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L’estensione del “5G” senza interferenze del potere sindacale (o consiliare) nel "decreto semplificazioni" convertito in legge n. 120/2020
di Maurizio LUCCA 8 ottobre 2020
Materia: enti locali / attività

L’estensione del “5G” senza interferenze del potere sindacale (o consiliare) nel “decreto semplificazioni” convertito in legge n. 120/2020

(Avv. Maurizio LUCCA, Segretario Generale Enti Locali)

Già nel “decreto cura Italia” (d.l. n. 18/2020, «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19», convertito in legge n. 27/2020) all’art. 82, «Misure destinate agli operatori che forniscono reti e servizi di comunicazioni elettroniche», le imprese che svolgono attività di fornitura di reti e servizi di comunicazioni elettroniche, sono state autorizzate all’adozione di misure e ogni utile iniziativa atta a potenziare le infrastrutture e a garantire il funzionamento delle reti e l’operatività e continuità dei servizi, aprendo la possibilità (liberalizzazione) di utilizzare la tecnologia 5G per assicurare la lotta al COVID-19, ma è con l’art. 38, del d.l. n. 76/2020, «Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale», convertito con modificazioni in legge n. 120/2020, che sono caduti i limiti e le possibili interferenze degli Enti locali all’avanzata del 5G.

Assistiamo, ancora una volta, alla disinvolta produzione normativa del Governo (sarebbe una prerogativa del Parlamento, un tempo organo legislativo dequotato, si direbbe, nell’assumere efficacemente le leggi dello Stato) su temi primari per la collettività e le libertà costituzionali, senza una effettiva esigenza, assecondando le “spinte esterne” dei gestori rispetto ad un principio comunitario di precauzione, sovraordinato al diritto nazionale[1].

La norma, o più correttamente una serie di norme, nella loro semplicità ed essenzialità, innestandosi anche nel recente “decreto cura Italia” (già riforma di una riforma), si occupano di impedire l’esercizio del potere sindacale, ovvero limitare il potere regolamentare dei Comuni, qualora attraverso tali provvedimenti si pretendesse di tutelare la salute umana compromessa dall’utilizzo delle frequenze, anche dette “onde millimetriche”, per sistemi di comunicazioni elettroniche di quinta generazione (i c.d. 5G) impedendone la loro collocazione (e, quindi, la funzionalità).

In termini diversi, a fronte di una non compiuta partecipazione ai processi di installazione della tecnologia basata su microonde a radiofrequenze più elevate rispetto ai precedenti standard tecnologici, i primi cittadini hanno adottato, sulla base del principio di precauzione e della ricerca scientifica, ordinanze - ai sensi dell’art. 50 e 54 del d.lgs. n. 267/2000 – di sospensione del 5G sull’intero territorio comunale, in attesa (sine die) di una risposta scientificamente certa (alias sicura) sull’assenza di rischi per la saluta umana e l’incolumità pubblica (una sorta di temporanea moratoria, ossia un arresto procedimentale)[2].

La sospensione procedimentale senza alcuna predeterminazione del termine conclusivo, lasciando il richiedente (gestore) nell’incertezza assoluta in ordine non solo all’an, ma anche al quando del provvedimento finale contrasta in modo evidente con i principi generali dell’azione amministrativa, secondo i quali «l’efficacia ovvero l’esecuzione del provvedimento amministrativo può essere sospesa, per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario» (ex comma 2, dell’art. 21 quater della legge n. 241/1990).

Se da una parte è stato riconosciuto alla Pubblica Amministrazione un generale potere di sospensione degli effetti dell’atto amministrativo precedentemente adottato (ovvero del procedimento), avente natura cautelare e durata temporanea, tuttavia è sempre necessaria la prefissione di un termine che salvaguardi l’esigenza di certezza della posizione giuridica dell’istante, restando così scongiurato il rischio di una illegittima sospensione sine die, che equivarrebbe a sostanziale ritiro dell’atto, tipica dell’atto soprassessorio assimilabile ad un rigetto implicito[3], ovvero alla rinuncia dell’agere amministrativo[4], negando conseguentemente il bene della vita[5].

Le norme emergenziali (è utile rammentare che sono state introdotte nell’ordinamento nazionale non con una disciplina legislativa strutturale od organica ma con una decretazione d’urgenza anti COVID-19) per rispondere agli obiettivi di connettività, strumentali a contrastare la pandemia[6], ammette:

·                    anche in deroga a quanto disposto dal decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), e dai regolamenti adottati dagli Enti locali, «alle imprese fornitrici di reti e servizi di comunicazioni elettroniche è consentito effettuare gli interventi di scavo, installazione e manutenzione di reti di comunicazione in fibra ottica mediante la presentazione di segnalazione certificata di inizio attività all’amministrazione locale competente e agli organismi competenti a effettuare i controlli... La segnalazione così presentata ha valore di istanza unica effettuata per tutti i profili connessi alla realizzazione delle infrastrutture oggetto dell’istanza medesima. Per il conseguimento dei permessi, autorizzazioni e atti abilitativi, comunque denominati, relativi alle installazioni delle infrastrutture per impianti radioelettrici di qualunque tecnologia e potenza, si applicano le procedure semplificate di cui all’articolo 87 bis del decreto legislativo n. 259 del 2003»;

·                    il posizionamento delle infrastrutture digitali, a banda ultra larga, sul sedime stradale viene notevolmente agevolato, senza ulteriori formalità (il titolare o gestore della strada potrà solo concordare modalità aggiuntive ma non impeditive) da parte degli operatori potendo eseguire gli interventi diretti anche attraverso micro trincea e contestuale riempimento, in ambito urbano ed extraurbano, anche in prossimità del bordo stradale o sul marciapiede;

·                    gli Enti locali potranno (ergo una facoltà) «adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell’articolo 4» del d.lgs. n. 36/2001, «Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici».

Il quadro delineato riscrive i poteri delle Amministrazioni civiche rispetto agli impianti tecnologici delle comunicazioni digitali, liberalizzando la loro istallazione da una parte, con una procedura semplificata senza la necessità di alcuna partecipazione procedimentale della P.A., dall’altra, potendo intervenire concretamente con opere che non richiedono alcuna assistenza o autorizzazione, essendo codificate direttamente dalla legge.

Il potere regolamentare del consiglio comunale risulta confermato per l’individuazione del sedime afferente ai c.d. luoghi sensibili (ad es. scuole) non potendo, per ciò, generalizzare un divieto sull’intero territorio comunale allo scopo di minimizzare l’esposizione al 5G: è possibile regimentare l’insediamento delle antenne che producono inquinamento elettromagnetico, «potendo disciplinare, con i propri strumenti urbanistici l’uso del territorio, individuando i siti più idonei e le modalità operative per la loro collocazione e/o istallazione senza invadere competenze dello Stato… introducendo surrettiziamente norme che appaiano di profilo urbanistico ed invece tendano a determinare diversamente quei limiti che la legge stessa riserva alla competenza statale»[7].

Vi è la necessità di distinguere i diversi interessi suscettibili di tutela e, correlativamente, le potenziali ricadute sulla concreta protezione della popolazione non potendo che attenersi alle specifiche limitazioni introdotte dalle discipline di settore, fuori da una generalizzata, quanto indistinta, giustapposizione tra installazione degli impianti e salute ed ambientale.

In special modo, quando si intenda considerare che la potestà assegnata ai Comuni, dall’art. 8, comma 6, della legge quadro n. 36/2001, deve tradursi sicuramente nella possibilità di introduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di zone e beni di particolare pregio ambientale, paesaggistico o storico-artistico, ovvero, per ciò che riguarda la minimizzazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, nell’individuazione di siti che per destinazione d’uso e qualità degli utenti possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche, ma tale facoltà «non può trasformarsi in limitazioni generalizzate alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa»[8].

Invero, l’art. 86 del d.lgs. n. 259/2003 identifica le infrastrutture di reti pubbliche di telecomunicazioni alle opere d’urbanizzazione primaria, definizione da cui deriva la possibilità delle stesse di essere ubicate in qualsiasi parte del territorio comunale, essendo compatibili con tutte le destinazioni urbanistiche[9], dall’altro, vi è il principio della capillarità della localizzazione degli impianti[10].

Quello che viene inciso maggiormente è il potere di esercizio della discrezionalità amministrativa nell’individuazione delle aree sensibili (il c.d. governo del territorio), non potendo introdurre attraverso una norma regolamentare, di tipo urbanistico, impedimenti all’istallazione delle antenne, neppure i poteri di ordinanza sindacale possono frapporsi per ostacolare l’individuazione del sedime, magari giustificando l’atto sulla base delle conoscenze scientifiche o epidemiologiche (sanitarie), essendo una competenza, quella dell’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, che fa capo allo Stato (persona).

I provvedimenti esperibili sono relegati ab origine ad un potere superiore che appartiene allo Stato centrale, senza margini di manovra o deroghe da parte di Regioni o Enti locali.

Dunque, volendo ricorrere al potere sindacale, non è possibile invocare il regime extra ordinem degli art. 50 e 54 del TUEL sulla base di una considerazione elementare quanto semplice, dovendo sostenere (ora più di prima) che:

·                    la competenza non appartiene all’Ente locale, essendo disciplinata da una norma positiva presente nell’ordinamento, escludendo l’assenza di un potere diversamente esercitabile;

·                    ed inoltre, volendo giustificare (quale onere motivazionale l’atto) i pericoli all’esposizione alle radiazioni delle frequenze 5G, ricorrendo alle prestazioni degli enti preposti, tale compito valutativo rientra tra le funzioni dello Stato, al quale spetta la determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, dell’individuazione delle tecniche di misurazione e di rilevamento dell’inquinamento elettromagnetico, della determinazione dei parametri per la previsione di fasce di rispetto.

Il motivo sanitario, si potrebbe dire in modo lapidario, non può essere posto quale presupposto del potere sindacale, togliendo una competenza che altre discipline (anche quelle COVID-19) attribuiscono al sindaco.

Gli effetti di questo nuovo scenario di “modernità” COVID-19 sono stati immediati e ripresi dai primi pronunciamenti che pongono le “ordinanze sindacali 5G” prive di effetti per la loro gravata illegittimità, ormai non più compatibile (o giustificabile) con l’ordinamento positivo introdotto dalla decretazione d’urgenza (quasi ad apparire, secondo i più informati, un preteso pretesto).

La sez. VII Napoli del T.A.R. Campania, con la sentenza 24 luglio 2020, n. 3324, annulla un’ordinanza sindacale contingibile ed urgente di «sospensione della sperimentazione del 5G sul territorio comunale… in attesa in attesa della nuova classificazione della cancerogenesi annunciata dall’International Agency for Research on Cancer, applicando il principio precauzionale sancito dall’Unione Europea pendendo in riferimento i dati scientifici più aggiornati indipendenti da legami con l’industria e già disponibili sugli effetti delle radiofrequenze, estremamente pericolose per l’uomo».

Il pronunciamento avviene a seguito del ricorso di un gestore che aveva assunto un obbligo, sanzionato addirittura con la revoca della licenza, di assicurare non solo un adeguato livello di qualità del proprio servizio, ma anche la progressiva copertura del territorio nazionale con il segnale 5G, per il che risultava ovviamente necessaria la realizzazione di una relativa rete infrastrutturale ostacolata dall’ordinanza di sospensione del 5G.

Il giudice di prime cure, senza richiamare la disciplina emergenziale, conferma un orientamento giurisprudenziale che dichiara illegittime le ordinanze adottate, ex art. 54 d.lgs. n. 267/2000[11], per bloccare l’istallazione, o l’adeguamento tecnologico, degli impianti di telefonia mobile sia perché:

·                    le proteste, pur reiterate, da parte dei cittadini finalizzate al blocco dei lavori propedeutici all’installazione di infrastrutture per il servizio di telefonia mobile all’interno del territorio comunale non integrano quel “pericolo per l’ordine pubblico[12];

·                    i compiti di tutela della salute non afferiscono alla sfera comunale e che le opere riguardanti la telefonia mobile hanno natura urgente ed indifferibile e sono assimilabili ope legis alle opere di urbanizzazione primaria[13];

·                    le ordinanze contingibili e urgenti di competenza del sindaco, quale ufficiale del Governo, costituiscono strumenti apprestati dall’ordinamento per fronteggiare situazioni impreviste e di carattere eccezionale, per le quali sia impossibile o inefficace l’impiego dei rimedi ordinari[14] che diversamente sono presenti nel caso di specie, essendo la materia compiutamente disciplinata dal d.lgs. n. 259/2003, il quale demanda alle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) le valutazioni di tipo radioprotezionistico per l’accertamento dell’osservanza dei “valori soglia” definiti, a tutela della salute collettiva, dalla legge n. 36/2001 e dal DPCM 8 luglio 2003[15].

Ad analoghe conclusioni, richiamando la recente disciplina emergenziale, giunge l’ordinanza n. 566 del 27 luglio 2020, della prima sez. Catania del T.A.R. Sicilia, nel sospendere gli effetti di un’ordinanza contingibile e urgente con la quale un sindaco, in applicazione del principio di precauzione, ha posto a chiunque il divieto di sperimentare, installare e diffondere sul territorio del Comune «impianti con tecnologia 5G, in attesa di dati scientifici più aggiornati, fra i quali la nuova classificazione della cancerogenesi delle radiofrequenze 5G annunciata dall’International Agency for Research on Cancer e prendendo in riferimento dati scientifici più aggiornati e già disponibili sugli effetti delle radiofrequenze, che evidenziano l’estrema pericolosità per la salute dell’uomo».

L’ordinanza aggiunge ulteriori elementi di approfondimento che non depongono a favore dell’Ente locale, delibando che:

·                    la valutazione sui rischi connessi all’esposizione derivante dagli impianti di telecomunicazioni è di esclusiva pertinenza dell’ARPA, organo deputato al rilascio del parere prima dell’attivazione della struttura e al monitoraggio del rispetto dei limiti prestabiliti normativamente dallo Stato[16];

·                    la materia non si presta a essere regolata mediante ordinanza sindacale contingibile e urgente[17];

·                    l’elaborazione giurisprudenziale è stata, precisa il Giudice, «ormai “certificata” dal d.l. 16 luglio 2020, n. 76», che al comma 6 dell’art. 38 espressamente stabilisce i divieti imposti al Comune e al sindaco sulla materia, «recependo evidentemente la giurisprudenza consolidata, sancisce, per un verso, l’illegittimità di un divieto generalizzato alla installazione degli impianti del genere in esame, per un altro, l’impossibilità di adottare ordinanze contingibili e urgenti in una materia la cui competenza è riservata allo Stato».

La conclusione del quadro ermeneutico e della disciplina di settore dimostra che il potere sindacale di emanare ordinanze contingibili ed urgenti, ai sensi degli articoli 50 e 54 del d.lgs. n. 267 del 2000, richiede la sussistenza di una situazione di effettivo pericolo di danno grave ed imminente per l’incolumità pubblica o la salute, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva, debitamente motivata a seguito di approfondita istruttoria[18]: alcun presupposto potrà invocarsi per l’adozione dell’ordinanza extra ordinem per limitare il 5G ove si consideri la presenza di una disciplina settoriale specifica e la competenza funzionale dello Stato, rafforzata dal “decreto semplificazione” oltre ogni ragionevole dubbio (a prescindere dagli effetti sulla salute e a tacer d’altro).



[1] Vedi, ANPCI, 5G, no al bavaglio per i sindaci. Biglio: incostituzionale impedire la tutela della salute, ItaliaOggi, 31 luglio 2020, pag. 39, dove si annota che «è incostituzionale introdurre in un decreto legge una norma che mette il cittadino nelle condizioni di non poter scegliere se essere irradiato o meno e impedisce al suo sindaco di intervenire a tutela della salute».

[2] È illegittima la sospensione sine die delle autorizzazioni per la realizzazione degli impianti di telefonia, T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, sentenza n. 1090/2020, poiché il rinvio sine die del procedimento senza l’attivazione in tempi certi e definiti del rilascio del titolo si configura come silenzio - inadempimento del dovere degli organi preposti di assumere i provvedimenti, specie ove sollecitati, Cons. Stato, sez. VI, 31 dicembre 2019, n. 8921.

[3] L’atto soprassessorio, in ragione della sua natura meramente interlocutoria e della inidoneità a manifestare la volontà dell’Amministrazione, non è autonomamente impugnabile (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2012, n. 2530 e 27 maggio 2014, n. 2742), rendendo invece ammissibile l’azione avverso il silenzio nella sussistenza dei presupposti di legge, T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 22 settembre 2019, n. 4473.

[4] Cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 26 aprile 2017, n. 636.

[5] Cfr. Cass. civ., sez. un., 22 luglio 1999, n. 500.

[6] L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con la segnalazione Rif. n. S3904 del primo luglio 2020, riferisce che «il contesto emergenziale attuale ha mostrato l’importanza di avere a disposizione infrastrutture di telecomunicazioni ad alta capacità e a prova di futuro, in grado di sostenere le esigenze di comunicazione di famiglie e imprese. La diffusione della banda ultralarga sul territorio è infatti necessaria per abilitare in modo significativo la diffusione dell’informazione, la condivisione e l’accessibilità del patrimonio pubblico, lo sviluppo e l’adozione di nuovi servizi digitali, sia nel settore pubblico che privato nonché il potenziamento dei servizi digitali».

[7] Vedi, un personale contributo (datato quanto attuale), Ricognizione normativa e giurisprudenziale sull’inquinamento elettromagnetico, L’ufficio Tecnico, 2002, n. 7/8.

[8] Cons. Stato, sez. II, 13 luglio 2020, n. 4521, idem, sez. III, 4 aprile 2013, n. 1873.

[9] Cons. Stato, sez. VI, 4 settembre 2006, n. 5096.

[10] Cons. Stato, sez. VI, 3 agosto 2017, n. 3891, idem T.A.R. Toscana, sez. II, 17 febbraio 2011, n. 335.

[11] In questo caso, sussiste la legittimazione passiva solo in capo al Comune e non anche il difetto al Ministero dell’Interno eventualmente evocato in giudizio, atteso che l’imputazione giuridica allo Stato degli effetti dell’atto dell’organo del Comune ha una natura meramente formale, nel senso che non per questo il sindaco diventa organo dell’Amministrazione statale, restando incardinato nel complesso organizzativo dell’Ente locale, senza che il suo status sia modificato, T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, sentenze nn. 3801 e 3042 del 2019; idem Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2012, n. 904.

[12] T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, sentenza n. 654/2018.

[13] T.A.R. Piemonte, sez. I, sentenza n. 1700/2015.

[14] T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 16 ottobre 2018, n. 526.

[15] La determinazione della misura dei relativi valori, anche in relazione alla rilevanza del c.d. principio di precauzione, può operare anche oltre le soglie minime fissate sulla base della normativa nazionale, rimanendo estranea al sindacato del giudice ogni coinvolgimento su profili misti di discrezionalità tecnica e amministrativa, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II quater, 20 novembre 2017, n. 11473 e 16 novembre 2017, n. 11349.

[16] Cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 26 novembre 2019, n. 2858 e Ord., 30 marzo 2020, n. 236.

[17] Cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 22 maggio 2020, n. 1126 e 7 luglio 2020, n. 1641.

[18] Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2010, n. 868, idem T.A.R. Aosta, sez. unica, 20 febbraio 2020, n. 7.

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