sia per l’autorevolezza degli orientamenti espressi (che fa rilevare divergenze tra le Sezioni riunite in sede giurisdizionale della Corte dei corti alle Sezioni riunite in sede di controllo, oltre a coinvolgere il Consiglio di Stato e la struttura ex art. 15 del Testo unico) sia per le potenziali implicazioni connesse alla soluzione che dovesse prevalere;

considerazioni, queste, che evidenziano l’urgenza di rimuovere l’incertezza qualificatoria sul punto, e con essa il rischio di vedere, a seconda dei casi, ampliata o ridotta (in base alla prospettiva adottata dall’interprete e ai presupposti da cui si muove) la platea del comparto società a controllo pubblico, in netto contrasto con gli intendimenti del legislatore del Testo unico (mosso dalla dichiarata preoccupazione di assicurare la chiarezza delle regole e la semplificazione normativa).

Le suesposte considerazioni, condivise nell’odierna adunanza dell’Osservatorio, conducono quindi alla pronuncia di un atto di indirizzo volto a sollecitare un intervento legislativo in grado di rimuovere l’incertezza interpretativa connessa alla nozione di “società a controllo pubblico” come risultante dall’attuale formulazione dell’art. 2, comma 1, lett. b) e m) del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, chiarendo se rientrino nella predetta nozione anche le società aventi totale o prevalente capitale pubblico frazionato tra una pluralità di amministrazioni nessuna delle quali in grado di esercitare un controllo individuale, ancorché tra le medesime non sussista un vincolo legale, statutario, parasociale o contrattuale e/o comunque un coordinamento formalizzato nel senso chiarito dall’art. 2, co. 1, lett. b), seconda parte del Testo unico.

 

 

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