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IL CONCESSIONARIO DEL SERVIZIO PUBBLICO HA L'OBBLIGO DI PAGARE IL CANONE CONCESSORIO SUI SOTTOSERVIZI
di Michele Nico 23 settembre 2019
Materia: acqua / servizio idrico

Da nessuna norma dell’ordinamento si evince che il concessionario dell'uso esclusivo o speciale del suolo sia esentato dal pagamento del canone per l’occupazione di suolo pubblico (Cosap) per il fatto che svolga una pubblica funzione o un pubblico servizio e, quindi, renda una prestazione destinata al soddisfacimento di bisogni essenziali.

Sulla base di questo assunto, la Corte di Appello di Potenza, con la sentenza n. 97/2019, ha capovolto l’esito del giudizio di primo grado e, accogliendo l’istanza della Provincia ricorrente, ha condannato l’Acquedotto Pugliese Spa al pagamento di oltre 23 milioni di euro, per sanzioni a titolo di Cosap per l'anno 2000.

La controversa materia, spesso oggetto di decisioni discordanti da parte dei giudici, prende le mosse dalla cartella di pagamento emessa dalla Provincia interessata nei confronti della società preposta alla gestione di servizi idrici, servizi che si inquadrano certamente nell’ambito di una pubblica funzione essenziale per la vita del territorio, e nulla hanno a che fare con scopi di carattere lucrativo e privatistico.

In ragione di ciò, la concessionaria in questione ha rivendicato l’esenzione dal pagamento del canone riferito all’occupazione del sottosuolo stradale per allacciamenti alla rete fognaria di acqua potabile e/o all’occupazione di suolo realizzata con innesti ed allacci ad impianti di erogazione di pubblici servizi, ottenendo soddisfazione dal giudice di primo grado, secondo la cui decisione:

a)     il canone era dovuto solo nelle ipotesi di effettiva sottrazione della superficie all'uso pubblico;

b)     per le occupazioni finalizzate all’erogazione di pubblico servizio il canone doveva determinarsi non già con riferimento all’effettiva estensione della superficie occupata, bensì in ragione del numero di utenze che la società erogatrice del servizio deteneva in ambito provinciale.

La Corte d’Appello si è però pronunciata in senso opposto, da un lato escludendo l’ipotesi di esenzione per l’attività svolta nel disimpegno di un pubblico servizio e affermando, dall’altro, che l'erogazione del servizio idrico, attraverso la costruzione di opere idrauliche e di una vasta rete di condotte, non integra gli estremi di una “iniziativa avente finalità di carattere istituzionale”.

La linea di confine tra la Pubblica amministrazione e la società da essa partecipata viene rimarcata dalla sentenza in esame, specie là dove si osserva che “l'esenzione prevista per lo Stato e per gli altri enti pubblici dall'articolo 49, comma 1, lett. a), del dlgs 507/1993, postula che l'occupazione sia ascrivibile al soggetto esente, con la conseguenza che, nel caso di occupazione di spazi rientranti nel demanio o nel patrimonio indisponibile dello Stato (…) da parte di una società concessionaria per la realizzazione e la gestione di un'opera pubblica, alla stessa non spetta l'esenzione in quanto è questa ad eseguire la costruzione dell'opera e la sua gestione economica e funzionale, a nulla rilevando che l'opera sia di proprietà dello Stato o di taluno degli altri enti pubblici, al quale ritornerà la gestione al termine della concessione”.

Per quanto riguarda l’ulteriore assunto sostenuto dall’Acquedotto Pugliese, secondo cui il canone di occupazione sarebbe dovuto solo nelle ipotesi di effettiva sottrazione della superficie all’uso pubblico, si osserva che la recente giurisprudenza non si è espressa in modo univoco sull’argomento.

Si premette che i beni pubblici (demaniali o patrimoniali indisponibili), una volta che siano oggetto di occupazione da parte di soggetti terzi, divengono oggetto di Tosap o Cosap se l’occupazione presenti un carattere di redditività imprenditoriale, mentre se i beni concessi dalla Pa non hanno alcun riferimento alla potenzialità economica dell’occupazione sono sottoposti ai cosiddetti  canoni “ricognitori”.

Ferma restando la diversa natura giuridica della Tosap, della Cosap e del canone ricognitorio, con i diversi presupposti di applicazione che caratterizzano i rispettivi istituti, vanno sottolineate le contraddizioni emerse in ordine all’applicazione o no del canone concessorio sui sottoservizi.

Per esempio, il Consiglio di Stato, Sezione V, con la sentenza n. 2294/2016 ha affermato a chiare lettere che l’ente proprietario di una strada pubblica non può pretendere il pagamento del canone di concessione per l’uso particolare del sottosuolo.

Inoltre la medesima Sezione V, con la sentenza n. 4130/2016, ha sancito che non è dovuto il canone concessorio per i sottoservizi stradali, trattandosi di occupazioni che non interessano la sede stradale e non incidono sulla fruizione della stessa.

Di contro, con la pronuncia in esame la Corte d’Appello di Potenza si esprime in senso opposto, mettendo in luce l’esigenza di un intervento legislativo che possa sciogliere una volta per tutte i dubbi sollevati dalla giurisprudenza in materia.

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